Giuseppe Cola Giuseppe Cola
 

Monte Monastero

Ricognizione Topografica e Archeologica:

Il colle di Monte Monastero si trova a nord-est dei Monti della Tolfa e a circa tre chilometri da Civitella Cesi, frazione del Comune di Blera. Un versante del colle è caratterizzato da una serie di terrazzamenti, probabilmente opera dell'uomo, a testimonianza della sua ininterrotta presenza dovuta prevalentemente allo sfruttamento agricolo - pastorale. Un altro versante scende al Mignone alternando strapiombi a dolci declivi rendendo l'intero paesaggio molto suggestivo. La cima è costituita da tre modeste alture che si susseguono l'una all'altra, la più elevata ha un'altitudine di m. 401 s.l.m. E' in questa che sono situati i resti del Castello medievale. La sommità del colle è interamente coperta da un bosco di Sommaco Siciliano, pianta unica in tutto il Comprensorio che probabilmente fu importata in epoche passate, di certo conosciuta dai Romani com’è attestato da Plinio. L'abbandono, l'incuria dell'uomo e dei tempi e la folta vegetazione hanno cancellato quasi completamente l'insediamento medievale tanto che rimangono solo esili tracce e uno sperone di muro (alto m. 4, lungo m. 4,60 e largo m.1,10). E' costruito con pietra locale e blocchetti di tufo irregolari legati insieme da malta ricca di calce e pozzolana. Purtroppo i pochi elementi a disposizione non consentono neppure una parziale ricostruzione della pianta. Dalla cima, particolarmente nelle giornate di tramontana, quando il cielo è sgombero da nuvole, umidità e gas inquinanti si può godere di un panorama che spazia tutto intorno: volgendo lo sguardo verso ovest si osservano sullo sfondo il Tirreno, l'Argentario, il Giglio e gran parte del medio corso del Mignone. Si notano inoltre: il colle di "Santa Maria", il " Casalone ", le spalle di "Montecocozzone" e "Sant'Arcangelo". Verso sud si possono osservare: la Rocca ed il Paese di Tolfa, il Monte de "LaTolfaccia", il colle de "La Tolficciola", "Monte Castagno" e all'orizzonte la catena dei Monti Ceriti. Al di là del fiume Mignone si scoprono come tronchi di cono disegnati dalla naturale castelline tufacee di: "Grotte Pinza", "Pian Cistema", " Pian Conserva" e "Pian dei Santi". Guardando verso nord-est si notano Civitella Cesi, con la torre merlata del suo Castello, la piana del viterbese, con gli abitati di Montefiascone e Viterbo, e all'orizzonte i Monti Cimini. A sud di Monte Monastero, a circa tre chilometri di distanza, c'è "Poggio Vaccareccia" con l'omonimo casale nei pressi del quale è visibile un " torcularium" ben conservato. Nelle adiacenze di "Poggio Vaccareccia" il toponimo "La Seppoltura" testimonierebbe qualche cimitero del passato. Torna su A fronte dei suddetti toponimi, si trova il bosco de "Le Macinelle"che si estende fino al Mignone. Da informazioni locali, apprendiamo che il toponimo prende il nome da alcune macine di pietra appartenenti ad un antico mulino a vento. Dopo "Le Macinelle", seguendo il corso di Mignone, si trova quello che sull' I.G.M. è denominato "Ponton del Cavaliere". Il toponimo è caratterizzato da una castellina tufacea che sta di fronte a "Grotte Pinza" sull'altra riva del Mignone. Entrambe sembrano due porte d'accesso alla bassa valle del Mignone appartenente , nel periodo etrusco, a Tarquinia. Entrambe presentano le strutture di due "Pagi" romani, forse a derivazione etrusca. Su entrambe si possono osservare le mura di cinta costruite con blocchi di tufo sovrapposti. A "Grotte Pinza" sono ancora visibili: due porte d'accesso al centro abitato, una strada ciottolata, le grotte, un cunicolo e soprattutto emergono numerose vaschette ricavate nel tufo non ancora sufficientemente studiate. Va aggiunto che la tradizione locale vi riconosce la presenza di numerosi tesori. Sulla castellina de "Il Ponton del Cavaliere" l'antica presenza abitativa è riscontrabile da due grotte, da frammenti di ceramica, più o meno depurata, sparsi su tutta la castellina e particolarmente da numerosi pozzi ricavati nel tufo tanto che il posto è localmente denominato "Le pozze". Come in antico le due castelline stavano a controllare quanto meno lo snodo viario del fondovalle, così nel Medio Evo l'Abbazia di S. Arcangelo, sulla sinistra del Mignone, ed il Castello di Monte Monastero, sulla destra, sembrano la ripetizione del precedente dominio territoriale.

SULL'ORIGINE:

Una fitta nebbia di mistero avvolge le origini di Monte Monastero (o Munistero) mancando di fonti letterarie ed epigrafiche. Pertanto è possibile formulare soltanto delle ipotesi su deduzioni storiche e archeologiche. Una delle ipotesi è che l'insediamento medievale risalga al tempo dell'invasione e alla conseguente dominazione longobarda, quale presidio militare, forse di confine, tra il Regno longobardo ed il Ducato romano. Di fatto nel VII secolo i Longobardi avevano occupato Tuscania e gran parte del suo territorio raggiungendo verosimilmente il tratto terminale del fiume Mignone che, è documentato, segnava il confine del Vescovado tuscanense. Va aggiunto che nel 739 Liutprando, con una repentina azione militare, aveva occupato quattro "castra Beati Petri " poste su altrettante arterie stradali che conducevano a Roma: "Horta" (Orte), "Polimartiurn" (Boinarzo), Amelia e " Bleda " (Blera) giungendo a controllare, per almeno un triennio, il medio corso del Mignone. Probabilmente anche gli insediamenti confinanti con Monte Monastero, come S. Arcangelo, Tolfa Vecchia, Rota e Montecocozzone, sono sorti come presidi militari di confine. Comunque la presenza longobarda nella zona presa in esame è riscontrabile da toponimi rimasti e forse da risultanze archeologiche. Non lontano da Monte Monastero, a "Costa Lombarda" e a " San Pietro ", nei pressi del Mignone, sono stati rinvenuti due complessi sepolcrali a inumazione risalenti all'alto medioevo, forse d'epoca longobarda. Va aggiunto infine che la presenza a Monte Monastero della famiglia dei Farulfo, di chiara origine longobarda, convalida ulteriormente l'ipotesi esposta. La denominazione di Monastero data a Monte potrebbe far pensare ad un insediamento monastico, ma nei documenti consultati non si fa mai cenno a qualche monastero. Una ipotesi potrebbe essere che il Monastero di San Paolo di Roma avesse delle proprietà a Monte Monastero. Infatti nella conferma di beni fatta da Gregorio VII nel 1081 al Monastero di San Paolo si legge di una donazione di un tal Farulfo: "Casavetuli, prope montern Soracti cum colonis et colonabus suis que dedit Farulfus comes tibi, qui sepultus est in monasterio tuo". Di certo il monastero di San Paolo aveva precisi interessi nel nostro Comprensorio che sono documentati dal X al XIII secolo: Papa Agapito Il (946 - 955) concesse al Cenobio romano "medietatem civitatis Manturane et totius territorius, cum colonis et colonabus suis"; nel 1218 Papa Onorio III concesse al Monastero di San Paolo i beni dell'Abbazia di Farfa, tra essi il Castello di S.Severa. Torna su

SOTTO VITERBO:

"Nos Comes Farulfus de Monte Monistero, pro nimio amore et delectione erga nos Comune Viterbiensis habuit et habet ....... con queste parole inizia il primo documento in cui è espressamente menzionato Monte Monastero. Il documento è conservato nell'archivio storico del Comune di Viterbo ed è un atto del 12 maggio 1141, rogato dal notaio imperiale Gregorio, col quale il Conte Farulfo (2) donò al Comune di Viterbo i Castelli di Monte Monastero, Alteto, S.Giovenale e S. Arcangelo. La donazione era subordinata all' obligo del Comune di Viterbo di porre sotto la propria protezione la figlia di Farulfo, Kiera o Cleria. La stessa era andata in sposa a Pietro Latrone (3) al quale, come dote, il Podestà di Viterbo aveva dato l'usufrutto dei castelli di Monte Monastero e Barbarano. La Contessa, che sopravvisse al marito e non lasciò eredi naturali, il 4 ottobre 1169 ratificò la donazione del padre. Per il Savignoni ed il Signorelli queste donazioni sono apocrife. Riporta la cronaca: "capitando el dicto Imperatore alla dicta Città de Viterbo, li fu facto grandissimo honore, e feroli cortesia di loro medesimi, cioè el populo de Viterbo, et dicto Federico donò al Comune de Viterbo el castello di Monte Munistero, Altecto, Sancto Juvenale, et el castello di Sancto Archangelo. Anche li donò Vetralla et la Roccha di Rispampani, Luni, Beassenzo, Mazzano, Planzano, et castri Lupardi". L'entrata in Viterbo, che da circa un decennio parteggiava per Federico I, da parte dell'Imperatore è fatta risalire al luglio 1167, forse il 20, per cui le concessioni di Federico o non furono registrate in uno speciale diploma o questo andò perduto. Le date proposte dagli storici municipali viterbesi sulla donazione sono contrastanti: D'Andrea e Della Tuccia propendono per il 1170, Bussi per il 1169, mentre Pinzi e Signorelli, più verosimilmente, per il 1167, cioè l'anno d'entrata a Viterbo di Federico I.. Nel 1172 il Cancelliere Imperiale Cristiano di Magonza confermò il Comune di Viterbo nel possesso dei Castelli donati da Federico I. Nel 1186 Enrico VI decise di occupare le terre della Chiesa e pose gran parte del suo esercito sotto il comando del Conte Enrico di Colandrino (4) che sconfisse i viterbesi e incendiò Monte Monastero conquistando anche il castello di S.Angelo (forseS.Arcangelo dei Monti della Tolfa). Nell'aprile del 1190 Enrico VI restituì a Papa Clemente III: Viterbo, Centocelle (odierna Cencelle), Corneto ed altre città, Castelli e Rocche da lui conquistati nei territori dello Stato Pontificio. Nell'atto di restituzione figura anche il Castello di Monte Monastero. Celestino III, dopo aver incoronato Imperatore Enrico VI, nel 1193 fece visita a Viterbo e gli concesse "el Castello di Monte Munistero, et donolli Barbarano". Insomma dalle prime notizie risulta evidente come Monte Monastero ruotasse sotto la giurisdizione del Comune di Viterbo. Il distacco iniziò sul finire dell' Xll secolo. E' attestato che in quest'ultimo periodo Monte Monastero e Tolfa Vecchia appartenevano al Conte Guido di Santa Fiora. Alla sua morte gli eredi furono usurpati dei due feudi dal Conte Ugolino (5) che aveva dei possedimenti in Centocelle (odierna Cencelle). L'azione provocò l'intervento armato del Comune di Corneto. Il conseguente trattato di pace che seguì il conflitto fu stipulato il 13 marzo 1201 presso Tolfa Vecchia: il Conte Ugolino, con il consenso della moglie Sofia e dei figli Rainone e Rainuccio, sottomise ai consoli ed al popolo di Corneto Tolfa Vecchia e Monte Monastero; si obbligò a dare annualmente, nella ricorrenza di S.Secondiano, un cero di dieci libbre; a pagare 1000 lire di denari pisani e a cedere i suoi possedimenti di Centocelle. Torna su Quindi Monte Monastero passò dalla giurisdizione di Viterbo a quella diCorneto. Questo passaggio provocò nel 1202 la nota guerra tra le due città. Viterbo pose il suo esercito sotto il comando dei Capitani Giovanni di Cocco, Pietro di Fortiguerra e Pietro di Paolo; la battaglia avvenne nei pressi di Montalto; i cornetani furono sconfitti e Monte Monastero ritornò sotto il controllo di Viterbo. Si consolidò così l'espansione territoriale di Viterbo verso il comprensorio dei Monti della Tolfa. Infatti a più riprese aveva vantato diritti su Monte Monastero e Sant' Arcangelo, già agli inizi del XIII secolo possedeva il Castello di Montecocozzone, nel 1211 aveva assediato e conquistato Tolfa Vecchia e nel 1220 aveva acquistato da alcuni usurai di Corneto gran parte di Centocelle (odiernaCencelle). Il Senato Romano, temendo l'espansione della rivale Viterbo in questa parte della Tuscia, nel 1228 fece guerra a Viterbo: "li romani posero l'assedio ad Munistero contrabocchi e bombarde e manganelli, e, stando li, l'hebbe per pacti Barbarano". Il Castello di Monte Monastero era difeso da trecento fanti con a capo Orlando di Pietro di Alessandro (6). Questi, con astuzia e grande coraggio, riuscì a resistere per 23 giorni ai ripetuti attacchi dei romani. Orlando disponeva di una torre di legno che sovrastava le mura del castello e con questa riuscì ad infliggere ai romani gravi perdite tanto che questi, scoraggiati, si ritirarono andando ad assediare inutilmente il Castello di Alteto che da poco tempo era stato infeudato a Landolfo Tignosi. La guerra tra Roma e Viterbo si concluse nel 1233 con la mediazione di Gregorio IX. Si stabilì che Monte Monastero divenisse una proprietà dei romani e che le mura fossero parzialmente demolite: "et fu scarcato el Munistero e lì merli el pectorale delle mura del piano di Scarlano". Ma in considerazione della posizione strategica del Castello, soprattutto per il controllo del "Passo di Viterbo" (7), fecero si che a più riprese i romani tentassero di riedificare le mura trovando un'opposizione da parte dei viterbesi. L'interesse di Viterbo su Monte Monastero è documentato intorno alla metà del XIII secolo quando è attestato che il Monastero di S.Martino di Viterbo possedeva dei beni a Monte Monastero. Nella raccolta delle decime del secolo XIII risulta che Monte Monastero apparteneva alla Diocesi di Viterbo -Tuscania e disponeva di tre chiese: S.Maria, S.Leonardo e S.Giovanni (8).

SOTTO CORNETO E LA POPOLAZIONE:

Dopo la morte di Federico Il il Comune di Viterbo perse gran parte dei suoi possedimenti a tutto vantaggio del Comune di Corneto, così anche Monte Monastero seguì le sorti degli altri insediarnenti limitrofi che si erano sottomessi a Corneto. Già S.Arcangelo aveva giurato il "sequitamentum" a Corneto nel 1201, 1238 e 1251. Similmente il 9 marzo 1256 il Visconte Pietro Alberie e 55 uomini di Monte Monastero giurarono atto di sottomissione a Corneto. A distanza di pochi giorni anche gli uomini di Tolfa Vecchia e Civitella (Cesi) eseguirono il medesimo atto. Un altro atto di sottomissione è documentato il 18 agosto 1283 quando un centinaio di uomini di Monte Monastero rinnovò il giuramento di fedeltà a Corneto. Cercare di quantificare il numero degli abitanti di Monte Monastero in questo periodo è estremamente difficile vista la quasi assenza di documenti in proposito. E' possibile comunque proporre un stima approssimativa della popolazione in base al numero degli uomini che giurarono il "sequitamentum" a Corneto nel 1256 e nel1283. Nel 1256 giurarono 56 uomini. Per avere un confronto va detto che per Tolfa Vecchia giurarono 110 uomini, per Civitella 18. Considerando che gli uomini firmatari dell'atto di vassallaggio erano di età superiore ai 14 anni (forse i capi famiglia) e che ad ogni uomo corrispondeva un nucleo familiare di circa 4 o 5 persone, si perviene ad un numero di 220 - 280 abitanti per Monte Monastero, a 450 - 520 per Tolfa Vecchia e a 50-70 per Civitella. Nel 1283 giurarono per Monte Monastero 99 uomini a dimostrazione che sul finire del XIII secolo era stato raggiunto un certo periodo di stabilità politica ed economica e quindi la popolazione era quasi raddoppiata. Torna su

I GUASTAPANE:

E' documentato che sul finire del XIII secolo Monte Monastero e Civitella appartenevano a Guastapane di Nicolò, della famiglia dei Guastapane, Signori di Tolfa Vecchia e S.Arcangelo. I Guastapane si erano divisi i Castelli di Tolfa Vecchia, S.Arcangelo, Monte Monastero e Civitella, ma probabilmente la spartizione era avvenuta in modo fraudolento per cui Guastapane del fu Guastapane, Tancredi e Tebaldino suoi fratelli, Odduccio, Guittarello, Veraldo, Simone, figli del fu Guitto ed il loro nipote Cola, Signori di Tolfa Vecchia e S.Arcangelo, sentendosi deleggittimati, attaccarono e scacciarono i loro parenti: Guastapane di Nicolò, Gepzio, Pietro detto "Serracus" e Cecco, figli del fu Martino, Cola e Puccio del fu Ugolino, Rainoncello del fu Graziano e Covelli di Jacopo, Signori di Monte Monastero e Civitella. Il conflitto fu cruento e con spargimento di sangue, forse rimase ucciso anche Nicolò di Martino di Monte Monastero e Civitella. I feudatari che furono scacciati si rivolsero al Podestà del Comune di Corneto, Pietro di Oddone di Vico. Questi, il 25 dicembre 1299 radunò un certo numero di cavalieri e fanti cornetani e si avvicinarono a Civitella. Il giorno successivo a Monte Monastero, il di Vico ordinò a Guastapane del fu Guastapane di uscire dalla porta del Castello e di consegnarlo. All' invito, Guastapane del fu Guastapane declinò l'ordine asserendo che il Castello era stato ceduto ai Conti dell' Anguillara e che attendeva l'arrivo di altri esponenti della famiglia medesima. Il 28 dicembre Pietro di Vico scacciò gli usurpatori da Monte Monastero con l'uso della forza. Con il consenso del Comune e del popolo adunato nel campo fuori della porta del Castello di Monte Monastero, vicino alla via pubblica "Paiorella", il di Vico nominò Graziano Silvene Sindaco, perchè fosse investito nel possesso di Monte Monastero e Civitella con i territori circostanti e i relativi diritti. Dal medesimo atto risulta che i vecchi Signori furono reinvestiti dei loro possedimenti e si obbligarono a giurare il "sequitamentum" al Comune di Corneto obbligandosi a: far pace o guerra secondo il benestare di Corneto, eccetto che alla Chiesa, all'Imperatore e al Comune di Roma; di offrire per la vigilia della festa di S. Secondiano un cero di 10 libbre che doveva essere portato dai cavalieri in corsa dalla porta di S. Pancrazio fino al Palazzo del Comune; di non vendere, donare o alienare i suddetti Castelli a comunità, baroni o a qualsiasi altra persona senza l' autorizzazione del Comune di Corneto. Il 30 dicembre 1299, presso S. Arcangelo, Guastapane del Fu Guastapane, Signore di Tolfa Vecchia e S. Arcangelo, a nome suo, dei suoi fratelli e dei nipoti, mostrato un atto redatto dal notaio Giovanni di Tolfa Nuova, giurò di essere "cives et fidelis" a Corneto e di non molestare in alcun modo i Signori e i vassalli di Monte Monastero e Civitella, pena 1000 marche d'argento. Il 6gennaio 1300, presso Corneto, Odduccio e Veraldo, figli del fu Guitto insieme con i loro fratelli Simone e Giuttarello, il nipote Cola e i loro consorti giurarono il "sequitamentum" per la quarta parte dei Castelli di: Tolfa Vecchia, S. Arcangelo, Monte Monastero, Civitella e "castro" Rota, al Comune di Cometo.Torna su

LE ALTRE NOTIZIE:

Come altri insediamenti della zona così pure è documentato che Monte Monastero, sotto il pontificato diBonifacio VIII (1294 - 1303) era soggetto alla tassa sul fuocatico. Il 1 novembre 1331 Orso e Jannuzzo dell' Anguillara cedettero Fogliano al nobile Coluzio di Rainone di Graziano, espressamente indicato come condomino di Monte Monastero. Dopo la sottomissione militare operata dal Cardinale Egidio Albornoz, tutti i Signori del Patrimonio dovettero giurare fedeltà alla Chiesa. Così, nel 1354, presso Montefiascone, giurarono: "Petrutius Putii dictus Scarca et Bartholomeus Cole Ugolinutii, domini Montis Monasterii, pro indiviso, Angelinus et Jannes Cole Ugolini, duo ex dominis Montismonasterii, pro parte ipsorum". Alla sua morte, nel 1363, Giovanni I, dei Conti dell' Anguillara del ramo di Capranica, lasciò agli eredi testamentari dei diritti su Monte Monastero e Civitella.

LA TENUTA:

Ben presto sia Monte Monastero che Civitella furono ridotte ad una tenuta agricola. Nel 1450 "Necairi da Bieda avere per lo servitio de 2 mesi a guardia delle' erbe de Monte Monastero e Civitella dal 10 ottobre al 10 dicembre 1450 ducati 2 bol.24". "Nicola da Viterbo dare due. 5 che tanto li feci pagare per bovi e cavalle messe nell' erba (di frodo) de Civitella e Monte Monastero". Per acquistare il diritto di poter pascolare l'erba della tenuta di Monte Monastero e Civitella, per il periodo settembre 1450 maggio 1451, occorrevano 60 ducati. Per lo stesso periodo, per acquistare il diritto di pascolare tre quarti della tenuta di Civitavecchia occorrevano 525 ducati, per quelle di Vetralla, Bieda, Luni e S.Giovenale ducati 500. Per la tenuta di S. Agostino ducati 100. Nel 1450 il proprietario della tenuta affittata di Monte Monastero e Civitella era un certo Giglietto da Capranica: "Giglietto da Capranica de recontra dare duc. 60 d'oro lì di contanti a Roma a lui proprio per erbe de recontra duc. 60". "Giglietto avere duc. 60 per erba de Civitella e Monte Monastero avute da lui per la Camera da S. Angelo de settembre 1450 a S. Angelo de maggio 1451". Nella tenuta di Monte Monastero e Civitella potevano pascolare 3064 pecore e745 buoi; ogni 100 bestie "grosse" (cioè cavalli e buoi) pagavano duc. 25 mentre per le pecore il prezzo era di duc. 5 ogni100. Nel 1469 Civitella, Monte Monastero, Ischia e Viano erano considerati tenute della Dogana per 8002 pecore e "bestie grosse" per una rendita di duc. 633. A conferma che gli Anguillara vantavano diritti su Monte Monastero è riportato che nel 1554 i "casalis" di Monte Monastero e Civitella furono venduti da Caterina Anguillara al Cardinale Federico Cesi. Lo stesso Cardinale ricostruì il borgo ed il Castello di Civitella che da allora prese il nome di Civitella Cesi. Nel 1674 Civitella Cesi con tutte le sue proprietà, compresa la tenuta di Monte Monastero, fu acquistata da Giovan Battista Borghese e da questi passò ai Pallavicini. Nel 1813 Luigi Pallavicini vendette il tutto a Giovanni Torlonia. Questa famiglia ha posseduto la tenuta di Monte Monastero fino alla riforma agraria degli anni '50 quando le fu espropriata dall' Ente Maremma, che la suddivise in vari poderi.

CONCLUSIONI

 E' ancora presto trarre una valutazione storica complessiva di Monte Monastero datala cronica mancanza di documenti e soprattutto di finalizzate indagini archeologiche, tuttavia una preliminare sintesi potrà aiutare a comprendere meglio la sua evoluzione storica onde inserirla in un contesto più generale dell' intero Comprensorio. Come tanti altri insediamenti così anche il Castello di Monte Monastero è posizionato in un luogo classicamente medievale: arroccato sul monte più alto della sua influenza territoriale e difendibile in ogni versante dalla natura e in parte dall' opera umana. Occupa una posizione centrale del medio corso del Mignone controllando e dominando la sottostante vallata e facendo da punto di riferimento geografico tra i Monti della Tolfa e la zona del viterbese. Non ci è ancora pervenuto uno specifico documento sulla sua origine, però da una valutazione complessiva è possibile proporre l' ipotesi della sua origine longobarda, inizialmente come presidio militare trasformatosi in insediamento monastico e poi in Castello medievale spiegando così la sua posizione ed il suo nome. Le prime notizie storiche risalgono al XII secolo e ci mostrano il Castello sotto la giurisdizione politica del Comune di Viterbo che, in contrasto con il Comune di Cometo, aveva esteso il suo dominio territoriale sino ai Monti della Tolfa. Torna su Nel XIII secolo Monte Monastero passò sotto la giurisdizione del Comune di Corneto seguendo le sorti di Tolfa Vecchia. E' nel XIII secolo che i Signori di Tolfa Vecchia sono anche Signori di Monte Monastero; assieme agli uomini di Tolfa Vecchia anche quelli di Monte Monastero si sottomisero al Comune di Corneto; è sempre dello stesso secolo la lotta tra Tolfa Vecchia e Monte Monastero per la spartizione dei vari Castelli. E' a seguito di tale lotta che il Comune di Corneto, richiesto ad intervenire, avocò il territorio conteso. Tra la seconda metà del XIII secolo e la prima metà del secolo successivo Monte Monastero raggiunse il suo splendore. Monte Monastero fu anche conteso tra Viterbo e Roma e i suoi Signori più prestigiosi furono i Guastapane e gli Anguillara del ramo di Capranica. Raggiunse una popolazione di circa 450 abitanti ma ne lXIV secolo è possibile avvertire un inesorabile declino. La causa può essere imputata alla nota peste del 1348 che dovette provocare una storica decimazione di diversi altri insediamenti medievali. Nel XV secolo Monte Monastero è ridotto a tenuta agricola e come tale è acquistata dal Cardinale Federico Cesi. La tenuta passò poi ai Borghese, ai Pallavicini ed infine a Giovanni Torlonia. Negli anni '50 fu espropriata e frazionata dall' Ente Maremma. Oggi non resta che il toponimo e qualche frammento di rudere. Note:(1) Sommaco Siciliano - Rhus Coriaria.Detto anche Sornmaco dei cuoiai (esiste anche un Sommaco dei verniciatori, RhusVerniciflua). La voce sommaco, deriva dall'arabo Sommaq, che significa essere alto, lungo. Rhus deriva dal greco Rhous, che è l'antico nome dell'albero. Questi nomi ci fanno dedurre che questa pianta fosse importante nell'antichità, che fosse conosciuta sia dai greci, sia dai romani, che dagli arabi. E' un arbusto alto da 1 a 4 metri, caratteristico dei luoghi aridi ed incolti, è presente in tutta l'Italia centro meridionale dove si trova però sporadicamente, spesso relitto di antiche colture; è invece molto diffuso in Sicilia, e nei paesi più caldi della zone mediterranea. Ha foglie iparipennate e pelose. Le infiorescenze sono formate da pannocchie pelose, dense ed erette, di colore bianco giallastro. Ha un midollo molto sviluppato, secerne un lattice biancastro. E' ricco di tannino, che viene usato nella concia delle pelli delicate come il "marocchini" ed in tintoria. La raccolta dei rami fogliati va fatta da luglio a settembre, il prodotto, detto Sommaco, che contiene fino al 30% di tannino, viene messo in commercio in foglie od in polvere. Rhus Verniciflua, Albero della lacca, o Sommaco dei verniciatori. E' una pianta della Cina e del Giappone, secerne una linfa vischiosa e velenosa, che applicata col pennello, ed in più strati vetrifica, tanto da poter essere levigata, acquistando lucentezza, viene chiamata lacca. (Nota del Dott. Pier Luigi Vignati) (2) Il Conte Farulfo discende forse da Ropa, figlia di Sifredo che possedeva il Castello di Bagnaia. La prima notizia sui Farulfo risale all' 875 quando Ludovico Il cedette al Cenobio Casauriense tutte le proprietà prese nella Tuscia a Farimundo di Fara e a Farulfo del fu Farulfo. Altri Farulfo sono documentati in Viterbo nelXII secolo. (3) Forse appartenente alla famiglia dei Latro (Petri Latronis) Conti della Sabina. Innocenzo Il (1 130 - 1143) come pegno per una somma di denaro ricevuta, concesse a Pietro Latro i diritti su Civitavecchia, Cere, sul Castello del Sasso e sul Castello di Carcari. (4) Secondo il Pinzi, Enrico di Colandrino, o Calandrino, è da identificarsi con il Conte Enrico di Roccisburgo il quale, per ordine di Enrico VI, compì in quell' anno altre azioni simili nei dintorni del Lazio. Negli Annali Bolognesi è menzionato il 4novembre 1209 un certo Hericus de Calendino "imperialis aule marcicalcus". (5) Per il Pinzi, Ugolino dei Niccolidi, per il Wustenfeld, Ugolino discende da un casato al tempo degli Ottoni. (6) Sembra che gli Alessandro siano di origine franca con capostipite Alessandro dal cui figlio Pietro, vissuto tra il 1188 ed il1230, derivarono: Pietro, Rollando e Orlando. Altro figlio di Alessandro fu Raniero, vissuto tra il 1215 ed il 1244. Gli eredi di Orlando di Pietro di Alessandro ricevettero dal Podestà di Viterbo notevoli gratificazioni, riconosciute nello Statuto del 1251. Ciò lascia supporre la riconoscenza per la difesa condotta a Monte Monastero. (7) Il cosiddetto "Passo di Viterbo" consiste in un guado situato lungo il corso del Mignone nei pressi degli attuali toponimi "Marano" e "Marcomora". Nel Medioevo era sicuramente controllato rispettivamente: sulla riva destra dal Castello di Monte Monastero; sulla riva sinistra dall' Abbaziadi S. Arcangelo. L'importanza del guado è riscontrabile fino agli ultimi decenni quando gli allevatori tolfetani lo attraversavano per condurre il bestiame ai mercati viterbesi seguendo la via Doganale. E' tradizione che gli allevatori si recassero a Viterbo 2 volte all' anno durante le fiere di maggio e di settembre. Per percorrere la strada con i cavalli impiegavano circa sei ore; con le mandrie partivano in serata e giungevano nella serata del giorno successivo. (8) Nella raccolta delle decime è scritto: "Presbiter Antonius elericus S.Marie Montis Monasterii solvit XL sol. papar.; Leonardus Renone Santese S.Marie Montis Monasterii solvit quibusdam redditibus ipsus eclesie XXIV sol. papar.; Presbiter Antimus clericus S.Marie de Monte Monasterio solvit 1111 papar.; Presbiter Gentilis clericus S.Leonardii eiusdem loci solvit Il sol. papar.; item in cippo S.loannis Monti Monasterii III lib. et VIII sol. et IV den.; item in cippo S.Marie eiusdem loci XI den. papar." Torna su

Antonio Berardozzi - Giuseppe Cola

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P. Supino                                 (A cura di) La Margarita Cornetana, regesto dei documenti Miscellanea - A.S.R.S.P., Roma 1969

R. Trifone                                Le carte del monastero di San Paolo dal secolo XI al XV in A.S.R.S.P.

F. Tron                                    I monti della Tolfa nel medioevo, G.A.R., Roma 1982

A. Esch, I. Ait, G. Saverino     Polica, A. Esposito Aliano, A.M. Oliva in:

Fonti e Studi del "Corpus Membranorum italicorum" Aspetti della vita economica e culturale a Roma nel quattrocento, Roma 1981.

 

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