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FACOLTÀ DI TEOLOGIA

 

DELL'ATENEO ROMANO DELLA SANTA CROCE

ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE ALL'APOLLINARE Tesi di Magistero in scienze Religiose

LA CONFRATERNITA DEL SS. SALVATORE

 DEGLI AGRICOLTORI DI TOLFA

Candidata: Relatore:

 

Esposito Giuseppina    Prof. Augusto Baldini matr. 4/12053/R

Civitavecchia

ANNO ACCADEMICO 1993 - 1994

 

Molti sono gli studiosi che a distanza di tempo hanno ricostruito le vicende storiche del popolo di Tolfa. Anche se nelle loro opere, qua e la, si parla delle Confraternite di Tolfa, nessuno di loro tuttavia ha mai dedicato un'opera specifica a questo universo laico - religioso.

Con questa mia dissertazione mi sono particolarmente dedicata alla ricostruzione della storia della Confraternita del SS. Salvatore. Mi auguro che altri vogliano seguire il mio esempio si da apportare altri contributi alla conoscenza dei fatti religiosi che hanno caratterizzato, nel passato, la vita dei tolfetani.

Ringrazio particolarmente l'insegnante Bruno Fracassa per i consigli che mi ha dato nella stesura di questo mio lavoro;

ringrazio anche l'insegnante Angelo Rocchi ed i figli di Ottorino Morra, Amedeo e Franco, che mi hanno permesso di consultare la biblioteca di famiglia ricca di numerosi testi che riguardano i fatti storici di Tolfa.

Con sincera riconoscenza, ringrazio il prof. don Augusto Baldini, che pazientemente mi ha seguito e confortato in questo mio studio.

 

INTRODUZIONE

 

Le Confraternite sono delle corporazioni ecclesiastiche, composte di fedeli in prevalenza laici, canonicamente erette e governate da competente superiore.

Esse hanno un'origine molto antica. Gli studiosi della materia, infatti, fanno risalire questi sodalizi all'Alto Medioevo, precisamente al secolo VII, quando erano conosciuti col nome di "fraternitates". Un vero e proprio movimento in proposito, tuttavia, appare solo più tardi. Infatti, le prime Confraternite attestate dai documenti, sono quelle che a partire dal secolo X comprendevano al loro interno tutto il clero di una città, indipendentemente dai rapporti disciplinari con il loro Vescovo. Delle Confraternite composte essenzialmente da laici si hanno prove certe soltanto verso il XII secolo.

Lo sviluppo delle Confraternite avvenne parallelamente alla diffusione delle corporazioni e delle arti in campo civile, ma rimase un fenomeno specificamente religioso. Scopo della associazione era la salute dell'anima che si doveva conseguire sia con le preghiere, sia con le opere buone. I Confratelli si riunivano "pro Dei timore et christi amore ", provvedevano ai loro bisogni spirituali e al suffragio delle anime.

In tempi successivi, oltre a questo scopo primario, incominciarono a proporsi tanti altri obiettivi come l'assistenza ai malati, l'aiuto ai carcerati, i sussidi ai poveri, la difesa nei tribunali, la sepoltura dei propri iscritti, la diffusione della dottrina cristiana.

Ciò in linea generale, perché ogni confraternita, con il passar del tempo, fini per proporsi finalità che venivano esplicitamente dichiarate nei loro Statuti e che rappresentarono gli elementi distintivi di ogni Confraternita.

Le Confraternite riunivano persone di rango e di origini diverse sicché offrivano ai loro membri un ambiente sociale più largo. (1)

In Italia queste organizzazioni derivarono dal movimento religioso dei flagellanti, dei battuti e dei disciplinati, un movimento che tra i secoli X-XII con le predicazioni, le manifestazioni religiose e le sacre rappresentazioni favori la concordia e rappresentò un freno al dilagante pericolo dell'eresia.

Sempre protette e sostenute dalla Chiesa, dopo il concilio di Trento passarono sotto la sua diretta giurisdizione. Queste organizzazioni, di carattere essenzialmente religioso, sono regolate da uno Statuto, vengono costituite con decreto dell'Autorità ecclesiale e sono distinte da un titolo, da un nome e da una divisa o altro distintivo particolare indossato dai confratelli.

A capo della Confraternita troviamo il Priore che nell'esercizio delle sue funzioni si avvale della collaborazione di un Consiglio formato da persone elette dai membri dell'associazione. Dipendono dal Vescovo diocesano o dai Generali di certi Ordini religiosi ai quali, per originaria fondazione, sono aggregate o da loro fondate. Prendono la denominazione di Arciconfraternite se hanno ottenuto la facoltà di aggregare a sé particolari Confraternite legittimamente erette con i medesimi scopi e con uniformi ordinamenti.

Come tutte le altre libere associazioni vengono tutelate e difese dalla nostra Costituzione (art. 18 - 19 - 20 della Costituzione). Pur essendo come s'è detto dei sodalizi di natura religiosa, secondo il nostro diritto civile sono delle associazioni di fatto, che acquistano personalità giuridica, quando vengono riconosciute dallo Stato.(Art. 12 del Codice Civile).

Recita l'art. 1 della legge 20 maggio 1985, n.222:

gli Enti costituiti o approvati dall'Autorità ecclesiastica aventi sede in Italia, i quali abbiano fine di religione o di culto, possono essere riconosciuti come persone giuridiche agii effetti civili con decreto dei Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato". (2)

Inoltre, sono essenzialmente regolate dalle norme del Diritto canonico.

Al titolo V, canone 298, del codice di Diritto Canonico che riguarda le associazioni dei fedeli, leggiamo:

1) " Nella Chiesa vi sono associazioni, distinte dagli istituti di vita consacrata e dalle società di vita apostolica, in cui i fedeli, sia chierici, sia laici, sia chierici e laici insieme, tendono, mediante 1'azione comune, all'incremento di una vita più perfetta, o alla promozione del culto pubblico o della dottrina cristiana, o ad altre opere di apostolato, quali sono iniziative di evangelizzazione, esercizio di opere di pietà o di carità, animazione dell'ordine temporale mediante lo spirito cristiano ".

2) " I fedeli diano la propria adesione soprattutto alle associazioni erette, lodate o raccomandate dall'Autorità ecclesiastica competente".

Sugli stessi temi si ritorna anche nei canoni successivi, dal canone 299 al canone 311. (3)

Di recente, così si è espresso il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II sull'associazionismo laico-religioso:Torna su

"L'apostolato associato è di grande importanza anche perché sia nella comunità delle Chiese, sia nei vari ambienti, spesso richiede di essere esercitato con azione comune.

Infatti le associazioni erette per un'attività apostolica in comune, sono di sostegno al propri membri e li formano all'apostolato, dispongono bene e guidano la loro azione apostolica, così che possano sperarsi frutti molto più abbondanti che non se i singoli operassero separatamente". (4)

 

AMBIENTAZIONE STORICO - RELIGIOSA

 

La Chiesa ha esercitato un ruolo fondamentale nella storia degli abitanti di Tolfa, a partire dal 2 giugno del 1469, quando i Frangipani, i signori di Tolfa Vecchia, dopo molteplici contrasti, accettarono di vendere il loro Feudo al Sommo Pontefice Paolo II, che incamerò il territorio di Tolfa nel patrimonio di S. Pietro. (5)

Risulta difficile, se non impossibile, ricostruire la storia di Tolfa, capire i costumi, le tradizioni e la mentalità collettiva dei suoi abitanti, prescindendo dal fattore religioso.

Di questo ci possiamo facilmente rendere conto leggendo gli scritti e le opere di vari studiosi, come Don Domenico Buttaoni, Filippo Maria Mignanti, il Cardinale Teodolfo Mertel, Alessandro Bartoli, Ottorino Morra, Basilio Pergi, Ferdinando Bianchi, Odoardo Toti, Giuseppe Cola, Don Augusto Baldini, i Notiziari delle Associazioni Archeologiche, che a distanza di tempo hanno ricostruito la storia dei tolfetani, evitando così che le vicende di questo popolo cadessero nell'oblio. Si deve tuttavia notare che se è vero che molti  studiosi hanno cercato di ricostruire la storia di Tolfa, nessuno di essi si è interessato direttamente dello studio delle varie Confraternite che nel corso dei secoli sono state istituite a Tolfa. (6)Con questo mio lavoro ho cercato di colmare in parte questa lacuna, dedicandomi alla ricostruzione delle vicende della Confraternita del SS. Salvatore.

Per portare avanti questa mia ricerca, oltre ad avvalermi delle notizie che altri studiosi avevano già rinvenuto su detta Confraternita, ho consultato molteplici documenti inediti (come si può constatare in Appendice B), per lo più manoscritti, che ho rintracciato soprattutto negli Archivi della Parrocchia, del Comune e dell'Università Agraria di Tolfa.

Ho fatto anche alcune ricerche presso l'Archivio storico di Sutri, fondo Vescovi. Stavamo parlando dell'influenza che la Chiesa ha avuto sul paese e sulla popolazione di Tolfa.

Infatti, fino a quando essa ha esercitato anche il potere temporale, non si é dedicata soltanto alla cura delle anime, ma ha amministrato direttamente il suo territorio ed ha finito così per determinare le scelte economiche e la vita civile e politica della popolazione. Ci basti a tale proposito ricordare due avvenimenti storici che hanno segnato la storia dei tolfetani e che per importanza hanno superato i limiti della cronaca locale: la riutilizzazione dell'allume nel territorio di Tolfa e l'insurrezione antifrancese dei tolfetani.

Nel 1462, o uno - due anni prima secondo le più recenti ricerche storiche, Giovanni da Castro, commissario generale sulle rendite della Camera Apostolica, essendo venuto a sapere della presenza dell'allume nel territorio della Tolfa, ne riprese le ricerche.

I sondaggi e gli scavi effettuati sortirono gli effetti desiderati: l'allume c'era in grande quantità ed era anche di ottima qualità. Così annunciò la scoperta al Pontefice:

" oggi ti porto la vittoria sul turco. , Egli estorce ogni anno ai cristiani più di 100.000 monete d'oro..., ma io ho trovato sette monti così ricchi di questa sostanza da bastare a sette mondi".

Per comprendere compiutamente il significato delle parole di Giovanni da Castro, bisogna sapere che a quei tempi l'allume era un minerale indispensabile per rendere le candele più dure e resistenti, per imbianchire l'argento, per inargentare il rame, per preparare il cuoio e soprattutto e principalmente per fissare i colori nelle stoffe.

Ha scritto il metallurgico senese Vannoccio Biringuccio nella sua opera "De la Pirotechinia", apparsa in più edizioni del '500: " l'allume é necessario ai tintori non meno che il pane all'uomo".

Fino alla scoperta dell'allume sul territorio della Tolfa, l'Occidente era costretto ad acquistare il minerale in Oriente con l'impiego di enormi capitali e non sempre i rifornimenti di questa materia erano regolari a causa delle continue lotte tra il mondo cristiano e quello musulmano. La scoperta dell'allume che segnò la fine del rapporto di sudditanza con l'Oriente e di cui si interessarono tutti i cronisti     del    tempo, dette origine ad una fiorente industria di scavo e di lavorazione del minerale da parte della Reverenda Camera Apostolica. Detta industria, comunque, non riuscì a mettere in crisi l'attività agricolo - pastorale propria dei tolfetani che continuò comunque a prosperare e contribuì a risolvere il problema della disoccupazione tra la fine del secolo XIX e gli inizi del secolo XX, quando l'estrazione dell'allume ed il suo commercio incominciarono ad andare in crisi. (7)Si deve alla scoperta dell'allume se molti Pontefici (Sisto IV, Giulio II, Pio IV, Pio V, Gregorio XIII, Sisto V, Clemente VIII, Pio IX) e molti Cardinali (Aragona, Giosi, Caetani, Perugia, Sforza, Montalto) e molti letterati (Annibal Caro, G. B. Belli) hanno visitato Tolfa ed Allumiere e vi hanno soggiornato. Tolfa ha altresì avuto la fortuna di ospitare per brevi periodi di tempo alcune figure di spicco della santità che hanno raggiunto gli onori dell'altare: S. Crispino da Viterbo, S. Paolo della Croce, S. Vincenzo Maria Strambi, Santa Lucia Filippini.Nel 1799 si verificò il moto antifrancese di Civitavecchia e Tolfa in seguito alla proclamazione della Repubblica romana (1798). Civitavecchia e Tolfa, che nel nuovo ordinamento territoriale erano state incluse nel Dipartimento del Cimino innalzarono " l'Albero della Libertà.

Ma se la città di Civitavecchia ben presto venne a patti con i francesi ed accettò la resa, non così si comportò Tolfa, che decise di persistere da sola nella resistenza. A domare la rivolta e la resistenza provvide il generale francese Merlin. Questi, dopo aver soffocato nel sangue la rivolta, il 15 marzo del 1799, davanti alla facciata della Chiesa della Sughera, fece fucilare tre sacerdoti e più di 100 tolfetani, perché questo eccidio fosse di ammonimento per la popolazione e la scoraggiasse dall'intraprendere altre rivolte. (8) L'importanza che il fattore religioso ha sempre avuto nella vita del popolo di Tolfa, é dimostrato anche dalle numerose Chiese e Monasteri, che nel passato sono stati costruiti nel territorio, la cui storia, ricca di miracoli, leggende, riti, feste e ricordanze religiose, attesta la profonda religiosità del popolo tolfetano. Tra questi possiamo ricordare:

- la Chiesa di Cibona o del Monte Urbano e l'adiacente Eremo, poi Convento, costruiti perchè nella Chiesa fosse custodita l'Immagine di Maria Santissima di Cibona, prima custodita in una piccola Cappella che é ancora possibile ammirare nelle vicinanze della Chiesa. Questi furono affidati alla cura degli Eremiti del Monte Senario, movimento eremitico sorto in seno all'Ordine dei Servi di Maria. (9)

Detta Chiesa fu costruita nel 1647 ad opera dell'Architetto Domenico Castelli.Torna su

- la Chiesa della Sughera e l'adiacente Convento, per moltissimi anni affidati alla cura dei Padri Agostiniani. La Chiesa, nella sua struttura attuale, fu restaurata e poi ricostruita nella seconda metà del XIX secolo per conservare un quadro ritenuto miracoloso della Madonna della Sughera. Intatta si conserva la Cappella fatta costruire da Agostino Chigi e che costituisce l'attuale presbiterio dove si conserva nel Tabernacolo l'immagine della Madonna. (10)

- la Chiesa di S. Maria della Misericordia, già esistente nei primi anni del '500, si presentava dissacrata già nel 1860, come ci informa lo storico Filippo Maria Mignanti; (11)

- la Chiesa di S. Giovanni Evangelista, già esistente nel 1582, fu ristrutturata nel 1859 e, successivamente, demolita nel 1920; (12)

- la Chiesa di S. Francesco ed il convento dei Padri Cappuccini, costruiti nella prima metà del Seicento; (13)

- la Chiesa collegiata di S. Egidio Abate, eretta dai tolfetani in onore del loro Patrono e costruita nella sua forma primitiva verso la fine del XIV secolo.

Nel corso dei secoli è stata soggetta a continui ampliamenti e ristrutturazioni; (14)

- l'oratorio di S. Giovanni Decollato, meglio conosciuto come Chiesa del Crocifisso: fu completata nel 1644 "Aere proprio" dalla Confraternita della Misericordia ed Umiltà o di S. Giovanni Decollato;(15)

- la Chiesa di S. Antonio da Padova in località detta " il prato " fu costruita nel 1690 ad opera di un pio sacerdote di Tolfa: don Antonio Frattini. (16)

- il Santuario della Madonna della Rocca s'innalza appunto sul Monte della Rocca: già esistente alla fine del XIII secolo. (17)

Alle Chiese citate debbono aggiungersi la Chiesa che si erge a fianco del convento delle Suore di S. Giuseppe; una chiesetta dedicata a S. Girolamo, che si trova all'interno del feudo di Rota, attualmente di proprietà dei Marchesi Lepri; una Chiesa in onore di S. Sebastiano; una in onore di S. Rocco ed un'altra in onore di S. Nicola.

Tanto la Chiesa di S. Sebastiano che quelle di S. Rocco e S. Nicola non esistono più. Ne è rimasto il nome nelle vie del paese ove le stesse un tempo si innalzavano.

Dunque, nel passato, il rapporto Chiesa/politica/economia/amministrazione pubblica è stato costante e diretto, essendosi la Chiesa dovuta interessare (già l'abbiamo accennato) di problemi che vanno ben oltre il suo magistero religioso. All'interno dell'organizzazione economica, politica, sociale e religiosa del passato una particolare importanza hanno sempre svolto le Confraternite, una istituzione profondamente radicata nei vari strati sociali.

 

PARTE PRIMA

 

LA VITA RELIGIOSA DELLE CONFRATERNITE DI TOLFA DOPO IL CONCILIO DI TRENTO, FRA '600 E '800

 

Le prime notizie storiche sulle Confraternite di Tolfa risalgono alla prima metà del XV secolo come meglio si vedrà nel prosieguo della trattazione. A partire da questo periodo, a Tolfa incominciarono ad apparire molteplici e variegate aggregazioni, alcune delle quali, e sono in maggioranza, presentano le connotazioni di vere e proprie Confraternite mentre, altre, fanno pensare a delle corporazioni o arti di mestiere. Da un esame comparativo con altre Confraternite già esistenti a Roma, risulta che i vari sodalizi attivi a Tolfa presentano gli stessi nomi e le stesse caratteristiche di quelli di Roma, dai quali trassero origine e furono anche in stretto rapporto, mutuandone scopi, regole, usi e consuetudini. Alcune Confraternite tolfetane chiesero ed ottennero di essere iscritte ad alcune Arciconfraternite di Roma. Questa presenza così numerosa di Confraternite o Pie Unioni di laici deve attribuirsi anche al fatto che nel paese di Tolfa esistevano molteplici Ordini religiosi, come gli Eremiti di Monte Senario, i Domenicani, (18) i Francescani, i Padri Agostiniani che contribuirono con la loro presenza a promuovere i vari sodalizi. Un ruolo fondamentale, a tal proposito, svolse anche il gran numero di sacerdoti presenti a Tolfa. Se, infatti, al momento in cui la Chiesa di S. Egidio fu eretta a Collegiata dal Papa Sisto V nel maggio del 1588 contava di due Rettori e quattro Canonici, con il passar del tempo il numero degli ecclesiastici diventò sempre più numeroso tanto che il Capitolo di S. Egidio arrivò ad essere formato nel 1772 da ben due Rettori e quindici Canonici. (19) Riportiamo, qui di seguito, i nomi delle Confraternite di Tolfa con le notizie che siamo riusciti a raccogliere su di esse.

1) CONFRATERNITA DELLA BEATISSIMA VERGINE, S. AGOSTINO E S. MONICA.

Questa Confraternita si trovava in un primo momento in un oratorio adiacente alla Chiesa della Madonna della Sughera, e successivamente, si trasferì nelle Cappelle di S. Anna e S. Agostino, costruite sull'area dell'oratorio stesso. Aveva un sacco bianco con mozzetta nera e stemma sul petto, a sinistra, in cui campeggiava la figura della Madonna tra S. Monica e S. Agostino. Al sodalizio erano ammesse anche le donne che avevano a capo una Priora e si adoperavano a turno a questuare. Il sodalizio era sufficientemente fornito di beni e conferiva annualmente una dote di 25 scudi ad una zitella della Tolfa. Nonostante i beni di cui disponeva, non riuscì a far fronte alla tassa di 50 scudi cui fu assoggettata a favore del Brefotrofio di S. Francesca Romana da Mons. Giovanni Costanzo Caracciolo, che era commissario apostolico del Brefotrofio. Per questo fu soppressa nel 1739 e fu incorporata con i suoi beni nella Confraternita dell'Umiltà e Misericordia dal Vescovo di Sutri e Nepi Mons. Vincenzo Vecchiarelli che esaudì, così, la domanda del sodalizio. Tra i suoi membri la Confraternita annoverò Benedetto Pucilli, che divenne più tardi Vescovo di Terracina, Piperno e Sezze. (20)

Strettamente collegati all'Ordine Agostiniano erano i " Centurati di Tolfa ", o "Pia Unione della Madonna della Cintura" o "Consolazione", così detti perché sull'esempio di S. Monica solevano cingersi i fianchi con un cingolo benedetto. (21)

 2) COMPAGNIA DEI CAVALLARI.

I membri di questa Compagnia formata dai trasportatori di allume o operai di Tolfa e di Allumiere avevano in un primo momento il loro luogo di culto presso la Chiesa della Misericordia, dove avevano il patronato di un Altare dedicato a S. Antonio Abate.

Successivamente, i cavallari di Allumiere trasferirono la loro sede nella Cappella di S. Antonio nella Chiesa della Madonna della Sughera. La Cappella, nel 1574, fu eretta in Parrocchia per i " Cavallari dell'allume" da Mons. Donato Stampa, Vescovo di Sutri e Nepi.

A questa Cappella i Cavallari dedicavano una cura particolare, tanto che decisero di abbellirla con pitture, oggi non più esistenti, in cui erano raffigurati, episodi e momenti della vita del Santo. Questo Luogo Pio rimase di proprietà della Compagnia. Ciò perché in virtù del Breve di Papa Benedetto XIV la parrocchia delle Allumiere, che era stata in questa Cappella di S. Antonio Abate dal 1752, trovò la sua sede nell'attuale Chiesa dell'Assunta e la Cappella fu donata ai Padri Agostiniani. (22)

3) CONFRATERNITA DEL SS. NOME DI DIO.

La Confraternita, che officiava nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista e della Croce, fu istituita con decreto del 25 ottobre 1582, dal Padre " Tommaso Zobbio da Brescia professore di sacra teologia, vicario di tutto l'Ordine dei Predicatori ". In tale documento è detto:

"... i fedeli della Terra di Tolfa Vecchia della diocesi di Sutri e Nepi (chiedono) sia creata e ordinata la Confraternita del Santissimo Nome di Dio e l'altare e la cappella... e se è già stata costruita l'approviamo e confermiamo".

Da ciò, dobbiamo dedurre che a Tolfa Vecchia esisteva già prima del 1582 una Confraternita che con quella bolla fu approvata e legalizzata. Si deve ancora evidenziare che l'approvazione di questa confraternita avvenne dietro interessamento del Rev. Padre Maestro Vincenzo de Cellis, anch'egli dell'ordine dei Predicatori. (di questo prelato ritorneremo ad interessarci). Sorta per esaltare il Nome di Dio, questa Confraternita si assunse nel 1636 anche il compito di dedicarsi volontariamente alla cura degli infermi presso l'ospedale da tempo esistente nelle adiacenze alla Chiesa di S. Giovanni. L'ospedale aveva il nome di " Ospedale di S. Giovanni ". Il sodalizio esercitava anche il patronato sulla piccola Chiesa della Rocca e sull'annesso romitorio, provvedeva alla loro manutenzione e nominava anche l'eremita che si prendeva cura dei locali fornendogli i mezzi di sussistenza anche in caso di infermità..

Nel 1853 la Confraternita chiese l'aiuto delle Suore di S. Giuseppe per portare avanti l'ospedale e la loro fondatrice, Suor Emilia De Vialar, inviò a Tolfa come ospedaliere tre monache appositamente istruite, fra cui c'era una farmacista. L'ospedale, nel secondo decennio di questo secolo, fu trasferito in un edificio più imponente e funzionale che sorge presso il Convento dei Cappuccini. Questo ospedale, fatta eccezione per gli anni della seconda guerra mondiale, non fu mai veramente attivo perché i tolfetani preferivano rivolgersi al meglio attrezzato ospedale di Civitavecchia. (23)

4) UNIVERSITÀ' DEI VACCARI.

Di questo sodalizio ci sono pervenute pochissime notizie.Torna su

Vi appartenevano probabilmente coloro che possedevano ed allevavano bovini. Li troviamo ospiti della Confraternita del SS. Nome di Dio nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista all'Altare dell'Ascensione. (24)

5) CONFRATERNITA DI S. MARIA DEL SUFFRAGIO, DELLA MORTE ED ORAZIONE.

Il sodalizio fu istituito poco dopo il 1600 ad opera di persone che si riunivano nella Chiesa della Madonna della Misericordia nei giorni festivi per recitare l'ufficio dei defunti, ascoltare la Messa ed accostarsi ai Sacramenti. Ad unire ed organizzare tale sodalizio, fu un certo Benedetto Boscioli, che ne può essere considerato il fondatore. In questa Chiesa i Confratelli si prendevano cura dell'Altare principale, dedicato alla Madonna della Pietà o della Misericordia. Una pala raffigurava la Pietà tra i Santi Rocco e Giovanni. La confraternita fu canonicamente eretta nell'anno 1758 da Mons. Filippo Mornati, Vescovo di Sutri. Alcuni anni dopo Si trasferì nella Chiesa di S. Antonio di Padova.

Obiettivo della Confraternita era essenzialmente quello di fare con frequenza atti di pietà e di far celebrare Messe in suffragio di tutte le anime del purgatorio.

6) CONFRATERNITA POI PIA UNIONE DELLA MADONNA DEL CARMINE.

Il luogo di culto di questa Compagnia fu, in un primo momento, presso la Chiesa della Madonna della Misericordia. Qui i membri del sodalizio officiavano presso un Altare dapprima dedicato a S. Giovanni Decollato e, più tardi, alla Madonna del Carmine raffigurata in un dipinto tra i Santi Elia, Pietro e Paolo. Nel 1766 la Pia Unione del Sacro Scapolare si trasferì nella Chiesa di S. Egidio Abate presso un Altare posto sulla navata destra della Collegiata. Sull'Altare c'era un quadro che rappresentava la Beatissima Vergine tra i Santi Giovan Battista Precursore ed il Papa Innocenzo I.

Il 25 maggio del 1766 il sodalizio fu aggregato al godimento dei privilegi concessi alla Confraternita dell'Ordine Carmelitano. I devoti indossavano lo scapolare e recitavano quotidianamente l'Ufficio Piccolo per fruire della promessa fatta dalla Madonna a S. Simone Stock. Questa    promessa, più nota con il nome di privilegio Sabatino” prometteva la sollecita liberazione delle pene del purgatorio nel sabato successivo al trapasso a chi mette in pratica quanto detto sopra.

Il privilegio fu riconosciuto da Clemente VII con la Bolla Ex Clementi del 12 agosto 1530 e fu confermato in seguito da S. Pio V e da Gregorio XIII. (25)

7) UNIVERSITÀ DEI CALZOLAI SOTTO L'INVOCAZIONE DEI SS. CRISPINO E CRISPINIANO.

Erano ospitati nel Santuario della Madonna della Rocca di cui aveva il patronato la Confraternita del SS. Nome di Dio.

Si prendevano cura di una Cappella del Santuario dedicata ai Santi Crispino e Crispiniano, protettori dei calzolai. (26) La festa dei due Santi era celebrata il 23 novembre di ogni anno. Dopo la festa religiosa, tutti i calzolai si ritrovavano per cenare o pranzare insieme. I calzolai, nei loro luoghi di lavoro sparsi nelle varie vie del paese, tenevano un'immagine di S. Crispino e di S. Crispiniano che li raffigurava intenti al loro lavoro in una stanzetta, dal soffitto della quale pendevano stivali e scarponi. Il gruppo è stato attivo fino a quando é stato fiorente il lavoro dei calzolai. (27)

8) TERZ'ORDINE FRANCESCANO.

L'associazione aveva ed ha ancora il suo luogo di culto nella Chiesa dei Cappuccini di Tolfa. Aperta sia agli uomini che alle donne, essa si propone di seguire la regola di S. Francesco, per quanto consentito alla loro condizione laica. Obiettivi specifici di questo sodalizio sono: la promozione spirituale di ciascun confratello secondo l'esempio e lo spirito del Serafico S. Francesco; l'adempimento di pratiche religiose specialmente in comune; la diffusione della devozione del Padre S. Francesco; l'esercizio reciproco tra gli iscritti della semplicità ed umiltà francescana. (28)

 

PARTE SECONDA

LE CONFRATERNITE DELLA COLLEGIATA DI S. EGIDIO ABATE, CHIESA MADRE DI TOLFA

 

La Chiesa di S. Egidio Abate, che fu eretta in Collegiata fin dal 1588, é stata ed é tuttora il centro principale della vita religiosa del paese.

La struttura primitiva ha subito nel corso dei secoli vari ampliamenti e rifacimenti come ci attesta Alessandro Bartoli, che nei suoi scritti inediti si sofferma a parlare più volte di questo edificio. La trasformazione più consistente fu fatta intorno al 1630 per far fronte all'aumento della popolazione. Il progettista fu l'architetto fra Michele da Bergamo, frate cappuccino. Con questo intervento furono aggiunte alla navata centrale altre due navate, quella di destra e quella di sinistra, alle quali, in tempi successivi, furono aggiunte alcune Cappelle. Nel 1728 fu ampliata la Sagrestia e, nel 1768, la primitiva travatura in legno del soffitto fu sostituita con un'armoniosa volta in muratura. L'ultimo consistente intervento di restauro è stato effettuato nel 1954. Con questi lavori fu mutato notevolmente l'aspetto interno e, su progetto dell'Architetto Mario Leonardi, la facciata è stata rivestita in travertino e cortina di mattoni. In questa Chiesa ufficiavano molte Confraternite tra le quali, come vedremo, anche quella del SS. Salvatore. Queste, proprio perché avevano la sede all'interno della “Chiesa Madre”, finivano per essere maggiormente privilegiate e tenute in considerazione rispetto alle altre Confraternite di Tolfa. (29)

1) CONFRATERNITA DI S. ANTONIO DI PADOVA.

Il suo luogo di culto si trovava nella prima Cappella situata nella navata destra della Chiesa di S. Egidio Abate che fu dedicata a S. Antonio di Padova ed a S. Filippo Neri. Una lapide posta sulla parete sinistra della Cappella ci informa che la Confraternita fu eretta nel 1653 con Breve di Papa Innocenzo X e fu aggregata il 12 giugno 1676 all'Arciconfraternita romana di S. Francesco delle Sacre Stimmate. Il sodalizio romano fu eretto ad Arciconfraternita da Paolo V. I Confratelli di Tolfa indossavano sacchi cenerognoli raccolti ai fianchi da un funicello ed avevano per scopo la santificazione delle anime dei loro membri sotto la regola del Serafico Patriarca. Fra le opere di carità c'era quella di andare a fare la questua per i poveri infermi.

L'Altare fu consacrato il 6 settembre 1879 dal Vescovo di Civitavecchia Mons. Gandolfi. La Compagnia godeva di indulgenze e di privilegi. Il 30 gennaio del 1828 il pontefice Leone XII accordò alla Compagnia il privilegio di poter celebrare in rito doppio di seconda classe la Festa e la Messa solenne di S. Antonio il 13 giugno e, in caso di impedimento, nella domenica fra l'ottava. (30)

2) CONFRATERNITA DEL SANTISSIMO SACRAMENTO  ( o SAGRAMENTO).

I confratelli di questa Compagnia si proponevano due scopi fondamentali: quello di adorare il SS. Sacramento e quello di accompagnare il Santissimo o Viatico agli infermi. Il loro luogo di culto si trovava nella terza Cappella, di S. Anna, della navata destra della Chiesa di S. Egidio.La Confraternita aveva diritto alla sepoltura nella Chiesa.

Nel 1620 i devoti del SS. Sacramento, già da tempo riuniti in sodalizio, costruirono la Cappella per collocarvi il Santissimo Sacramento, ma ciò non fu possibile perché una disposizione stabiliva che le Sacrosante Specie dovevano essere collocate nella Cappella adiacente del Santissimo Rosario. Riuscirono a soddisfare il loro desiderio solo nel 1748, quando fu annullata la disposizione di cui s'è detto. Nell’occasione, fornirono la Cappella di ciborio di marmo e di balaustra.

Nel 1819 il Collegio dei canonici decise di costruire sullo stesso luogo una nuova Cappella al fine di dare una custodia più degna al Sacramento eucaristico. Durante la ristrutturazione furono distrutti gli stucchi modellati da Giovanni Crisolati nel 1632 a cura della Compagnia del SS. Sacramento. L'amministrazione ed i beni furono uniti alla Cappella di S. Egidio da Mons. Mornati nel 1755 e, il 6 ottobre del 1879, Mons. Gandolfi ne consacrava l'Altare rinchiudendovi le Sante Reliquie dei Martiri Liberatore Vescovo, Vitale, Leonzio, Lucio ed Eugenia. (31)

3) CONFRATERNITA DELLA MISERICORDIA E UMILTÀ' O DI S. GIOVANNI DECOLLATO.

Il sodalizio, come ci informa Alessandro Bartoli, aveva la sua sede in un primo momento nella prima delle due corsie sotterranee alla Chiesa di S. Egidio. Successivamente, si trasferì nella Chiesa o Oratorio del SS. Crocifisso, che i " fratelloni " costruirono, già s'é accennato, e più tardi ampliarono a proprie spese. Questa Confraternita, qui a Tolfa, si dedicava anche alla venerazione della Madonna Addolorata, di cui possedevano un simulacro ligneo di buona fattura che ancora oggi viene portato in processione. I Membri della Confraternita si riunivano nella Chiesa per la recita corale dell'ufficio della Vergine. Alla Confraternita spettava il diritto della sepoltura nella Chiesa di S. Egidio Abate, precisamente sotto la nuova Cappella del SS. Salvatore. (32)

4) COMPAGNIA DI S. GIUSEPPE PATRIARCA.

A questa Compagnia appartenevano i falegnami di Tolfa. Il loro luogo di culto era presso la Cappella di S. Giuseppe, che s'innalza nella navata sinistra della Collegiata di S. Egidio Abate. Nel 1616 la Compagnia chiese ed ottenne di essere aggregata all'Arciconfraternita di S. Giuseppe sopra le Carceri di Roma (Carcere Mamertino). Ancora oggi sull'Altare dove officiava la Compagnia si può ammirare un quadro che rappresenta S. Giuseppe morente. Nel passato, sui pilastri della volta dalla quale si accede alla navata centrale della Chiesa, c'erano i quadri di S. Biagio Martire Vescovo di Sebaste in Armenia e del Cardinale S. Carlo Borromeo. Da Alessandro Bartoli sappiamo che sotto il titolo di S. Giuseppe furono eretti molti benefici. Nel 1752 il Vescovo Mons. Silvestri riunì i beni di questo sodalizio e di quello della Compagnia della Madonna dei Sette Dolori alla Cappella del SS. Rosario. (33)

5) LA CENTURIA DI S. GIUSEPPE.

Presso l'Altare della Compagnia del Glorioso S. Giuseppe officiavano pure i cosiddetti centuriati di S. Giuseppe, una associazione laica sorta con lo scopo di imitare la castità del Santo, i cui membri indossavano in segno di mortificazione una cintura o un cingolo. (34)

6) CONFRATERNITA DEL SS. ROSARIO.

E' una delle più antiche Confraternite di Tolfa, già esistente prima del 1560. L'attività della Confraternita era essenzialmente rivolta alla venerazione della Madonna e alla pratica della recita del Rosario, un pio esercizio promosso in modo singolare da S. Domenico. I Confratelli si dedicavano anche ad opere caritatevoli, quali l'assistenza agli infermi, ai poveri e l'accompagnamento dei defunti alla sepoltura. Alla Compagnia spettava la sepoltura nella Chiesa di S. Egidio Abate. Il loro luogo di culto si trovava nella seconda Cappella che si trova nella navata di destra della Chiesa di S. Egidio. La sua particolare amministrazione venne riunita nel 1752 all'Altare della Chiesa da Mons. Silvestri. Sulla fascia interna dell'arco d'ingresso alla Cappella é ancora possibile ammirare i "tondini", piccole tele raffiguranti le scene dei quindici "misteri" gaudiosi, dolorosi e gloriosi del Rosario. (35)

7) CONFRATERNITA DEL SS. SALVATORE; I DEVOTI DEL SACRO CUORE DI GESÙ', LA SOCIETÀ DEI CACCIATORI. Torna su

Della Confraternita del SS. Salvatore ci interesseremo nei prossimi capitoli. Qui parleremo delle altre due Associazioni, ospitate dalla Confraternita nel suo luogo di culto e devozione: la Cappella del SS. Salvatore. I Devoti del S. Cuore di Gesù e la Società dei Cacciatori. I devoti del S. Cuore tenevano sull'Altare dedicato al SS. Salvatore un piccolo quadro raffigurante il Cuore di Gesù in un'aureola di fiamme. Praticavano ogni venerdì l'esercizio della disciplina e festeggiavano la festa del S. Cuore il venerdì seguente l'Ottava del Corpus Domini. (36) Poche notizie abbiamo sulla Società dei cacciatori. Dal verbale della Visita Pastorale a Tolfa del 1623, sappiamo che già erano ospitati presso la Cappella del SS. Salvatore dove si riunivano per onorare il loro Santo protettore. Non si trattava di una Confraternita, quanto piuttosto di una associazione laica, i cui membri erano uniti dalla attività che praticavano, ossia dal fatto di essere cacciatori. Questo sodalizio viene considerato come il più antico fra quelli che nel tempo sono stati istituiti a Tolfa. A riconoscere questo primato alla Confraternita del SS. Salvatore fu nel 1846 Mons. Francesco Spalletti, Vescovo di Sutri (Tolfa allora apparteneva a questa Diocesi). Questi ponendo fine ad un' annosa discussione sorta tra la Compagnia del SS. Salvatore e quella del SS. Sacramento, dopo aver esaminato e studiato attentamente la questione stabili che la Compagnia del SS. Salvatore doveva considerarsi la più antica del luogo. (37) In contrasto con la decisione presa da Mons. Spalletti c'è questo fatto storicamente accertato, avvenuto nel 1560 durante la Visita Pastorale a Tolfa. Il Vescovo chiese se c'erano alcune Confraternite e gli risposero: ci sono la Compagnia del Corpus Domini, quella della Misericordia et del Rosario, le quali sono bene istituite et assai devozione. (38) Abbiamo appurato, però, che la Visita Pastorale del 1560 fu brevissima. Inoltre, siccome la domanda fu rivolta al Rettore di S. Egidio, è probabile che in quel periodo la nostra Confraternita avesse sede in un altro luogo di culto. La disputa sul " primato di anzianità " tra le due Confraternite comunque non é del tutto conclusa. Il primo documento da noi rinvenuto in cui si parla dell'esistenza dell' Altare del SS. Salvatore nella Chiesa Collegiata di S. Egidio Abate risale al 28 marzo del 1609. E' una lettera manoscritta con la quale la Compagnia del Glorioso S. Giuseppe chiede al Vescovo di Sutri e di Nepi il suo placet per poter costruire un Altare tra quello del SS. Salvatore e la Cappella dei SS. Pietro e Paolo. (39) La prima volta in cui si fa invece ufficialmente riferimento alla Compagnia del SS. Salvatore é nella Visita Pastorale del 1621. (40) Nel verbale stilato al termine della Visita si dice che "all'Altare (del SS. Salvatore) viene celebrato di tanto in tanto e soprattutto nella festa della Beata Vergine Maria ".

Ed ancora nel verbale della Visita Pastorale del 1623 si dice che "...c'è l'Altare del SS. Salvatore, la cura del quale è affidata alla Confraternita dei lavoratori, agricoltori e cacciatori". (41)

Questa del riconoscimento del primato di anzianità non fu soltanto una disputa accademica perché tale riconoscimento comportava il diritto per la Confraternita di stare davanti agli altri sodalizi nelle varie processioni.

ORIGINI

L'istituzione di questa Confraternita è senza dubbio da collegarsi alla venerazione per il SS. Salvatore, una consuetudine che Tolfa con molte altre località del Lazio ha ereditato da Roma. Bisogna sapere che dal tempo di Gregorio II (730) a Roma c'è sempre stato un profondo culto per il Salvatore, come attestano anche le numerose chiese dell'Urbe che portano questa denominazione. Detto culto s'è focalizzato soprattutto intorno ad una antichissima immagine del Salvatore, conservata ai giorni d'oggi come nel passato nel "Sancta Sanctorum", cioè nella Cappella che sovrasta la Scala Santa e che per molto tempo è stata la Cappella personale dei Papi nel Patriarchio Lateranense. Di questa Cappella dalle piccole proporzioni è stato sempre detto che " NON EST IN TOTO SANCTIOR ORBE LOCUS " (Non esiste sulla Terra un luogo più santo). Ciò non tanto perché è stata la Cappella dei Pontefici, quanto piuttosto perché tra le sue mura venivano conservati immensi tesori d'arte e di fede. Il Sancta Sanctorum insieme con la Scala Santa e parte del Mosaico del Triclinio di Leone III, rappresenta quanto è rimasto di autentico dell'antico Episcopium o Patriarchium, che fu ufficialmente dimora dei Papi per quasi tutto il Medioevo. Vi si conserva l'Immagine Acheròpita del SS. Salvatore sopra l'Altare Papale. Sotto l'Altare, invece, venivano conservati il tesoro e le sacre reliquie. Gli sportelli di bronzo che li racchiudevano, sempre chiusi dal lontano 1521, furono aperti nel 1905 dal P. GRISAR per una ricognizione scientifica di ciò che li veniva conservato.

 Dopo questa indagine il 19 giugno del 1905 tutto il prezioso tesoro: reliquie, reliquiari, avori, teche, stoffe, pergamene venne trasferito nel Museo Sacro e Cristiano della Biblioteca Vaticana ed ivi inventariato ed esposto. Il 13 settembre del 1907, alla loro antica sede furono restituite soltanto le sacre reliquie.

L' i s c r i z i o n e "NON EST IN TOTO SANCTIOR ORBE LOCUS " viene fatta risalire ai tempi di Sisto V per la forma dei caratteri epigrafici. (42)

Tra questi una particolare importanza e devozione veniva attribuita ad un'immagine del Salvatore Acheròpita (non fatta da mani umane), che si riteneva fosse stata creata in maniera prodigiosa dagli Angeli e che fu oggetto di attenzione e di culto da parte dei Pontefici, della Curia, del popolo di Roma e dei pellegrini che ininterrottamente si recavano nell'Urbe per ammirare e venerare la Sacra effige.

Tre sono le leggende sorte sull'arrivo dell'Icona a Roma: una vuole che sia stata portata nella città da S. Pietro; un'altra da Tito al ritorno dalla sua spedizione in Giudea; un'altra ancora che essa abbia sostato a Costantinopoli, prima che da Gerusalemme raggiungesse Roma. Il culto verso l'Acheròpita diede con il passare del tempo origine a molte Confraternita, delle quali la più importante è quella del Salvatore ad Sancta Sanctorum, perché proprio ad essa venne affidato, tra l'altro, il compito di prendersi cura dell'Acheropita. Si discute ancora tra gli studiosi sull'origine di questo Sodalizio. Secondo il Moroni, che si richiama ad una notizia del Marangoni, essa sarebbe stata fondata da Giovanni Colonna, fatto Cardinale nel 1216 dal Pontefice Onorio III. Tale tesi tuttavia non trova riscontro in alcuna fonte storica. Più attendibile risulta la tesi di quanti vogliono che il Sodalizio sia stato fondato da Pietro Colonna una volta che fu fatto Cardinale da Nicolò IV nel 1288. Si legge in un manoscritto che fa parte dell'archivio della Compagnia: “Al Sancta Sanctorum di Roma sotto la custodia del Senato e del Popolo romano, e particolare vigilanza dei Sommi Pontefici, quelli che già congregati nel nome di Dio e dei Salvatore nostro Gesù Cristo, per cura del Reverendissimo cardinale Pietro Colonna e dell'autorità della Sede Apostolica, allo scopo di compiere opere di culto verso Dio e di Misericordia verso il prossimo, contrassero una Società o Fratellanza col titolo di Raccomandati dell'Immagine del SS. Salvatore, avendo stabilito ordinazioni per onorare la detta Immagine, costruire un ospedale, esercitare l'elemosina, praticare l'ospitalità e compiere altre opere di pietà e misericordia in favore dei vivi ed in suffragio dei morti ".

Dunque è il cardinale Pietro Colonna che ha organizzato e fatto approvare questo Sodalizio. Il titolo di Raccomandati porta comunque a ritenere che si tratti di una unione sorta a seguito del movimento dei "Flagellanti" all'epoca in cui nacquero le Compagnie di Raccomandati fusi poi in quella del Gonfalone. Il Sodalizio al momento della sua formazione pose come emblema l'Immagine Acheròpita raffigurata su un altare in mezzo a due candelieri. I Confratelli portavano una tunica talare,probabilmente gialla, un lungo cappuccio sulle spalle. Succesivamente questo abito non venne più usato.

Già nel 1500 intervenivano alle varie cerimonie con la veste delle grandi occasioni, detta "veste di città".

I Guardiani conservarono una divisa simile alla toga dei senatori: nera, con il collare, il bavero e le maniche larghe: di velluto per l'inverno e di damasco per l’estate. La Confraternita del SS. Salvatore di Roma con il passare degli anni incominciò a ricoprire e svolgere un ruolo cosi importante nella vita sociale e religiosa nella città che fu là prima ad essere eretta nel 1332 ad "Arciconfraternita"; il che, tra l'altro, comportava la prerogativa di poter affiliare altri sodalizi in e fuori Roma. (43)

La data del 1332, anno in cui, come si é detto, la Confraternita di Roma del SS. Salvatore divenne Arciconfraternita, é di importanza fondamentale, perché ci permette di stabilire in maniera abbastanza precisa il tempo in cui fu istituita a Tolfa la Confraternita del SS. Salvatore. Stando ad alcune testimonianze autorevoli, sappiamo che circa un secolo dopo che la compagnia del SS. Salvatore di Roma era stata elevata ad Arciconfraternita, a Tolfa veniva istituita la Confraternita omonima. (44) Ne deriva che l'istituzione della confraternita del SS. Salvatore di Tolfa deve essere fatta risalire a qualche anno dopo il 1432.

Come tutte le Confraternite che s'ispiravano al culto del Salvatore anche i Confratelli di Tolfa si procurarono una copia più o meno fedele dell'Acheròpita romana e incominciarono a dar vita alla tradizione della processione nella Vigilia dell'Assunta, di cui parleremo. Successivamente, come era allora una prassi consolidata, i Confratelli di Tolfa chiesero ed ottennero l'aggregazione alla primaria Arciconfraternita del Sancta Sanctorum. L'antica Immagine del SS. Salvatore, procuratasi dalla Confraternita di Tolfa é giunta fino a noi e rappresenta sul piano artistico la gemma della Chiesa di S. Egidio. (45)

Questa Immagine già si presentava in condizioni fatiscenti nel 1856. Infatti, nel verbale della Visita Pastorale di quell'anno, ad un certo punto si legge: "...Poi bisogna rimettere a posto con un giudizio di un architetto l'umidità intorno ad una tavola dipinta del Salvatore". E, successivamente, si aggiunge: " l'epoca in cui il dipinto fu fatto non si sa ma è stato fatto sicuramente da un artista quindi è necessario tenerlo con cura ". Nel verbale si riporta anche il parere espresso dal perito incaricato:

" Il perito dice che l'immagine presenta umidità e quindi deve essere rimossa affinché la tavola non si danneggi, e ciò a spese dell'Università degli Agricoltori (entro due mesi).

Non risulta comunque che né in questo periodo, né in tempi successivi siano stati eseguiti degli interventi di restauro sul dipinto. Soltanto in tempi recenti si é provveduto a restaurarlo. Esso, che prima era su tavola, é stato trasportato su un altro supporto durante il restauro che la Soprintendenza alle Gallerie e alle Opere d'Arte ha eseguito nel 1970-71. Vi si vede il Redentore seduto sulle nubi con il volto in un atteggiamento mite, dolce e tranquillo, inserito in una luminosa raggiera di gloria. Si presenta vestito di una tunica rossa con bordi e fregi dorati e con un mantello di colore azzurro anch'esso bordato, che parte e scende dalla spalla sinistra e avvolge completamente la parte inferiore del corpo. Il Redentore ha la mano destra levata in atto di benedire, mentre la sinistra regge un libro aperto dove é scritto: EGO SUM LUX MONDI. (sic) In alto sopra la figura del Salvatore, su due righe si leggono le parole: YESUS CRISTUS.

Il dipinto, da Filippa M. Alberti Gaudioso che ha diretto il lavoro di restauro, é stato attribuito ad Antonio del Massaro da Viterbo, detto il Pastura, un Pittore di scuola umbra attivo tra il 1478 ed il 1509, ed appartenente alla Scuola del Pinturicchio. (46)

 

STATUTI E CONSUETUDINI

 

Nonostante le ricerche effettuate, non siamo riusciti a trovare lo Statuto originale con il quale si dettarono le regole della Confraternita del SS. Salvatore al momento della sua istituzione né il documento della Bolla attraverso la quale nel 1746 Mons. Giacinto Silvestri, Vescovo di Sutri e Nepi, provvide ad un riordinamento della Confraternita stessa. E' da ritenere, pertanto, che questi documenti siano andati perduti.

Sulla base comunque delle notizie sulla Confraternita che sono arrivate fino a noi, (47) risulta possibile ricostruire nei tratti salienti tanto la struttura organizzativa della Confraternita quanto le sue consuetudini ed i suoi ambiti d'azione. Cerchiamo, prima di tutto, di vedere quale era la sua struttura organizzativa. La Confraternita alla quale, come si vedrà, appartenevano tutti gli agricoltori e gli allevatori di bestiame, era gestita da un Consiglio di amministrazione formato da un numero ben preciso di confratelli. Si dice nel verbale della Compagnia del l° gennaio del 1772: " Il signor Simone Paradisi fa Istanza di essere accettato per F.llo di q.sta Veneranda Compagnia. Il medesimo non fu posto a scrutinio per esservi alquanto il numero pieno e determinato di F. lli". (VOL. I)Torna su

Questo numero pieno e determinato a cui si fa riferimento era di 30 Confratelli, come chiaramente è detto in un successivo verbale stilato il 24 maggio del 1774, dove ad un certo punto si legge: Fu proposto a Sua Eminenza il Cardinale Panfili di aumentare il numero di confratelli oltre il prescritto di n.30"... (Vol. I) Questa istanza fu accolta    dal Cardinale anche per permettere che nella Confraternita potessero entrare alcuni confratelli di Allumiere. Il nuovo numero doveva essere, probabilmente, di cinquanta confratelli, come risulta da una tabella dell'anno 1830 in cui si riportano per la prima volta i nominativi di tutti i membri della Veneranda Compagnia. Dunque lo Statuto prevedeva e stabiliva in maniera rigida la composizione del Consiglio di amministrazione ed il numero dei confratelli poteva essere modificato solo dietro approvazione del Vescovo Diocesano o del Cardinale Protettore. In caso di morte, di dimissioni o di altro impedimento di un membro del Consiglio, esso veniva sostituito dai componenti del Consiglio che esaminavano le richieste avanzate. Una volta che il nuovo confratello veniva accolto nella Compagnia si procedeva alla funzione della sua vestizione. Questa avveniva secondo il seguente rito: il sagrestano preparava per il Sacerdote Cotta e Stola convenienti all'officio, una sedia sopra la predella dell'Altare, " in cornu Epistulae " il sacco della Compagnia col quale si doveva vestire il nuovo confratello ed una candela o torcia. Alla presenza di tutti i convenuti, si accendevano i lumi sopra l'Altare, si siedevano tutti e il Sacerdote si metteva la Cotta e la Stola con l'aiuto del sagrestano.

Successivamente, si siedeva anche lui e intonava il Salmo “Miserere mei Deus", che veniva cantato in coro dai Fratelli. Durante il canto i Maestri del nuovo confratello lo accompagnavano davanti all'Altare. Li il nuovo fratello restava in ginocchio, mentre i Maestri o ritornavano al loro posto o si inginocchiavano vicino a lui per aiutarlo a vestirsi. Seguivano altre preghiere. Dopo che il fratello era stato vestito, il Sacerdote intonava l'inno "Veni Creator Spiritus" ed i fratelli seguitavano a cantarlo.

Quando si arrivava a dire " Accende lumen sensibus ", il Sacerdote dava al nuovo confratello la candela accesa. Finito l'inno, si dicevano altre preghiere. Successivamente, il Sacerdote toglieva la candela al nuovo confratello e il novizio, in ginocchio, ascoltava le parole del Sacerdote che esprimeva parole di giubilo e lo esortava all'osservanza dei Capitoli della Confraternita. Quindi lo abbracciava ed i Maestri lo conducevano ad abbracciare gli altri confratelli. La cerimonia terminava con il canto del "Te Deum laudamus" ed una preghiera. (48)

Il controllo della Confraternita era esercitato direttamente dal Vescovo della Diocesi quando questi effettuava le Visite Pastorali mentre, nelle altre occasioni o necessità, veniva delegato il Rettore della Collegiata di S. Egidio Abate o un altro sacerdote della Curia Foranea. Spesso a rappresentare il Rettore della Collegiata erano due suoi sacerdoti, detti deputati ecclesiastici. Il Consiglio di amministrazione si riuniva di regola il l° gennaio di ogni anno (questa prassi é stata sempre rispettata) per provvedere alla nomina del Priore della Confraternita e di due sindaci che avevano il compito di interessarsi della regolarità del bilancio consuntivo. Compito del Priore era quello di rappresentare la Confraternita a tutti gli effetti, di curare i rapporti con le altre Confraternite, Associazioni e gli altri Enti e di presiedere le riunioni del Consiglio che all'occorrenza si effettuavano durante l'anno in data non fissa. Ai deputati spettava il compito di prendere visione del registro di contabilità della Confraternita tenuto da un segretario e di controllare l'esattezza delle entrate e delle uscite. In questo lavoro erano affiancati da un ecclesiastico, il cosiddetto Primicerio, di solito il Vicario Foraneo, incaricato di vigilare sulla Confraternita. L'ispezione terminava con un verbale dove spesso i sindaci ed il Vicario Foraneo o Primicerio facevano anche gli elogi al segretario contabile. In calce apponevano la loro firma. A partire dal 1° gennaio del 1834 venne istituita un'altra figura, quella dell'esattore o depositario perché " Si prestasse all'esigenza a pagamenti occorrenti come costuma nelle altre Confraternite, e sarebbero due soggetti alla Rappresentanza. Col solo Priore, come è stato praticato fin'ora, non si è potuto agire per il bene della Compagnia in quella guisa che possa aver contribuito all'integro utile e vantaggio della medesima e le cose più rilevanti sono rimaste sospese, per non dire quasi derelitte. Infatti il Sig. Priore si rinnova ogni anno.

Come il P.re può adempiere al suo incarico senza Fondi e senza Mezzi? Ancora non ha conosciuto l'Amministrazione quando termina il suo esercizio. Così stabilendosi anche l'officio di Depositario in soggetto diverso dal P.re potrà q.sto essere confermato anche per più anni ed interessarsi così per l'utile e vantaggio come accade nelle altre Compagnie e quantunque siano tenui le rendite, pure affezionato che fosse all'esercizio, potrà aiutarsi coll'elemosina e con i risparmi che nel giro di lunga Amministrazione potrebbero formare oggetto di rilievo. Si aggiunga poi che essendo 2 soggetti, avranno più animo e stimolo a ben dirigere la Compagnia e a sostenere i diritti della medesima ". (verbale l° gennaio 1834). (Vol. I) Durante la riunione del 1° gennaio si provvedeva anche alla nomina del Cappellano della Compagnia, del sagrestano della Cappella e del segretario, cui era affidata la contabilità. Sia il Cappellano che il sagrestano ed il segretario ricevevano un compenso annuale per i loro offici.

Le riunioni del Consiglio di amministrazione della Confraternita avvenivano nei locali della sagrestia della Collegiata di S. Egidio Abate e per il loro uso si provvedeva a dare una offerta al Rettore della Collegiata. Ai membri del Consiglio venivano risarciti solo le spese effettuate per curare gli interessi della Confraternita. Su tutte le decisioni che si dovevano prendere, occorreva il consenso dei consiglieri, che di volta in volta erano chiamati a manifestare ed esprimere la loro volontà dal Priore od altro consigliere.

Sappiamo con precisione quale procedura si seguisse: si votava avvalendosi dell'uso delle palle bianche ( voto positivo) o delle palle nere (voto negativo). Alcune volte si chiedeva da parte di qualche consigliere il ricorso allo scrutinio segreto e anche in questi casi si ricorreva al metodo delle palle bianche e nere. Nel verbale del 1° gennaio del 1765, siccome s'erano resi vacanti " tre luoghi " per la morte di tre consiglieri, il Consiglio dovette procedere alla loro sostituzione. Visto che coloro che avevano avanzato la richiesta di entrare a far parte del Consiglio erano quattro, un consigliere chiese che si decidesse a votare per "scrutinio d'equatore", un'espressione colorita e dal sapore popolare con la quale, a nostro avviso si voleva dire che bisognava mettere ai voti la proposta ed accettare come nuovi confratelli coloro che avessero ottenuto la maggioranza dei voti. (49) Abbiamo trovato anche un caso in cui la proposta fu accolta per "acclamazione di mano". (Vol. I) Ogni verbale del Consiglio di amministrazione riporta in calce la firma del suo redattore, generalmente un canonico.

Come era la divisa dei confratelli della Compagnia del SS. Salvatore, ci viene detto da Alessandro Bartoli, che per molti anni fu un sindaco della Confraternita. "La Compagnia sopra menzionata veste sacco bianco e batolo (una specie di mantellina o morretta abbottonata sul davanti} col cingolo cerulei. Bottoniera di eguale colore nel primo e amaranta nel secondo. Scudetto con la Immagine del Volto Santo". (50)

Il Bartoli si dimentica di dirci che i confratelli portavano anche un cappello bianco sul capo. Di questo cappello si parla in più riprese nei verbali della Compagnia. Le divise erano di proprietà della Compagnia stessa che s'interessava sia della loro cura sia dell'acquisto di altre nuove., quando fossero necessarie. Quando comunque, alcuni    abitanti di Allumiere ottennero di far parte della Confraternita furono invitati "a procurarsi il sacco". (Vol. I) Nel 1841 la struttura organizzativa della Confraternita venne in parte modificata perché oltre alle cariche di cui già s'è detto fu istituita la cosiddetta " Congregazione Segreta ". (Vol.I) In quell'anno, infatti, il Vescovo di Sutri e Nepi Mons. Francesco Spalletti rifacendosi ad una precedente disposizione emanata da Mons. Anselmo Basilici emanò un decreto con il quale ordinò alle Confraternite di organizzare al loro interno una Congregazione Segreta con il compito di trattare gli affari della Compagnia. In detto decreto si stabiliva che i membri della Congregazione Segreta dovevano essere scelti tra i confratelli che avevano almeno dieci anni di aggregazione e che i loro nomi dovevano esser estratti a sorte.

Nella riunione del 5 settembre del 1841 il "confratello Paolo Porfiri, pur dimostrandosi rispettoso del decreto emanato dal Vescovo, disse che non era possibile applicare completamente le regole stabilite perché erano pochi i confratelli che partecipavano alle riunioni In quanto alcuni erano in età avanzata ed altri presi da altre occupazioni. Avanzò, pertanto, la proposta di eleggere sei membri effettivi e quattro supplenti a scrutinio segreto non tenendo conto di tutte le clausole stabilite dal citato Decreto Vescovile". La proposta fu accolta.

La Confraternita del SS. Salvatore portava avanti le sue attività con le offerte spontanee dei suoi confratelli, con la " questua delle aie In occasione delle battiture ", (Vol. I) soprattutto di quelle di grano, con i contributi ad essa devoluti dalle Università degli Agricoltori e di Mosceria, con i proventi che ad essa venivano dalla tenuta della "Borzella" presso Allumiere, di cui era proprietaria e, nella seconda metà dell'Ottocento, da una tenuta ":I Prati Mariani", nei pressi di Ronciglione (Viterbo), di cui era allo stesso modo proprietaria. L'introito massimo della Confraternita si verificò nel 1883 e raggiunse la somma di lire 550,50 mentre l'esito (l'uscita) fu di lire 466,29 con un avanzo di lire 84,21.

Si legge in un verbale del 27 febbraio del 1820 desunto dal "Registro delle Congregazioni dell'Unità degli Agricoltori della Tolfa dall'anno 1811 all'anno 1831: "La Ven. Confraternita del SS. Salvatore, composta principalmente da q.sti Sig. Agricoltori e avette sempre in special modo alla loro Università, trovasi gravata dai debito di scudi 5,15 in favore della Compagnia dei SS. Sacramento e Cappelle Unite, per suppellettili di sagrestia, consumo di cera e rimborso di spese, fatte per ottenere la assoluzione delle Messe osservate da d.tta Confraternita. Non potendo essa sodisfare tal debito per la scarsezza a tutti nota delle vendite, supplica la di loro pietà, a volerle somministrare la d.a somma a titolo di elemosina". Dalla tenuta della Borzella che a partire dalla fine

del Settecento la troviamo data in "enfiteusi a terza generazione masculina" (Vol. I) ai Giordani di Allumiere (Antonio, Giuseppe, Luigi, Pietro, Pio e Panfilo Giordani) la Congregazione riceveva prima un canone annuo di 30:90 scudi e, successivamente, a partire dal 1869, un canone di lire 144,62. Le memorie della Confraternita sono ricche di continue controversie tra i Giordani e la Confraternita, dovute al fatto che i conduttori del fondo non mettevano in atto quelle migliorie per le quali avevano ottenuto la tenuta in enfiteusi.Torna su

Il rapporto con i Giordani durò fino al 1892. In quell'anno il fondo fu affrancato dai Giordani e passò al Demanio dello Stato, da cui la Confraternita continuò a ricevere un canone annuo di lire 133:00 per alcuni anni. Senza contrasto fu invece la gestione dei "Prati Mariani”. Gli affittuari del fondo, infatti, pagavano regolarmente il canone di affitto che veniva riscosso dal canonico della Collegiata di S. Egidio Abate e da questi versato alla Confraternita. Fino al 1869 il canone era di scudi 02:50 mentre, dal 1869 in poi, fu di lire 11:01. La Confraternita del SS. Salvatore, anche se, come s'è visto, si dovette interessare di problemi di natura economico/amministrativa, fu e rimase sempre un'istituzione laico/religiosa, com'era nello spirito dello Statuto e delle successive disposizioni che la regolarono. Sul piano eminentemente religioso il compito della Compagnia fu sempre quello di promuovere, divulgare e rendere vivo tra la gente il culto per il SS. Salvatore, che era poi il motivo di fondo per cui era stata istituita.

Della venerazione del SS. Salvatore e di altri Santi, che la gente dei campi considerava come loro protettori si dirà in un capitolo successivo. Qui prenderemo in considerazione altri scopi che la Confraternita si assunse con il passare del tempo.

Il 6 maggio del 1746 la Confraternita del SS. Salvatore fu sottoposta ad un " RIORDINAMENTO " da parte del Vescovo di Sutri Mons. Giacinto Silvestri. In virtù delle nuove costituzioni e dei decreti che per essa furono emanati, la Confraternita assunse anche l'impegno della "correzione del vizio della bestemmia" e finì così per assumere il nuovo nome di "Veneranda Compagnia del SS. Salvatore e della correzione della bestemmia". (Vol. I ) I fratelli "vestiti del loro sacco andavano per la terra e specialmente per li luoghi dove è concorso di popolo nei giorni festivi per correggere ed impedire il vizio della bestemmia". (Vol. I ) Durante il loro giro distribuivano un biglietto nel quale era scritto il seguente ammonimento:

 

FRATELLO DILETTISSIMO

RICORDATEVI

"PRIMO CHE, DIO VI SENTE

SECONDO, CHE DIO PRESTO VI HA DA GIUDICARE SOPRA OGNI PAROLA, MOLTO PIÙ SOPRA LA BESTEMMIA.

TERZO, CHE DIO VI HA DATO LA LINGUA PER LODARLO E BENEDIRLO E NON PER OFFENDERLO E DISPREZZARLO.

QUARTO, CHE SE VI ABBUSATE DEL NOME DI DIO IN VITA, NON SAPRETE E NON POTRETE INVOCARLO PER VOSTRO AIUTO IN MORTE".

(Vol. I)

La correzione del vizio della bestemmia stava molto a cuore alle Autorità religiose ed ai pastori della Diocesi che, a distanza di tempo, ripetutamente richiamarono l'attenzione dei fedeli su questo fenomeno negativo ed invitarono la Confraternita e non soltanto essa a far opera di convincimento e di persuasione a non bestemmiare.

Nel verbale della Compagnia del 16 giugno del 1774 si dice: Ai sig. presenti fu proposta come avendo avuto notizia l'Em. R.mo card. Panfili visitatore apostolico della città e Diocesi che delli Confratelli di questa Ven. Compagnia sia stata trascurata l'osservanza delle costituzioni dell'erezione di questa Compagnia e specialmente per ciò che riguarda la correzione del vizio della bestemmia come precisamente viene prescritto dal fu Mons. Silvestri Vesc. di Sutri e Nepi nei Decreti fatti il di 6 maggio 1746, ordina l'Eminenza Sua che sempre debbano osservarsi tali costituzioni e decreti (Vol. I) Sulla correzione del vizio della bestemmia insistettero pure i predicatori delle Sante Missioni di cui abbiamo notizia:

quella del 1805, tenuta dai Padri Passionisti, e quella del 1862 portata avanti dai Gesuiti. Le Missioni contribuirono a riaccendere anche gli animi dei confratelli della Compagnia che promettevano di impegnarsi In tale loro compito. Si dice testualmente nel verbale del 2 febbraio del 1805, redatto ad un mese di distanza della fine della Missione ricordata: " Avendo li P.P. Missionari nella loro missione del primo passato mese inculcato con calore che venga in questa nostra Confraternita ripristinata la pia consuetudine ed esercizio di procurare, cioè con ogni premura, l’ estirpazione della bestemmia conforme porta l'istituzione della nostra Confraternita e coll'osservanza perciò di quei mezzi e regole già stabilite nella Bolla d'istituzione, perciò il Sig. Paolo Porfiri propone che da qui innanzi in ciascun giorno festivo debbano due F.lli da eleggersi per turno vestiti col sacco della Confraternita, girare per il Paese, per procurare l'estirpazione e perciò facciano uso di quei mezzi e regole già stabilite, come si presti cura nel passato" (Vol. I). (51)

Sul problema della lotta contro il vizio della bestemmia si ritorna pure nella Congregazione Generale, che la Confraternita tenne il 5 settembre 1841, dopo la Visita Pastorale del Vescovo dl Sutri e Nepi fatta il 16 luglio dello stesso anno.

Il Vescovo aveva dovuto contestare che i confratelli della Società del SS. Salvatore non si riunivano più per gli uffizi divini né si “vestivano del loro sacco ne intervenivano più alle processioni della Chiesa e pertanto aveva incaricato il suo Vicario Foraneo e l'arciprete Parroco, di organizzare una congregazione generale della Confraternita, dopo che erano terminati gli abituali lavori di Compagnia. Durante la congregazione generale il confratello Paolo Porfiri disse:

"Il motivo per cui la Compagnia non più adempie i propri obblighi di intervenire alle processioni e di andare nei di festivi alla correzione dei bestemmiatori essere stato quello di venirgli contrastata la precedenza della Compagnia del Santissimo Sagramento di recente istituita e che questa volta la Compagnia medesima veniva reintegrata nel suoi diritti, avrebbe puntualmente soddisfatto ai propri doveri". (Vol. I) Il signor Arciprete Bartolomeo Pucilli disse che non era assolutamente vero che la Compagnia del S.S. Sagramento era stata costituita di recente, perché dalle memorie esistenti risultava che esisteva prima della formazione della Collegiata di S. Egidio ed aggiunse altresì che tale Compagnia non aveva mai reclamato la precedenza durante le processioni se non in quelle in cui si portava in giro per il paese il SS. Sagramento, dove competeva ad essa il primo posto per tante decisioni precedentemente prese su questo problema.

Poi, citiamo testualmente, " fece conoscere il vantaggio spirituale che avrebbe ricavato la Compagnia medesima (quella del SS. Salvatore) se si fosse prestata per la correzione di bestemmiatori, facendo altresì conoscere quanto sia grave l'offesa che con la bestemmia si arreca alla Maestà Divina...e che perciò essere questi uno dei migliori Istituti che possino esistere nei paesi tanto accetto al Signore e di Somma Edificazione alla popolazione, facendo ancora conoscere lo scandalo che derivava al popolo dal non vedere più una tale compagnia nelle processioni, tanto più che essendo composta dalle primarie e possidenti del paese serviva di sommo decoro e di edificazione esortando perciò tutti i f.lli congregati a provvedersi del sacco e di altro occorrente per intervenire alle processioni ed osservare esattamente il loro istituto e tanto più offese questa la mente dell'Ecc. Francesco Spalletti Vesc. Diocesano. Tutti i f.lli congregati penetrati dalle verità esposte promisero che in avvenire non avrebbero mancato di riprendere l'uso dell'intervenire alle processioni nonché di andare per turno alla correzione della bestemmia, dicendosi pronti d'incominciare con il prossimo mese di ottobre"... (Vol.I) Ed ancora. Sul problema della bestemmia ritornò pure nel 1846 il Vescovo della Diocesi Patricelli il quale, come ci informa l'estensore del verbale della riunione, rammentò "le S.S. Indulgenze concesse dai Sommi Pontefici e specialmente dalla S. M. di Benedetto Papa XIV, lucrabili da tutti quelli che si prestano per amore di Dio alla correzione medesima". (Vol. I)

A distanza di alcuni anni sulla lotta contro la bestemmia si soffermarono pure i Gesuiti che nel 1862 tennero una Missione in Tolfa, per l'organizzazione della quale la Confraternita del SS. Salvatore diede il proprio contributo di scudi 02:50. Dunque, i richiami ai confratelli perché s'impegnassero per l'estirpazione del vizio della bestemmia sono stati molti a distanza di tempo. Questo perché da un attento esame dei verbali della Congregazione risulta che in certi momenti i confratelli trascurassero quasi del tutto questo loro impegno fondamentale.

PIETA' RELIGIOSA E LITURGICA 

Come attestano i verbali della Compagnia, il Consiglio di amministrazione dedicava particolare attenzione alla cura della Cappella del SS. Salvatore, provvedendo di continuo all'abbellimento ed alla manutenzione dell'Altare che veniva corredato sempre di nuovi candelieri e paramenti sacri.

Il Cappellano officiava Messe e cerimonie religiose non solo durante le festività dell'Assunta e successivamente della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo o durante la cerimonia dell'accettazione di nuovi confratelli, ma anche in tutte le feste di precetto e nel primo venerdì di ogni mese. (VOl. II) Da un esame statistico delle varie Messe che venivano celebrate per conto della Pia Unione sull'Altare della Cappella, è emerso che la media annuale delle Messe, negli anni in cui la Confraternita è stata veramente attiva, è stata di circa ottanta. (VOl. II) Tra le opere pie, una particolare importanza veniva data, da parte della Confraternita, anche alla sepoltura dei suoi membri. I defunti della Confraternita appartenenti al ceto più agiato, almeno fino a quando si usava seppellire i morti in Chiesa, (il cimitero comunale di Tolfa è stato costruito nel 1860) venivano sepolti nella Chiesa Collegiata di S. Egidio Abate perché alla Confraternita del SS. Salvatore era stato riconosciuto tale diritto insieme ad altre Confraternite, (come già s'è detto.)

Di questo luogo i confratelli si prendevano amorevolmente cura, come ben si comprende dalla lettura del verbale della Compagnia del 14 marzo 1748, in cui si propose di sistemare la sepoltura della Compagnia e di collocarvi sopra una nuova lapide del costo di 10 scudi. La Confraternita partecipava alla processione del Venerdì Santo. I confratelli, vestiti con il proprio sacco, prendevano parte al sacro rito portando in processione il Cristo di loro proprietà. Dal verbale della Confraternita del 2 febbraio 1774: Ai quali fu proposto che attesa la necessità delle cinture necessarie per portare il Cristo della Compagnia, il Sig. Antonio  Bonfanti Priore Ordirò e fece costruire esse cinture in numero di tre e si riconobbe per spesa scudi 9:75”. (Vol. I) Il numero di tre cinture era giustificato dal fatto che tre erano i confratelli che s'incaricavano di portare il Cristo durante la processione. Questi procedevano allineati davanti agli altri confratelli e si davano di tanto in tanto il cambio in modo da avere forze sufficienti per compiere tutto il percorso. I confratelli della Compagnia si interessavano pure di opere di beneficenza e di carità.

Nella riunione del 6 novembre del 1795, i confratelli della Compagnia, su proposta di Domenico Bartoli, decisero di dare un contributo " di 30 scudi per ora da pagarsi entro il mese di dicembre venturo " per contribuire ad un "ornamento" non meglio specificato da elargire in dono al Sommo Pontefice Pio VI. (Vol. I) La Confraternita sovvenzionava annualmente anche una "Scuola Pia". Nel primo verbale della contabilità giunto fino a noi e redatto nel 1860, al punto 8 dell'esito (uscite) si legge: "...per il solito contributo alla Scuola Pia a tutto 1’ anno 1860 come da ricevuta scudi 03:00". (Vol. II) L'aggettivo "solito" fa pensare che l'istituzione operava già da parecchi anni. La somma veniva data al Canonico Francesco Focheschi, che a sua volta la consegnava alle Suore, le Maestre Pie Filippini, le quali agivano ed operavano in Tolfa fin dal 1715. (Queste scuole furono fondate in più luoghi da S. Lucia Filippini. Alcuni parenti della Santa si trasferirono a Tolfa dove vissero nella contrada della "Costa ") . (52)

La Confraternita continuò a sovvenzionare questa scuola anche quando nel 1884 fu trasferita presso il Comune e sicuramente fino al 1898, anno in cui hanno termine le registrazioni degli introiti e degli esiti. (Vol. II) Nel 1859 la S. Sede, si trovò a chiudere il bilancio con 80.000 scudi di deficit. Tutti i fedeli " fecero a gara" per dare il loro contributo che fu detto Obolo di S. Pietro. Comitati speciali sorsero in Italia nelle singole parrocchie, presieduti dai parroci, per fare questa raccolta di denaro. La Confraternita del SS. Salvatore rispose all'appello nel 1861 con un contributo di scudi 01:50. (Vol. II) Né mancarono mai da parte della Confraternita interventi in denaro per pagare la tassa sul clero, sui beni ecclesiastici e per far fronte alle spese delle varie visite pastorali. (Vol. II)

A beneficiare della carità e pietà dei confratelli del SS. Salvatore furono molte volte anche i P.P. Cappuccini di Tolfa e in ciò la Confraternita si avvaleva della collaborazione delle Congregazioni dell'Unità degli Agricoltori, da cui provenivano i suoi confratelli. Riportiamo una delle tante lettere scritte dai Superiori del Convento dei Cappuccini di Tolfa: "3 aprile 1820. Il P. Gio. Giacomo da Cerchiano, Guardiano dei PP. Cappuccini di Tolfa . Torna su

Agli Sigg. Rettori della Cong.ne de' Sigg. Agricoltori. Il P. Gio. Giacomo da Corchiano Guardiano dei P.P. Cappuccini del Conv.to della Tolta, invia a voi, Sigg. Rettori, la presente memoria ed insieme esporre che le vistose spese fatte per la provvista del vino, calce ed altro lo hanno sottoposto a fare dei debiti. Non avendo, onde corrispondere, ricorre alla loro carità, sperando di ottenere da q.sta loro Congregazione de Sigg. Agricoltori un qualche sussidio". (53)

Infine, un'altra puntualizzazione. La Confraternita, oltre ad interessarsi del culto del SS. Salvatore, di S. Isidoro e S. Antonio, interveniva per addobbare la Chiesa Collegiata di S. Egidio Abate in tutte le principali festività religiose del Paese; nella festa di S. Egidio Abate, patrono di Tolfa, come nelle festività 'della S. Pasqua, del Corpus Domini, dell'Assunta e del S. Natale. In queste ricorrenze si comperava ogni anno sempre un quantitativo di ceri e candele che non si sa con precisione se servissero per abbellire maggiormente la Cappella del SS. Salvatore o per far fronte alle necessità dell'intera Chiesa di S. Egidio Abate. (Vol. II) Registro delle Congregazioni dell'Unità degli Agricoltori della Tolfa, dall'anno 1811 al 1831, n.260.

 4. CULTO DEL SS. SALVATORE, DI S. ISIDORO E S. ANTONIO ABATE.

Il luogo di culto della Confraternita del SS. Salvatore era rappresentato da un Altare, di proprietà della Compagnia costruito prima del Seicento, che si trovava nella Chiesa di S. Egidio Abate subito dopo l'Altare, tuttora esistente, del Transito di S. Giuseppe.

Quest'Altare, nel 1670 fu decorato con affreschi che, come attesta il Notaio Marco Buttaoni, incominciarono subito a deteriorarsi. Qui veniva conservata e venerata l'immagine, ritenuta miracolosa, del Salvatore. (54)

Nella seconda metà dell'Ottocento si decise di dare a quest'immagine una sede più degna. Si abbatté il precedente Altare e si pose mano alla costruzione di una Cappella più ampia ed interna, che ancora oggi è l'unica Cappella che s'apre nella navata sinistra della Chiesa di S. Egidio Abate. Alla realizzazione di questa opera contribuirono il Vescovo diocesano Mons. Francesco Gandolfi, il Collegio dei canonici e l' Università Agraria. L'ammontare preciso del contributo elargito dal Vescovo risulta registrato nella contabilità della Confraternita relativa all'anno 1870: " E più lire Quaranta elargiti da Sua Eminenza Rev.mo Degnissimo Vescovo per elemosina finché sia subito incominciata la nuova Cappella ". (Vol. II) Questa fu ultimata nel 1872.

Vi si doveva apporre, ma ciò non é stato mai fatto, la seguente iscrizione, il cui testo é conservato nelle carte di Alessandro Bartoli:

 

IMAGO PRODIGIALIS

CHRISTI

LUCIS MUNDI UMANIQUE GENERIS SERVATORIS DESIGNATI

QUAM

TULPHENSES ABHINC ANN CCCLXX

PIE ET IMPENSE COLUNT

EX ARA OBSOLETA

QUAE JAM INTERMEDIO DIRUTO PARIETE EXTABAT

TRANSLATA EST AD HOC SACELLUM QUOD

FRANCISCUS GANDOLFIUS ANTISTES N. ORDO CANONICORUM ET AGRICOLARUM SOCIETAS

AERE COLLATO

CONSTRUENDUM A FUNDAMENTIS ET EXORNANDUM CURAVERUNT AN. MDCCCLXXII (55)

 

I due luoghi di culto furono sempre accuratamente tenuti dai confratelli della Compagnia, come risulta dai verbali delle riunioni e dal registro di amministrazione della Confraternita stessa, dove vengono citate tutte le decisioni prese e riportate tutte le spese effettuate per provvedere alle riparazioni del tetto e degli intonaci ed all'acquisto delle candele, dei paliotti, dei candelieri, dei damaschi, dei reliquiari occorrenti. (56)

La festa del SS. Salvatore, si celebrava il 15 di agosto di ogni anno, nella festività dell'Assunzione di Maria SS. in Cielo.

Durante questa festività, a Roma ed in altre città e paesi si celebrava una solenne processione in onore del SS. Salvatore. Nelle memorie storiche della Chiesa di Roma, è rimasta famosa la grande processione che si svolgeva nella notte avanti la festa dell'Assunta, secondo il costume delle antiche processioni romane. Questa processione superava il significato di un solenne rito religioso per rivestire il carattere di un vero trionfo di Cristo Come gli antichi imperatori, reduci dalle vittoriose campagne militari, ricevevano il trionfo in Roma, così l'Immagine Acheropita veniva portata in processione lungo la Via Sacra, sotto l'Arco di Tito, nel Foro Romano, ai piedi del Campidoglio e, infine, nella Basilica di S. Maria Maggiore, per celebrare la potenza, la gloria e la vittoria di Dio su tutti e su tutto. Vi partecipavano la Corte Pontificia, il popolo e le Corporazioni Romane rappresentate da un cospicuo numero di artigiani e tutti riconoscevano pubblicamente la sovranità di Gesù Cristo e Gli tributavano onori più che regali.

Ogni Arte portava un enorme doppiere di cera del peso di 500 libbre, collocato sopra una macchina di legno, su cui erano dipinti gli strumenti dell'Arte stessa e le insegne che ne erano il distintivo. Degno di nota è che nel corteo il primato veniva concesso alla "antiqua e nobilis ars agricolturae", a cui si riconosceva pure il diritto di portare due doppieri. In questa circostanza arrivava a Roma una moltitudine enorme di persone, anche da luoghi lontani, desiderose di vedere la Divina Immagine del Salvatore.

 

Movesi il vecchierel canuto e bianco

del dolce loco ov'ha suo età fornita

..E viene a Roma seguendo il desia

Per mirar la sembianza di Colui

ch'ancor lassù nel ciel veder spera" (Petrarca, sonetto 12). (57)

 

A Corneto (Tarquinia) la processione del SS. Salvatore si svolgeva il 14 agosto di ogni anno. Il corteo partiva dalla Chiesa di S. Maria (e) Margherita, attuale Cattedrale della città. In questa Chiesa, infatti, esisteva nel passato la Cappella del Salvatore dove si conservava l'Immagine molto antica e venerata del Salvatore in un armadio posto in una nicchia sopra l'Altare. Attraversava tutta la città, ad eccezione delle località di S.Martino   e di Casa Falzacappa, Passava successivamente davanti le  case di S. Spirito e si accoglieva nella Chiesa di S. Maria in Castello. (58)

A Civitavecchia la processione del Salvatore si svolgeva nel giorno della festa dell'Assunta. La processione partiva dalla Chiesa di S. Maria, (la Chiesa é stata distrutta da un bombardamento durante l'ultima guerra) dove era venerata l'Immagine del Salvatore e si concludeva nello stesso luogo. Vi partecipavano le Confraternite del Gonfalone, del Nome di Dio e della Morte. Il regolamento stabiliva che il quadro fosse prelevato dalla Chiesa dai confratelli del Gonfalone, che durante la processione lo dovevano cedere a quelli del Nome di Dio, i quali, poi, lo dovevano consegnare a quelli della Morte, perché lo collocassero di nuovo al suo posto. I membri della Confraternita del Nome di Dio si lamentavano spesso perché molti confratelli della Compagnia della Morte abbandonavano la processione prima che essa terminasse e lasciavano soltanto a quattro di loro il compito di accompagnare il quadro al rientro. Incominciarono allora a chiedere il diritto di portare la "macchina" con sopra il quadro del Salvatore fino alla Chiesa, per poi essere sostituiti nel resto. Nella processione dell'anno 1822 ricorsero alla forza per togliere la "macchina" a quelli della Morte ma non vi riuscirono. Insulti e violenze si ripeterono durante la processione dell'anno successivo tanto che dovette intervenire la Curia Vescovile per risolvere la controversia. (59)

Nella vigilia dell'Assunta, anche qui a Tolfa, su imitazione della grande processione romana, si svolgeva una solenne processione. I Confratres agrarii " trasportavano in bene apposita macchina per la terra l'effige del SS, Salvatore, chiudendosi il corteo nella Cappella". (60) Al termine della processione si svolgeva una singolare cerimonia. Il Cappellano della Confraternita benediceva delle candele, che successivamente venivano distribuite ai fedeli da un membro della Compagnia vestito col suo sacco il quale prendeva nota dei fedeli che ricevevano la candela. Ciascun fedele si impegnava a fare l'offerta di uno staio di grano o di un'offerta maggiore "secondo la loro condizione e la loro possidenza". (Vol. I)

Anche questa era una consuetudine che imitava la raccolta di grano che veniva eseguita in Roma dai Consoli dell'Arte agraria allo scopo di festeggiare la solenne Processione coll'Immagine Acheròpita del Sancta Santorum. Questa usanza, qui a Tolfa, finì per scomparire nella prima metà dell'Ottocento e forse dal momento in cui la festa patrocinata dalla Congregazione fu anticipata al 6 agosto, giorno in cui si ricorda la Trasfigurazione del Signore. Da allora non fu più ripristinata, anche se dai verbali risulta che più volte i confratelli avanzarono l'opportunità di ripristinare tale consuetudine al posto della questua del grano. Oltre che al SS. Salvatore, la Confraternita dedicava una particolare venerazione anche ad altri due Santi, tradizionalmente invocati da chi lavorava la terra e da chi possedeva bestiame: a S. Isidoro, (61) ed a S Antonio Abate. Di ambedue, la Confraternita possedeva un'immagine dipinta su tavola. Il quadro di S. Isidoro, era collocato sullo spessore del pilastro di destra della volta attraverso la quale dalla navata centrale della Chiesa di S. Egidio si accede alla navata sinistra e da questa alla Cappella del SS. Salvatore. Torna su

Una prima immagine, andata perduta, ritraeva S. Isidoro nell'atto della sua canonizzazione. Questa fu effettuata il 12 maggio 1622 da Gregorio XV che quel giorno, insieme a S. Isidoro, elevò agli onori degli Altari Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Teresa d'Avila e Filippo Neri. Attualmente, nello stesso posto possiamo ancora ammirare un'altra immagine di S. Isidoro, dipinto da Vincenzo Pacelli nel 1866, come attestano la firma e la data posta sul dipinto dall'artista. Il quadro raffigura il Santo in ginocchio e nell'atto di far scaturire prodigiosamente l'acqua dal suolo. Dietro si vede l'immagine di un Pontefice, probabilmente Gregorio XV che lo santificò. Con la mano destra il Santo tiene uno "sterratore" ossia un rudimentale raschiatoio dal manico lungo, che gli aratori nel passato usavano per togliere le zolle che s'attaccavano all'aratro, costringendo i buoi ad una fatica maggiore. I fratelli della Compagnia, oltre al quadro del Santo, avevano provveduto a far dipingere la sua immagine anche su una bandiera con cui partecipavano alle varie processioni. La bandiera era ben tenuta. (62) (Vol. II)

Si legge nel libro dell'amministrazione della Confraternita: Li 30-6-1862. al molto Rev.do sig. Can.co D. Francesco Focheschi per avere aggiustata la Bandiera di SAN ISIDORO che portano in processione li sig. Fratelli (scudi.) 00:30...'. (Vol. I) La festa in onore del Santo si celebrava il 10 maggio di ogni anno. Come ci informa Alessandro Bartoli, l'Università degli Agricoltori, desiderando che ci fosse una distinta festa annuale per il proprio Patrono, alla fine del secolo XVIII si prodigò per ottenere tale riconoscimento e la Sacra Congregazione dei Riti, il 9 aprile del 1785 concesse l'Uffizio e la Messa di S. Isidoro in rito doppio di Prima Classe coll'Ottava. (63) Altro Santo, oggetto di venerazione da parte dei confratelli della Compagnia del SS. Salvatore, già l'abbiamo accennato, era S. Antonio Abate, protettore degli allevatori di bestiame. (64) L'immagine del Santo di proprietà della Confraternita è andata perduta. Essa si trovava di fronte a quella di S. Isidoro, vale a dire sullo spessore del muro sinistro della volta che dalla navata centrale della Chiesa di S. Egidio Abate porta alla Cappella del SS. Salvatore.

Alessandro Bartoli ci informa che questa immagine già nella seconda metà dell'Ottocento era "per vecchiezza deperita (65) ( Il culto di S. Antonio Abate a Tolfa non era soltanto un monopolio dei Confratelli della Compagnia del SS. Salvatore. Nei secoli passati, infatti, a Tolfa sono esistiti altri luoghi in cui la venerazione di S. Antonio Abate assumeva una particolare rilevanza. Un Altare del Santo si trovava presso la Chiesa di Santa Maria della Misericordia. (66) Dai documenti storici giunti fino a noi, non risulta che i Confratelli della Compagnia del SS. Salvatore, dedicassero cerimonie particolari al Santo nella loro Cappella di S. Egidio, fino a quando il culto per S. Antonio rimase vivo presso la Chiesa della Misericordia ed il Santuario della Sughera. E' da ritenere che essi partecipassero insieme a tutte le altre Confraternite alle manifestazioni religiose e folcloristiche organizzate dalla Compagnia dei Cavallari di Tolfa e delle Lumiere. Dopo la dissacrazione della Chiesa della Misericordia e la dedicazione a S. Nicolò da Tolentino della Cappella di S. Antonio nella Chiesa della Sughera, il culto per il Santo si trasferì nella Chiesa di S. Egidio Abate, dove fu continuato ad opera della Confraternita del SS. Salvatore e dell'Università Agraria, che seguitarono a praticare i riti e le manifestazioni già in voga.

La venerazione di S. Antonio Abate, a differenza di quella per il SS. Salvatore e per S. Isidoro ha resistito “all’iniuria temporis". Ancora oggi, con la collaborazione dell'Università Agraria e della Pro-Loco, il 17 gennaio di ogni anno i contadini e gli allevatori celebrano la festa del Santo. Nella sera della vigilia della festa, la statua di S. Antonio Abate viene portata per le vie del Paese. (67) Alla fine del '400 sul territorio di Tolfa esistevano due attività economiche profondamente distinte tra di loro: una economia preindustriale consistente    nello sfruttamento delle risorse minerarie dell'allume ed una economia agricolo/pastorale di tipo postfeudale, che registrava anche il riconoscimento di proprietà acquisite nel campo dell'agricoltura. (68)

Nonostante che lo sfruttamento dell'allume venisse acquistando proporzioni sempre più vaste e Tolta diventasse un centro di grandi interessi economici ed un luogo di confluenza di appaltatori, di funzionari, di operai, insomma di gente interessata alla nuova industria, i Tolfetani continuarono a restare essenzialmente fedeli alla loro antica vocazione agricolo/pastorale. A partire dalla prima metà del Cinquecento esistevano a Tolfa anche due Università: quella detta degli Agricoltori o Boattieri che si interessava della coltura dei cereali e quella dei Moscettieri che badava all'attività della pastorizia. Su queste due istituzioni ritorneremo ad interessarci in un capitolo a parte. Qui a noi interessa fin d'ora mettere in evidenza che già in questo periodo esistevano due libere associazioni o, se si preferisce dire due corporazioni di mestiere, nate con lo scopo di difendere gli interessi dei loro soci, di stabilire l'uso e la ripartizione dei fondi agricoli collettivi di stipulare accordi e contratti per lo sfruttamento di terreni di proprietà di altri Enti ai fini della fienagione, del pascolo e della semina, di risolvere liti e controversie varie e di riscuotere prebende. Tra le due Università citate e la Confraternita del SS. Salvatore c'è stato sempre un proficuo coniugio, anche perché formate dalle stesse persone.

In un Verbale della metà dell'Ottocento si legge come per la Cappella del SS. Salvatore contribuiva l'Università degli Agricoltori e della Mosceria nata dalla fusione delle due Università citate "trattandosi che questa Confraternita è composta di tutti gli agricoltori che compongono l'Università medesima". (69) (VoI. I) Un'iniziativa veramente originale e profondamente significativa per le finalità sociali che si proponeva, fu l'istituzione del "Monte Frumentario" o "Monte dei poveri". Questa istituzione che viene fatta risalire al Papa Pio V ed alla sua LXXV Costitutio con la quale "facultas datur 21 Congregationibus alienandi bona, census creandi montesque erigendi" prese corpo a Tolfa il 19 marzo del 1628. Si trattava di questo. Attraverso le elemosine spontanee di grano o con denari, anch'essi dati in elemosina si raccoglieva un certo quantitativo di grano che poi veniva concesso in prestito alla gente che ne aveva bisogno e che prometteva di riconsegnarlo alla raccolta con un certo interesse. Ricorrevano al Monte Frumentario soprattutto i Tolfetani che dovevano preparare una dote in previsione del matrimonio della figlia. Nella amministrazione di tale Associazione troviamo, nel 1776, anche Antonio Adami e Pietro Mignanti, i quali per parecchi anni fecero parte della Confraternita del SS.Salvatore. Nel 1762, troviamo depositario di questa organizzazione Domenico Buttaoni il quale fu lodato per l'onestà amministrativa, anch'egli membro della suddetta Confraternita. (70)

Le diverse attività presenti sul territorio di Tolfa finirono per accentuare la disparità delle condizioni economiche e per creare con il passar del tempo una stratificazione sociale: da una parte c'era la classe dei benestanti, formata dai ricchi proprietari di bestiame e di appezzamenti di terra e dagli imprenditori nelle varie attività economiche; dall'altra c'erano i braccianti, coloro che lavoravano la terra con la zappa o che mettevano le loro braccia a disposizione di chi aveva bisogno per motivi diversi di manodopera.

Dunque l'attività agricolo-pastorale sul territorio di Tolfa già a partire dalla prima metà del Cinquecento presentava una propria struttura organizzativa. Da questo tessuto sociale fatto di contadini e di allevatori di bestiame provenivano coloro che facevano parte della Confraternita del SS. Salvatore. Ciò è ufficialmente confermato da alcune affermazioni più volte ripetute nei Verbali della Congregazione dove si legge che  "Omnes Confrates sunt agrarii". (71)

Il 21 giugno del 1841 il Vescovo di Sutri e Nepi Mons. Francesco Spalletti convocò i membri del sodalizio e nessuno di essi si presentò perché, come si legge nel Verbale " occasione messis et triturationis frumenti hoc presertim tempore non poterunt accedere". (72) La maggior parte dei membri del Consiglio di amministrazione della Confraternita appartenevano alla classe più ricca e culturalmente evoluta del paese, ossia a famiglie come i Celli, i Buttaoni, i Bonizi, i Mignanti, i Bartoli, i Pucilli, i Bonfanti, gli  Zoppini, i Franciosi, i Paradisi, i Porfiri, i Giovita, i Valentini, i Natali, i Ruina, i Breschi, i Montebovi, i Berardozzi, i Tordini, i Capalti, i Racchi, gli Ottavi, i Torroni i Chiavoni, i Pergi, i Bargiacchi che, in epoche diverse, hanno svolto un ruolo primario nella comunità di Tolfa, arrivando spesso anche a conseguire e svolgere cariche importanti nel campo civile e religioso. A conferma di ciò, riportiamo in Appendice A le varie notizie che siamo riusciti a raccogliere su alcune famiglie citate e su alcuni dei loro membri.

Ed ancora. La Compagnia del SS. Salvatore oltre ad essere stata gestita ed amministrata da molti membri delle "famiglie primarie" di Tolfa, ha avuto l'onore di poter annoverare fra i suoi protettori anche due eminenti Cardinali: Cosimo Imperiali e Pietro Panfili. Il Cardinale Imperiali, che amava trascorrere parte delle sue vacanze in Tolfa e nutriva una particolare devozione verso la Madonna di Cibona, divenne protettore della Confraternita nel 1746 ed accettò pure la carica di Primicerio, ossia di capo e superiore della stessa. (73) Il Cardinale Pietro Panfili, invece, diventò protettore della Confraternita all'epoca della sua Visita Apostolica nella città e Diocesi di Sutri.

Leggiamo nel verbale della Confraternita del SS.Salvatore, redatto il giorno 16 giugno 1774: " insorse il signor Bartolomeo Pucilli e consultandolo disse che si rendano grazie all'Emin.za dell 'onore e favore che fa alli confratelli e della cura provvida che Si prende e - il buon regolamento e direzione di q.sta Confraternita e dell'adempimento degli atti ed azioni ed esercizi spirituali delle q.li è stata eretta, restando accettati per confratelli degli soggetti prescelti dall'E. Sua et aggregati alla medesima Confraternita per esercitare ed adempiere le dovute incombenze nelle Allumiere e il Sig. Gard. Francesco Panfili per direttore secondo la mente aell'E. Sua' (Vol.I) Nella stessa riunione, i confratelli di Tolfa dopo aver ottenuto dal Cardinale l'autorizzazione di aumentare il numero di confratelli oltre il prescritto di n° 30 al fine di far “discorsi esortatori al fervore necessario contro il vizio della bestemmia e all'applicazione dei predetti esercizi. .., siccome non possono aiutare quelli di Allumiere per adempiere a tali incombenze e decreti della Bolla iscrivon e nominano per aiuto alcuni confratelli di Allumiere: Giovanni Polverosi Antonio Perulli - Girolamo Bianchetti - Vincenzo Pericoli - Giovanni Soperchi”. (Vol. .I)

Così nella Confraternita del SS.Salvatore da questo momento incominciano a potervi far parte anche gli abitanti di Allumiere.

 

RAPPORTI CON LA COMUNITÀ' E LE ALTRE CONFRATERNITE

 

Le vicende della Confraternita del SS.Salvatore, già l'abbiamo accennato, sono strettamente collegate a quelle dell ' Università degli Agricoltori e dell' Università del Moscettieri , anche perché, come s'è detto in più di una occasione, la maggior parte dei confratelli della Compagnia guidava le sorti delle due Università. E' opportuno, quindi, ricostruire sia pure per sommi capi la storia di queste due Università, in modo da conoscere le varie fasi, attraverso le quali si è giunti all'istituzione dell'attuale Università Agraria. Da alcuni studiosi di storia locale (Ottorino Morra, Ferdinando Bianchi) la nascita dell'Università degli Agricoltori viene fatta risalire al 1620 e quella della Mosceria al 1710. Ciò sulla base di un antico fascicoletto pubblicato in Civitavecchia nel 1820 dalla stamperia Camerale ed intitolato: "Regolamenti per le due Università di Mosceria ed Agricoltori' di Tolfa approvati con Chirografo della Santità di nostro Signore Papa Pio VII felicemente regnante". Altri studiosi come Zeno Vignati e Basilio Pergi, tendono invece a spostare più indietro negli anni la nascita delle due Università, precisamente al 1549. A conferma di questa tesi il Vignati cita il memoriale del Cardinale Teodolfo Mertel ed il Pergi un documento redatto da un notaro di nome Victorio Hilary. Secondo il memoriale del Cardinale Teodolfo Mertel, il  Pontefice Giulio II nel 1510, accogliendo “benignamente” la domanda degli allora “poveri agricoltori di Tolfa” concedeva ad essi terre da semina nelle tenute fertili di Bandita Grande, Casale, Vallecardosa. Un successivo decreto ci dice come la Reverenda Camera Apostolica concedesse a colonia perpetua, alla Comunità, le terre sopradette. Questo fa pensare che “in loco" sorgessero già allora delle associazioni, appunto quella degli agricoltori e quella dei moscettieri, che si prendevano cura di tali concessioni terriere. (74) Il secondo documento redatto il 28 settembre del 1784 dal notaro Victorio Hilary risulta ancora più importante al fine della ricerca sulla nascita delle due Università. Ne riportiamo uno stralcio significativo: Essendo conforme a me Notaro per verità si asserisce, che in vigore di pubblico Consiglio tenuto dai Signori consiglieri della Terra di Tolfa fatto il di 1 dicembre 1549 e 10 dicembre 1555 venisse al ripartimento dei Quarti del proprio Territorio la comunità della stessa terra non meno per sollievo del  Popolo e di essa comunità che a vantaggio dell'Agricoltura, ed in seguito abbia costumato la predetta comunità vendere l'Erbe d'Inverno delli medesimi quarti col ritrarne ora uno ed ora altro prezzo a proporzione delle Stagioni, ed offerte, che gli si presentavano dai Particolari che ambivano prendere tali Erbe invernali. Essendo ancora che fino dal 1710 la comunità suddetta incominciasse a vendere per il prezzo ordinariamente minore di annui scudi duemila le stesse Erbe a molti particolari Possidenti denominati Mosceria coll'aggiungervi 1'Erbe di altri nove quarti, oltre l'antichi, e ciò ad effetto di poter così avere una maggiore risposta per dare riparo alle indigenze accresciutesi sempre più nella detta Comunità e sollevarla dalle medesime, e con questo somigliante sistema vantaggiasse si il pubblico che il privato interesse. Sia pur vero che ritrovandosi detto Corpus di Possidenti della Mosceria in possesso di tali Erbe in vigore dell'ultimo Istromento di affitto per nove anni stipulatogli il dì 13 agosto 1774 il quale affitto va a terminare l'ultimo del cadente Mese di Febbraio colla pretenzione peraltro di Essa Mosceria, che possa essere ricominciato l'Affitto per un altro novennio sul motivo che la comunità suddetta non gli abbia fatto egualmente la disdetta convenuta nel suddetto stipulato Istromento di affitto". (75) Da questo documento si può dedurre ancora che dal 1549 esistevano in Tolfa forme associative dedite alla ripartizione in quarti del terreno, alla vendita delle erbe ed alla stipulazione di eventuali affitti della durata di nove anni. Possiamo allora concludere questa disputa affermando che se sembra ormai acquisito che le due Associazioni esistevano già a partire dalla prima metà del Cinquecento, esse, tuttavia, furono stabilmente costituite l'una nel 1620 e l'altra nel 1710. Riportiamo in APPENDICE 8 l'atto costitutivo dell'Università della Mosceria, dove compaiono i cognomi (Giovita, Pasquini) di alcune famiglie, i cui membri fecero parte della Confraternita del SS. Salvatore. Il 16 settembre 1778 (Zeno Vignati, invece dice il 19 dicembre 1778) le due associazioni, sostenute e protette dal Comune, ottennero dal Pontefice Pio VI la trasformazione del contratto di colonia perpetua delle terre già dette, in enfiteusi perpetua a tutto frutto e, sotto la stessa data, con la stessa forma di contratto, ottennero anche altre tenute Camerali come le Pantanelle, i Monti di S.Caterina, i Monti Acquatosta, Valle Ascetta, Maniconi d'Ascetta, Monte Palarese, Cappannone,  Sconfitta,   Carbonare, Valgioncosa, Montecastagno, che già erano state date in affitto alla Comunità ed alle Università dei Moscettieri e degli Agricoltori. (76)

A rappresentare le due Università presso la Reverenda Camera Apostolica fu il deputato Antonio Adami, di cui abbiamo più volte parlato perché consigliere e Priore della Compagnia del SS.Salvatore ed anche amministratore del Monte Frumentario. La concessione dell'enfiteusi perpetua fu così annunciata: Per parte della nostra Comunità e delle due Università di Mosceria e degli Agricoltori di questa terra è stato trattato dal sig. Antonio Adami deputato, spedito a tale effetto in Roma con la R.C.A. un contratto, ora conchiuso, per speciale grazia della Santità di Nostro Signore Papa Pio VI, felicemente regnante, mediante il quale restano concordate alcune richieste fatte dalla Reverenda Camera Apostolica della nostra Comunità e resta stabilito a favore della nostra detta Comunità e delle due Università a lei annesse e aderenti l'enfiteusi perpetua delle infrascritte bandite ossia tenute camerali esistenti in questo territorio". (77) Fino al 1820, le due Università si sono rette con norme che nel tempo venivano stabilite nelle rispettive “Congregazioni". Torna su

In data 4 giugno 1820 fu approvato il primo  Regolamento con Chirografo emanato dal Pontefice Pio VII. Il 14 giugno del 1826 la frazione di Allumiere, regnando sul trono di Pietro il Papa Leone XII, fu eretta in Comune e come dote di territorio venivano concesse alla nascente Università di Allumiere tre tenute: Casale, Vallecardosa e Bandita Grande. In seguito a questo avvenimento le due Università di Tolfa si unirono in una e nel gennaio del 1870, il Papa Pio IX sanzionò il nuovo Statuto dell' associazione. (78)

L'attuale Università è stata riconosciuta persona giuridica con legge 4 agosto 1894 n.397 -Ordinamento dei domini collettivi nelle Province dell'ex Stato Pontificio". In seguito a questa legge fu compilato il nuovo Regolamento, deliberato dall'assemblea nella seduta del 7 novembre 1896, approvato dall'On.le G.P.A. il 26 marzo 1897. L'utenza con il nuovo Regolamento veniva ancora riservata, come già nei vecchi Statuti, alla sola classe dei possidenti di bestiame vaccino, equino e bovino, ed ai nativi del luogo.

In seguito alla sentenza emessa dalla Regia Corte di appello di Roma in data 17 febbraio 1914, il 14 marzo successivo la classe dei braccianti terrieri fu ammessa al godimento delle terre comuni ed al diritto di utenza. Il riconoscimento di tali diritti fu effettuato con il Regolamento compilato nel 1920 ed approvato dall'On.le G.P.A. il 1° febbraio 1921. In data 2 agosto 1932 fu approvato un nuovo Statuto che riservava il diritto di utenza ai cittadini capi famiglia. Con l'ultimo Statuto approvato dalla G.P.A. il 15 luglio 1954, l'utenza è stata estesa a tutti i cittadini maggiorenni di ambo i sessi. (79) Queste in sintesi le vicende delle due Università degli Agricoltori o Boattieri e dei Moscettieri, che per alcuni secoli hanno rappresentato sul piano economico, sociale ed amministrativo per la gente di campagna di Tolfa ciò che per esse la Confraternita del SS. Salvatore ha rappresentato sul piano religioso. Il rapporto di comunanza che univa tra di loro le due Università e la Confraternita più che negli interessi che erano chiamati a difendere, più che nei momenti di folclore e di religiosità esteriore che li vedeva uniti insieme, trovava il suo vero motivo di comunione nella concezione profondamente religiosa che questa gente del passato aveva di tutti gli aspetti della vita : tanto del lavoro quanto della sepoltura dei morti, del sentimento di carità e di adorazione di Dio e dei Santi, della Chiesa; tutte cose che rivelano una profonda mentalità religiosa in queste persone, al di la delle scelte e dei contrasti, insomma degli avvenimenti storici contingenti che possono apparire poco coerenti con il credo religioso che professavano. Tutto ciò, riteniamo doveroso affermare per rimarcare il fatto che i rapporti che univano la Confraternita del SS.Salvatore alle Autorità del Comune e delle due Università andavano ben oltre i contributi economici che troviamo registrati nei vari documenti che di questi Enti sono pervenuti fino a noi ed ai quali tuttavia ci dobbiamo soltanto rifare per correttezza di ricerca storica.

Riportiamo il testo di alcuni verbali dell'Università degli Agricoltori dai quali si comprende come questa Università si dimostrava sempre disponibile ad esaudire le richieste avanzate dalla loro Confraternita e come l'Università stessa era gestita da persone che facevano parte della Confraternita religiosa. "26 febbraio 1826.

Sigg. Ill.mi Sig. Componenti l'Università degli Agricoltori Per la Ven. Compagnia del SS.Salvatore. Ill. mi Signori L'Amministrazione della Ven. Compagnia del SS.Salvatore espone alle SS. VV Ill. mi che la medesima abbisogna di cera, candelieri e tovaglie, e che ritrovandosi mancante di energie al Culto Divino ed al decoro stesso della ss.dd. (suddetta) implora un sussidio proporzionato alla spesa stessa da incontrarsi essendo la Venerabile Confraternita sotto la loro tutela, ed avendo in pari tempo necessità di ricorrere per i particolari bisogni al SS.Salvatore, che sempre esaudisce loro voti, si spera così dalla loro generosità e dovuta gratitudine con aiuto corrispondente.

Salute.

Presa in considerazione dagli int.ri Agricoltori l'Istanza avanzata dal Sig. Gio. Pietro Presbitero, amministratore della V. Compagnia del SS. Salvatore o conoscendo la verità dell'esposto, acconsentono, che sia passata a titolo d’Elemosina per il vantaggio di detta Compagnia, e per le spese occorrenti la somma di scudi (la missiva si interrompe)". (80)

Dal verbale del 15-12-1816.

...di nuovo fu proposto di dare a titolo di elemosina 10 soldi ai RR. PP. Cappuccini. Insorse il Sig. Girolamo Mignanti e disse di dare ai suddetti ma anche di  comprendere la Confrat. del SS. Salvatore (81)

Dalla rubrica comunale Registro n.199 - anno 1779 Adì 31 dicembre 1759.

Avanti l'Ill. Bart. Pucilli per Mons. Gio. Vitelleschi ed ad istanza del Sig. Giacomo Ambrogetti Rettore dell'Unità degli Agricoltori fu radunata la sudd. ta Congreg. nella Sala del Palazzo Priorale intimata da Angelo Morena per trattare li negozi a cui intervennero i Sig. Agricoltori cioé Gaetano 8uttaoni* -    Gaetano Paradisi* - Dionisio Bonfanti*

Domenico Antonio Ruina - Franco Bregoli* - Domenico Egidio - Vincenzo Celli - Giuseppe Leonori Girolamo Pasquini* - Antonio Pellegrini* - Nicola Trotti- Domenico Tilli - Antonio Fossari - Lorenzo Mignanti Tomaso Costa* Franco Maria Bartoli - Giacomo Filippo Bartoli...- (82)

Facendo il confronto con i verbali della Confraternita degli anni intorno al 1759 troviamo che dei 17 membri che intervennero 10 di essi (evidenziati con l'asterisco) erano anche membri del Consiglio della Confraternita del SS.Salvatore. Dai documenti esaminati risulta altresì che la Confraternita ebbe anche alcuni rapporti con altre Confraternite. Abbiamo già visto come il culto per S. Antonio Abate riuniva insieme i Confratelli della Compagnia del SS. Salvatore e quelli della Confraternita dei Boattieri di Tolfa e di Allumiere.

Abbiamo già parlato dei contrasti intercorsi tra la Compagnia del SS.Salvatore e quella del SS.Sacramento per vedersi riconosciuto il diritto di Confraternita più antica Ci interesseremo ora delle positive relazioni che intercorsero tra la Compagnia del SS.Salvatore ed i devoti del Sacro cure di Gesù. Quest'ultimi non avendo la possibilità di costruire un Altare, avevano chiesto ed ottenuto di poter collocare un'immagine del Sacro cuore di Gesù nella Cappella della Congregazione del SS.Salvatore e precisamente sull'Altare dove veniva venerata l'immagine del Salvatore. E li si ritrovavano per esprimere la propria devozione all'immagine e per svolgere manifestazioni di culto. Decisi a consolidare la loro organizzazione stabilirono di avanzare la richiesta al Sommo Pontefice al fine di possedere un altare privilegiato, che comportava la possibilità di ottenere particolari indulgenze. Per questo si rivolsero alla Confraternita del SS. Salvatore perché promuovesse l'iter Per ottenere tale riconoscimento. Si legge nel verbale della Confraternita del SS. Salvatore redatto 1'1-1-1807:

Li devoti del Sacro , core di Gesù, la cui Immagine è situata nell'Altare di q. sta nostra Confraternita hanno fatto presente il di loro desiderio di supplicare il Sommo Pontefice per la grazia dell'Altare privilegiato affinché sia arricchito dell'Indulgenza e perciò  si propone.

Insorse poi il Sig. Francesco Paradisi e consultando disse che il nuovo Sig. Priore agisca ed abbia tutte le facoltà per l'ottenimento di detto Altare Privilegiato". (Vol.l) La richiesta fu approvata.

Spesso, poi, le varie Confraternite si riunivano insieme per partecipare a manifestazioni comuni di culto. Nel 1639, come ci informa Filippo Maria Mignanti, sul territorio di Tolfa e dei paesi vicini ci fu una grande siccità, perché non pioveva da molto tempo. Il 4 marzo dello stesso anno si decise di organizzare una processione per andare a pregare la Miracolosissima Immagine di Maria Santissima del Monte Urbano presso la Chiesa di Cibona. Vi parteciparono il Clero e le Confraternite. All'improvviso, dopo la celebrazione della S. Messa, il cielo incominciò ad annuvolarsi e due giorni dopo cadde una "dolce pioggia" che bagnò tutta la campagna ed il paese. Si gridò al miracolo perché la pioggia cadde solo e solamente sul territorio di Tolfa, mentre non piovve né a Civitavecchia, né a Corneto, né a Rota, né in altri paesi circonvicini (83)

Abbiamo notizia anche di un rapporto economico intercorso tra la Congregazione del SS.Salvatore ed il Rettore dell'Eremo di Cibona (Verbale della Confraternita del 24 giugno 1770). Si trattava di questo:

"Il Rettore dell'Eremo di Cibona aveva stipulato due censi con la Confraternita del SS.Salvatore e come garanzia aveva concesso l'uso di alcuni beni in Salviano, che erano stati donati all'Eremo da un certo Vincenzo di Felice Antonio Erede di Maria Antonia Fedeli, Erede di Giuseppe Fedeli e Vittoria Marziani.

Con una lettera inviata alla Confraternita, il Rettore dell’Eremo di Cibona chiedeva di pagare 10 scudi l'anno per i frutti sui due censi fino all'estinzione dei medesimi.

Come contropartita richiedeva la consegna dei beni in Salviano. Torna su

Il confratello Gaetano Buttaoni esprime il parere di accettare le condizioni proposte dal Rettore dell'Eremo, perché dai beni in Salviano la Confraternita aveva ottenuto un'entrata sempre inferiore a 10 scudi."

La proposta fu approvata. (Vol.l)

Dal verbale della Confraternita del SS.Salvatore dell'l-l-1828 apprendiamo invece che essa non poté soddisfare le richieste di aiuto della Compagnia di S. Giovanni Decollato e di quella dell'Ospedale ad essa collegata. Si trattava di questo: Le due Compagnie citate si trovavano in difficoltà economiche e non potevano far fronte ad una certa " Tassa dei Progetti” Per questo s'erano rivolte al Vescovo, il quale intervenne affinché le altre Confraternite si addossassero l'onere. La Confraternita del SS.Salvatore dovette rispondere in senso negativo, perché aveva il bilancio in deficit. (Vol.l) I verbali relativi al Consiglio di amministrazione della confraternita terminano nel 1910 (Vol.l) mentre, quelli relativi alle entrate ed alle uscite, nel 1898. Alcuni appunti che riguardano somme di denaro (non si sa se di entrata o di uscita) relative agli anni 1905 - 1906 - 1907 -1908, le troviamo frettolosamente scritte in calce all'ultimo verbale del 1898. (Vol.ll) Nessuna altra notizia è arrivata fino a noi sulla Confraternita del SS.Salvatore che, per motivi a noi sconosciuti, si sciolse definitivamente nel secondo decennio di questo nostro secolo, dopo aver conosciuto una storia gloriosa di circa 478 anni.

 

CONCLUSIONI

 

Al termine del nostro lavoro, presentiamo una sintesi di tutti gli aspetti più rilevanti della Confraternita di cui ci siamo interessati, al fine di agevolarne la lettura e l'interpretazione. Non essendo in possesso dello Statuto originale della Confraternita del SS. Salvatore, ci siamo avvalsi, per compilare questo quadro d'assieme, di Statuti relativi ad altre Confraternite ed approvati dall'Autorità ecclesiale perché dall'esame comparativo di questi è emerso che tutti presentano all'incirca lo stesso schema:

DENOMINAZIONE:

Confraternita del SS. Salvatore degli Agricoltori di Tolfa o Veneranda Compagnia sotto il titolo del SS. Salvatore contro la bestemmia.

LUOGO DI CULTO:

Cappella del SS.Salvatore situata nella Chiesa Collegiata di S. Egidio in Tolfa.

FINALITÀ':

Culto del SS. Salvatore, di S.Antonio Abate e S.Isidoro. Lotta contro il vizio della bestemmia. Opere pie come la sepoltura del morti, concessione di lndulgenze e la cura dell'istruzione.

ABITO:

Sacco bianco e batolo con il cingolo cerulei. Bottoniera di eguale colore nel primo e amaranta nel secondo, scudetto con l'Immagine del Volto Santo e cappello in testa.

CARDINALE PROTETTORE O PRIMICERIO :

La Confraternita per un determinato periodo di tempo ebbe come protettori i seguenti Cardinali: Cosimo Imperiali e Pietro Panfili.

MEMBRI:

In un primo momento il numero effettivo dei Confratelli era rigidamente di 30. Successivamente, fu portato a 50.

STRUTTURA ORGANIZZATIVA:

La Confraternita era retta inizialmente da un Priore e successivamente da due Priori, di cui uno era il Depositario o Esattore o Camerlengo. Si avvaleva della collaborazione di un Segretario. Ogni anno venivano scelti due Sindaci che avevano il compito di controllare 1'amministrazione dell'anno passato. lnoltre venivano eletti anche il Cappellano e il Sagrestano (una volta all'anno).

MODALITÀ' DI VOTAZIONE E DELIBERAZIONE:

Le votazioni e le deliberazioni avvenivano con l'uso delle palle nere e delle palle bianche. La votazione poteva essere segreta o palese.

CONGREGAZIONI:

Per un lungo periodo di tempo si tenevano soltanto Congregazioni Generali. Successivamente fu istituita su Decreto di Mons. Anselmo Basilici anche una Congregazione Segreta formata da soli 6 membri, con 10 anni di aggregazione, scelti dalla Congregazione Generale, per trattare gli affari della Compagnia.

CELEBRAZIONE DELLE SS.MESSE:

Il compito era affidato al Cappellano della Confraternita. Ogni domenica vi celebrava una Messa e altre Messe erano fatte celebrare "per devozione" dai fedeli.

FESTE:

La festa della Compagnia era celebrata il giorno 14 agosto (Vigilia dell'Assunta). Successivamente fu spostata al 6 agosto (Trasfigurazione del Signore).

PROCESSIONI:

La loro processione si svolgeva il 14 agosto, poi il 6 agosto. Inoltre partecipavano a tutte le processioni del paese.

PREGHIERE E RITI:

Ogni riunione si apriva con la seguente breve preghiera: "In nomìne Dei. Amen". Al termine della riunione:    "... e rese le solite grazie a Dio fu rimessa la Congregazione.

Esisteva una particolare cerimonia d'iniziazione di ogni nuovo confratello. La Confraternita si avvaleva per la lotta contro il vizio della bestemmia di una precisa supplica (veniva distribuito per le vie del paese un bigliettino ).

CONSUETUDINI:

Raccolta di grano, offerte spontanee dei membri, distribuzione durante la festa della Compagnia di una candela benedetta a quanti si impegnavano a dare un'offerta pari a uno staio di grano o maggiore "secondo la loro condizione e la loro possidenza. Durante le festività alcuni confratelli opportunamente scelti giravano per il paese ed i campi per invitare le persone a non bestemmiare. Tutto ciò ormai fa parte della storia delle Confraternite di Tolfa. Ai giorni d'oggi, infatti, esistono ancora a Tolfa soltanto cinque Confraternite ( S. Maria del Suffragio, SS.Sacramento, SS. Rosario, S. Antonio di Padova, della Misericordia e Umiltà o di S. Giovanni Decollato) che da molti anni si sono limitate a svolgere solamente l'amministrazione dei beni di proprietà, senza dar vita a nessuna manifestazione di culto particolarmente significativa.

Solo il Terz'Ordine Francescano si dimostra ancora operativo sul piano religioso. Da alcuni mesi, su iniziativa di don Antonio Pascucci, Rettore della Chiesa della Madonna della Sughera, si sta cercando di ripristinare la Confraternita della SS. Vergine, S. Agostino e Santa Monica. Al posto delle Confraternite sono sorte tante libere associazioni che, organizzate, animate e sostenute dal parroco e da persone che lo aiutano, svolgono la loro attività nei settori più vari: tanto nell'opera del volontariato quanto nell'educazione e nella cura del tempo libero dei giovani, al fine di far crescere le nuove generazioni da buoni cittadini e credenti. Anche l'attuale Pontefice Giovanni Paolo II si è interessato del fenomeno delle associazioni laico-religiose nell'enciclica -Christifideles laici Affinché tali associazioni possano assumere una connotazione religiosa e possano essere riconosciute ufficialmente dalla Chiesa, secondo il dettato dell'enciclica citata, è necessario che abbiano:

- il primato dato alla vocazione a ogni cristiano alla santità' manifestata "nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli-;

- la responsabilità di confessare la fede cattolica, accogliendo e proclamando la verità su Cristo, sulla chiesa e sull'uomo in obbedienza al Magistero della chiesa...";

" - la testimonianza di una comunione Salda e convinta, in relazione filiale con il Papa... E con il Vescovo. ";

- la conformità e la partecipazione al fine apostolico della Chiesa, ossia l'evangelizzazione e la santificazione degli uomini e la formazione cristiana della loro coscienza...";              - l'impegno di una presenza nella società umana che... si ponga a servizio della dignità integrale dell'uomo"

Tuttavia tali criteri, come afferma lo stesso Pontefice, devono trovare motivi di verifica ed occasioni di nutrimento spirituale e di testimonianza " frutti concreti " che accompagnano la vita e le opere delle diverse forme associative, quali:

"il gusto rinnovato per la preghiera, la contemplazione, la vita liturgica e sacramentale," l'animazione per il fiorire di vocazioni al matrimonio cristiano, al sacerdozio ministeriale, alla vita consacrata, la disponibilità a partecipare ai programmi e alle attività della chiesa a livello sia locale sia nazionale o internazionale; l'impegno catechetico e la capacità pedagogica nel formare i cristiani; l'impulso a una presenza cristiana nei diversi ambienti della vita sociale e la creazione e animazione di opere caritative, culturali e spirituali; lo spirito di distacco e di povertà evangelica per una più generosa carità verso tutti; la conversione alla vita cristiana o il ritorno alla comunione di battezzati lontani. Torna su

 

APPENDICE A (Famiglie)

 

FAMIGLIA CELLI (84)

Le prime notizie che abbiamo sulla famiglia Celli, una delle “famiglie primarie di Tolfa”, risalgono al 1464, al tempo cioè in cui sorsero i contrasti e le ostilità, anche belliche, tra l'Autorità Ecclesiale ed i Frangipane, i signori di Tolfa Vecchia, per il possesso del territorio dove era stato rinvenuto l'allume. I Celli in questa occasione si schierarono dalla parte dei Frangìpane. Quando i Frangipane decisero di alienare il loro Feudo alla Reverenda Camera Apostolica, A.Bartoli ci informa che l'istrumento di permuta colla R. C. Apostolica fu fatto a rogito di Francesco Celli" . Lo stesso, figlio di Paolo, lo troviamo tra gli studiosi che compilarono lo Statuto del Comune di Tolfa e come Cancelliere del Comune che "è anche Notaro della terra". Altri membri della famiglia Celli li troviamo impegnati ed implicati durante il periodo in cui a Tolfa si decise di provvedere alla ricostruzione o alla ristrutturazione della Chiesa di S.Egidio Abate, che era diventata pericolante e non più sufficiente per il culto religioso, considerata la sua ristrettezza. Un membro di questa famiglia, Celli o Gelli lo troviamo tra i tre deputati incaricati il 15 febbraio del 1626 dal Consiglio di amministrazione del Comune di indicare “il luogo idoneo alla riedificazione della nuova Chiesa. Il Celli ed i colleghi vennero a tale decisione: Noi per l'autorità dal consiglio attribuitaci, invocando il SS.mo Nome di Dio, sentenziamo e definitivamente pronunciamo che il sito quale deve servire per edificare la nuova Chiesa, sia quello posto fra le case dei SS.ri Celso Gelli ed Angelo Franchini, ch'ha da un lato le mura castellane e dall'altro le stalle del ridetto Sig. Celli, Gentili ed Angelo Ciucci; conforme al disegno presentato dal M.to Illustre Cav. Bernardino Ray Architetto della R.C.A... ". A questa decisione si oppose in Consiglio un mese dopo un altro Celli, di nome Vincenzo, anch'egli deputato, il quale cercò di persuadere “i colleghi a non far gettito del Domo vecchio; ed il Consiglio ligio a quell'arringa deputerà per l'intento i SS.i Rocco Rocchi, Eugenio Sduarta e Innocenzo Smacchini ".

Una testimonianza della nobiltà e dell'agiatezza di questa famiglia ci è data anche dal Palazzo che i Celli fecero costruire fuori dalle mura del Castello della Rocca nell'attuale via Costa Alta. Lo stesso Alessandro Bartoli per dimostrare l'antica origine e la nobiltà di questa famiglia riporta la scrittura che appariva su una lapide ritrovata negli scavi di Civitavecchia, che i fratelli Celli Alfonso, Celso, Stazio, Massimo e Antonino fecero trasportare nel loro palazzo nel 1641.

D.O.M.

LEONE ET PETRO CELLIIS

E PISC. CENCELLA ANT. S.F.N.P.

AN. D. CCCCCCCCI

Personaggio illustre di questa famiglia fu il domenicano Antonino Celii (1575-1645), che insegnò teologia nel Collegio della Minerva e nell'Archiginnasio romano e da Papa Urbano VIII fu nominato nel 1641, Vescovo di Isola in Calabria, dove mori quattro anni dopo. Di lui, fino a qualche decennio fa, si poteva ammirare il ritratto posto nella Sagrestia della Chiesa di S.Egidio Abate. Ad un altro Celli, il padre Maestro Vincenzo, anch'egli domenicano, si deve a Tolfa l'istituzione in data 25 ottobre del 1582 della Confraternita del SS.mo Nome di Dio. Il Bartoli cita anche un padre Girolamo Celli come provinciale dell'ordine agostiniano ma non indica in quale epoca. Ad un Cap. Carlo Cellio, si deve la donazione alla Chiesa di S.Egidio del busto del Santo in metallo dorato, che è conservato sotto l'altare della Cappella del SS.Salvatore.

Alla base del busto si legge: Cap. Carlo Cellio. La famiglia Celli aveva come stemma il giglio Farnese.

FAMIGLIA BUTTAONI (85)

Questa casata, insieme a quella di Celli, è stata effettivamente la più illustre delle famiglie di Tolfa per censo, per grado sociale e per la personalità dei suoi vari componenti, molti dei quali seguirono la via sacerdotale e raggiunsero cariche di alto prestigio. Le prime notizie di questa "gens" risalgono al 1577, data in cui nell'Albero genealogico della Casa Buttaoni si trova annotato: “Adì 21 Aprile 1577. Mildonio Seiniore nasce da Domenico Antonio Buttaoni". La prima figura rappresentativa di questo Casato su cui abbiamo notizie che vanno oltre la conoscenza del nome e del cognome è quella di Don Domenico Buttaoni (1678 -1752). Questo sacerdote va ricordato non solo perché fu il Rettore della Collegiata di S.Egidio Abate, ma anche perché ha raccolto tanti documenti attinenti alla storia di Tolfa, che diligentemente trascrisse in un unico volume giunto fino a noi. Tra i documenti che vi sono contenuti una particolare importanza acquista il testo cinquecentesco dello Statuto comunale, a cui sono uniti decreti e disposizioni relative alla vita agricola del paese. Importante, è anche il documento in latino sul rinvenimento dell'allume e sul passaggio di Tolfa nel dominio della Camera Apostolica. Altro personaggio della famiglia, è stato Gaetano Buttaoni, che troviamo per molti anni nel Consiglio di amministrazione della Confraternita del SS.Salvatore, in cui svolse le mansioni di Priore. Nacque nel 1718 e fu il primo dei sei figli di Alessandro Onofrio, fratello del canonico. Mori a S.Marinella nel 1780, all'età di 61 anni, mesi 6, giorni 16. Unitosi in matrimonio con Francesca Sgambati, civitavecchiese di nascita, ebbe da lei ben 14 figli, alcuni dei quali si fecero sacerdoti. Dei figli illustri di Gaetano, ricordiamo Domenico Buttaoni, che nacque il 27 febbraio del 1757.

Avviato alla carriera ecclesiastica, il 26 agosto del 1806 fu nominato Vescovo di Fabriano e Matelica. Come sappiamo dal suo concittadino Filippo Maria Mignanti, era dotato di memoria così felice, da poter recitare le ore canoniche senza l'aiuto del breviario tanto aveva ben impresso nella mente Ogni Salmo, lezione, inno, antifona, versetto, responsario occorrente, che è sempre differente, secondo i vari offici". (86)

Morì il 15 agosto del 1829. Anche di lui esisteva un ritratto nella Sagrestia della Collegiata di S.Egidio Abate. Ricordiamo, altresì, il figlio Alessandro, nato il 12 febbraio del 1760. Divenuto sacerdote, ottenne posti di rilievo nella Curia romana. Il Mignanti ci dice che fu uno dei più dotti prelati dei suoi giorni " ed aggiunge che " assai apprezzato dal Cardinale Consalvi, appartenne alla schiera dei suoi più vicini e validi collaboratori. Dal Moroni, sappiamo che il Consalvi lo nominò unitamente con il conte Parisani, suo esecutore testamentario (87) Di lui si ricorda un trattato di carattere giuridico:"Dissertatio in titulum Codicis De vendenolis rebus Civitatis". Anche il suo ritratto, come quello del fratello Domenico, si trovava nella Sagrestia della Chiesa di S.Egidio Abate. Mons. Alessandro Buttaoni morì il 4 aprile del 1826. Abitava al Quirinale e la sua salma fu tumulata nella vicina Chiesa di S.Croce e di S.Bonaventura dei Lucchesi. Per volontà delle sorelle gli fu innalzato un monumento funebre ad opera di Adamo Tadolini, discepolo prediletto di Antonio Canova. Il monumento, tuttora esistente, reca una duplice iscrizione: in una, si ricordano i principali uffici ricoperti, nell'altra, si descrive l'uomo in rapporto con la famiglia ed i vincoli domestici. Dalla seconda iscrizione apprendiamo che un altro suo fratello di nome Luigi, aveva seguito la via degli studi giuridici, diventando avvocato nella Curia romana e coadiutore di studio nel Collegio degli uditori rotali.

Altro personaggio illustre è stato Domenico Buttaoni nato a Tolfa nel 1775. Vestì l'abito di S.Domenico nel convento della Quercia, presso Viterbo. Fu rettore di filosofia e teologia nel Collegio di S.Tommaso in Roma e prestò aiuto al Padre Magno. in biblioteca. Successivamente, vi copri la carica di Baccelliere e di Maestro. Per Rescritto Pontificio di Leone XII, fu annoverato nel Collegio dei Teologi e fu fatto anche Consultore dell'Indice. Fu in ottimi rapporti con il Cardinale P. Velzi che lo condusse con se al Quirinale. Fu in stretti rapporti amichevoli con i Pontefici Pio VIII, Gregorio XVI, Pio IX, tanto che più volte si disse che sarebbe divenuto Cardinale. Ebbe rapporti epistolari anche con il Rosmini. Morì il 23 ottobre 1859. Ricordiamo, ancora, Filippo Buttaoni, che troviamo anche confratello della Compagnia del SS.Salvatore. A costui, Pio VI concesse in enfiteusi a partire dal 1794 la tenuta di “Fontana inversa di sotto”. Fu una figura di primo piano a Tolfa tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento; ricoprì la carica di "edile" per Tolfa e la sua circoscrizione e fu comandante della Guardia civica. Ricoprì anche la carica di membro del Consiglio comunale dopo il crollo del regime giacobino. Ricordiamo ancora due notari, Marco e Domenico Buttaoni, che rogarono rispettivamente nel 1616 e nel 1653, fino a giungere in tempi più recenti, al notaio Gerolamo Buttaoni, morto novantenne nel 1946. I Buttaoni furono anche dei grandi benefattori. Il prelato Mons. Alessandro Buttaoni, nel suo testamento, lasciò un legato di 1000 scudi per l'ospedale di Tolfa. Il Bartoli ci da notizia di un altro legato stabilito nel 1663 da un Buttaoni per la sistemazione dell "orchestra" nella Chiesa parrocchiale. Ma in materia di elargizioni, va citata, a titolo particolare, Anna Maria Buttaoni, sorella di   Mons. Alessandro, che nel 1842 dispose, a favore dell'ospedale di Tolfa, un lascito così grande, dal quale l'Autorità di Tolfa ottenne di potervi prendere annualmente 300 scudi a vantaggio della pubblica istruzione locale. (88)

Il palazzo dei Buttaoni a Tolfa è situato nell'odierna via Roma ed attualmente ospita gli uffici dell'Università Agraria. Lo stemma della famiglia era: " Tre monti su quel di mezzo il giglio Farnese quindi una sbarra ed una stella di sei raggi".

FAMIGLIA BONIZI (89)

I Bonizi, che troviamo anche legati da vincoli matrimoniali con i Buttaoni, più che agricoltori o allevatori di bestiame, erano degli imprenditori commerciali, impegnati in diversi settori. Nel 1659 li troviamo gestori di un'industria della concia di pellami come risulta da un rogito dello stesso anno, dove si dice che “Per vario tempo tale lavoro andò dismesso, e che venne riattivato dai F.lli Alessandro, Vincenzo e Giovan Battista Bonizi fu Rocco, i quali nel 1664 l'affittarono ad un romano ". Vincenzo Bonizi lo troviamo affittuario nel 1662 anche di una farmacia in Tolfa. Da Giuseppe Bonizi e Maria Buttaoni nacquero parecchi figli, molti dei quali (Giovan Battista, Giuseppe, Stefano, Rocco, Egidio, Alessandro) fecero parte del Consiglio di amministrazione della Confraternita del SS. Salvatore. Di questi ricordiamo Don Alessandro Bonizi, che per molti anni fu Vicario foraneo della Compagnia ed il fratello Egidio, di cui abbiamo già parlato, perché dopo il 1772 ottenne dai Padri Agostiniani il patronato della Sughera. A proposito di Stefano Bonizi, che non ebbe figli dalla moglie Margherita Pascucci, Alessandro Bartoli, citando i vari benefattori della Chiesa di S.Giovanni e dell'adiacente ospedale, dice che le sue elargizioni "non furono da poco, ancorché meno degli altri sia andata perduta la data dei loro atti testamentari. Nel 1857 troviamo un Giuseppe Bonizi concessionario nel territorio di Tolfa dello sfruttamento del carbon fossile e nel 1860 di solfuri di rame, zinco, antimonio e mercurio. Il predetto chiese ed ottenne nel 1861 anche la concessione per il piombo, ma tutte le sue ricerche riguardanti i minerali suddetti non ottennero gli esiti sperati. Da Achille Bonizi (1827 - 1890) nacquero i figli Alessandro, Egidio, Filippo, Concetta, Olga, Teresa, che sono tutti morti senza lasciare eredi. Filippo Bonizi seguì la carriera militare arrivando al grado di Generale. Ad Egidio Bonizi, che esercitò la professione di avvocato, si deve un progetto per la ristrutturazione della fontana pubblica in piazza G. Matteotti. Il progetto che comportava una spesa di 2500 lire non trovò concreta realizzazione. Al suo posto nel 1899 il Commissario straordinario che allora reggeva il Comune, preferì realizzare la semplice e decorosa sistemazione della fontana che ancora oggi si può ammirare. Egidio Bonizi, alla sua morte, lasciò i suoi beni in beneficienza. Nella cosiddetta "Fondazione Bonizi", situata in località Prato Rotatore (Comune di S.Marinella) ha sede attualmente un ricovero per persone anziane. Concetta, Olga e Teresa hanno lasciato alla Chiesa il loro palazzo, sito in via XX Settembre, dove si trova l'abitazione del Parroco di Tolfa. Torna su

Alessandro ha lasciato al Comune di Tolfa un suo palazzo situato in via del Bagno.

FAMIGLIA MIGNANTI (90)

Di questa famiglia rammentiamo Mons. Domenico Mignanti nato a Tolfa   nel 1824 e morto a Civitacastellana nel 1889. Fu per alcuni anni Arciprete e Vicario foraneo di Tolfa.  

Nel 1872, da Pio IX fu nominato Vescovo di Civitacastellana, Orte e Gallese, Diocesi ch'egli resse con prudenza e saggezza, con pazienza e rassegnazione in epoca difficoltosa. Anche il suo ritratto appariva tra quelli conservati nella Sagrestia della Chiesa di S.Egidio di Tolfa. Altro personaggio illustre è stato Filippo Maria Mignanti. Nato a Tolfa nel 1810, fu ordinato sacerdote a 24 anni. Durante il periodo in cui fu Arciprete di Rota, un Feudo presso Tolfa, appartenente oggi come allora ai marchesi Lepri, lo troviamo per alcuni anni Vicario foraneo della Confraternita del SS.Salvatore. Trasferitosi a Roma nel 1844 fu per un ventennio precettore dei figli del marchese Girolamo Sacchetti. Durante questo periodo pubblicò antichi testi inediti, frutto di   ricerche d'archivio, le monografie sulla Chiesa di S.Maria di Cibona e sull'Eremo delle Grazie, due santuari della sua terra natia. Scrisse anche la storia della Chiesa della Madonna della Sughera, rimasta inedita. La sua attività di maggior impegno fu "La storia della sacrosanta patriarcale Basilica Vaticana, dalla sua fondazione sino al presente". Ebbe l'onore di essere accolto come membro in Arcadia. Morì il 30 ottobre del 1867.

Stemma della famiglia era il giglio comune, sollevato nella gola di due montagne.

FAMIGLIA PUCILLI (91)

Di questo nobile casato sono passati alla storia due membri: Benedetto ed Egidio Pucilli. Il primo nacque a Tolfa nel 1716. Ordinato sacerdote fu per alcuni anni Canonico e Rettore della Chiesa Collegiata di S.Egidio Abate. Mentre svolgeva tali compiti come ci dice Filippo Maria Mignanti "a sua insaputa, per sacro suo merito "fu nominato Vescovo di Terracina, Piperno e Sezze. Il suo nome è rimasto legato al Sinodo diocesano che egli adunò e durante il quale promulgò delle disposizioni e regole disciplinari al buon andamento delle tre Diocesi. Il Sinodo fu promulgato da Mons. Benedetto Pucilli il 30 maggio della Pentecoste dell'anno 1784. Cessò di vivere nel 1786. Anche il suo ritratto si trovava nella sagrestia della Chiesa di S.Egidio. Nel medesimo luogo si trovava anche il ritratto di Don Egidio Pucilli (1850-1896), Vicario generale di più Diocesi, che fu investito di varie dignità ed uffici di Curia. Nello stemma della famiglia comparivano "tre monti, sormontati il medio da un albero e i due laterali da due oche".

FAMIGLIA BARTOLI (92)

Poche sono le notizie storiche rilevanti che ci sono pervenute su questa famiglia, perché non risulta che i suoi membri abbiano ricoperto cariche importanti. Sappiamo con certezza che erano ricchi, allevatori di bestiame e proprietari di numerosi terreni agricoli. Rimasero sempre fedeli alla loro vocazione di allevatori di bestiame e di agricoltori. Ancora oggi una zona del territorio agricolo di Tolfa viene indicata col toponimo “Sodi (campi) di Bartoli".

Il più illustre rappresentante di questa famiglia, colui che ha lasciato un ricordo indelebile tra i tolfetani è Alessandro Bartoli, lo storico di Tolfa, a cui più volte ci siamo rifatti, per la nostra trattazione. Fu membro della Confraternita del SS.Salvatore per molti anni. La sua firma, come Sindaco della Compagnia, compare dal 1866 al 1899 in calce a tutti i verbali redatti al termine delle verifiche effettuate sulle entrate ed uscite della Confraternita.

Trascorse la vita dedicandosi alla cura dei suoi possedimenti ed alle ricerche storiche. Il suo nome è legato ad un'opera: "Storia di Tolfa” rimasta inedita. Il Bartoli, infatti, mori nel 1905 all'età di 81 anni con il dispiacere di non aver potuto vedere la sua opera pubblicata. Il suo manoscritto gli fu sottratto, non si sa come, mentre era degente. Di lui tuttavia c'è rimasto un nutrito carteggio che, attualmente, è custodito presso gli eredi di Ottorino Morra. Gli scritti inediti di Alessandro Bartoli rappresentano un punto di riferimento indispensabile per chi voglia indagare sulle vicende di Tolfa e dei suoi abitanti.

 

APPENDICE B documenti

 

ELENCO DELLE COPIE DI ALCUNI DOCUMENTI CONSULTATI

Archivio storico parrocchiale di Tolfa

1) Libro della Amministrazione del SS.Salvatore - vol.II, Anno 1860, pagg. 1 - 2 - 3;

2) Libro della Amministrazione del SS.Salvatore - vol.II Anno 1899, pag.112

3) Congregazione del SS.Salvatore - vol I, 31-12-1764, 3pag. i;

4) idem, 1-1-1774, pag. 9;

5) idem, 2-2-1774, pag. 9;

6) idem, 29-5-1774, pag. 10;

7) idem, 16-6-1774, pag. 10;

8) idem, senza data, pag. 11;

9) idem, 1-1-1775, pag. 12;

10) idem. 1-1-1778, pagg. 13-14;

11) idem, 21-9-1778, pag. 14;

12) idem, Tabella degli iscritti, Anno 1830, pag, 47;

13) idem, 18-8-1910, pagg. 85 - 86 - 87;

Archivio storico   parrocchiale nei sotterranei di  S. Egidio

14) manoscritto del 1-7-1750 (iura);

15) manoscritto del 6-8-1750 (iura);

16) manoscritto: Editto di Mons. Anselmo Basilici Vesc. di Sutri e Nepi del 14-3-1829;

17) manoscritto: Editto di Mons. Anselmo Basilici Vesc. di Sutri e Nepi del 26-8-1837;

18) manoscritto della Compagnia del Glorioso S. Giuseppe del 28-3-1609;

Archivio storico comunale di Tolfa

19) manoscritto della Veneranda Compagnia del SS. Salvatore indirizzato all'Università degli Agricoltori (senza data);

Fotografie

20) Chiesa Collegiata di S. Egidio Abate (da: MORRA 0., Torfa, 1979);

21) Cappella e dipinto del SS. Salvatore nella Chiesa Collegiata di S. Egidio Abate;

22) Immagine Acheropita e del Sancta Sanctorum ( da: CEMPANARI-AMODEI, La Scala Santa, Ed. F.11i Palombi, 1989);

23) SS. Salvatore (da : DELL'ADDOLORATA P., La Cappella Pontificia del Sancta Sanctorum Grottaferrata, 1920).

 

ARCHIVI CONSULTATI

 

1) Archivio storico Parrocchiale di Tolfa;

2) Archivio storico Parrocchiale di Tolfa, nei sotterranei della Chiesa Collegiata di S.Egidio Abate;

3) Archivio storico comunale di Tolfa;

4) Archivio storico dell'Università Agraria di Tolfa;

5) Archivio storico privato della famiglia Morra di Tolfa;

6) Archivio storico di Sutri, fondo Vescovi;

7) Archivio capitolino di Roma.

 

BIBLIOGRAFIA

 

OPERE CONSULTATE

1) ALLIATA - BRONNER, Relazione del Comune di Tolfa, Casa Editrice Italiana, Roma, 1900;

2) ANNOVAZZI V., Storia di Civitavecchia, Cassa di Risparmio di Civitavecchia, 1848;

3) BALDINI A., Bollettino Parrocchiale di Tolfa, 1982;

4) BALDUINI L., Le umane radici di S.Lucia Filippini, Roma 1992;

5) BIANCHI F., Storia dei tolfetani, Tolfa 1984;

6) BIBLIOTECA SANCTORUM, Vol, VII, Roma 1966;

7) BIHLMEYER K. - TUECHLE H., Storia della Chiesa, Vol. I¬II-III, Ed. Morcelliana 1983;

8) CALISSE C., Storia di Civitavecchia, ed. Forni, 1936;

9) CEMPANARI M. - AMODEI T., La Scala Santa, Ed.F.i11 Palombi 1989;

10) CODICE DI DIRITTO CANONICO, U.E.C.I., 1984;

11) COLA G., La Tolfaccia e Forum Clodii, Tolfa 1984;

12) CORTESELLI M. - PARDI A., Corneto com'era..., Soc.Tarquienese di Arte e Storia, Tarquinia 1983;

13) CUGNONI G., Agostino Chigi il magnifico, Roma 1878;

14) DELL'ADDOLORATA S.,La Cappella Pontificia del Sancta Sanctorum,Grottaferrata 1920;

15) DELUMEAU J., L'allume di Roma XV - XIX secolo, ed. CO.A.C., Roma 1990;

16) DELUMEAU J., Storia vissuta del popolo cristiano, Ed.Internazionale, 1979;

17) ENCICLICA "Christifideles laici", di S.S. Giovanni Paolo II, Ed.Vaticana;

18) ENCICLOPEDIA MOTTA,Ed. F. Matta, Vol.IV, 1968;

19) GALLETTI V. - CAMESASCA E.. Enciclopedia della pittura italiana dalla A alla E, Ed. Garzanti, 1951;

20) LA ROCCA, Bollettino Parrocchiale di Tolfa, Gennaio 1985 e Settembre 1985;

21) LE GOFF J., L'uomo medievale, Ed. Laterza, 1988;

22) MARONI LUMBROSO M. - MARTINI A., Le Confraternite romane nelle loro Chiese, Ed. Besso, 1963;

23) MIGNANTI F.M., Santuari della Regione di Tolfa, Ed. Cremonese, 1936;

24) MONTENOVESI O., Agostino Chigi banchiere e appaltatore dell'allume di Roma, a cura della R.Deputazione romana di Storia Patria, 1938;

25) MORRA O., F.M.Mignanti storico della Basilica Vaticana, in Strenna dei Romanisti, Natale di Roma, 1967;

26) MORRA O., La Chiesa Collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di A.Bartoli Roma 1973;

27) MORRA O., La Chiesa di Cibona risorge, Ed. Istituti Riuniti "S.Rita da Cascia", Roma 1965;

28) MORRA O., L'Insorgenza antifrancese... 1798 - 1799, Ed. Cremonese, Roma 1942;

29) MORRA O., Nel mondo ecclesiastico del '700 - '800: i Buttaoni, estratto da Strenna dei Romanisti", Pomezia 1977;

30) MORRA O., Tolfa, Cassa di Risparmio di Civitavecchia, 1979;

31) NUOVO DIZIONARIO DI TEOLOGIA, Ed. Paoline, 1985;

32) PERGI B., Memorie di un tolfetano , Ed. F.lli Palombi, 1983;

33) RINALDI R., Le Allumiere, Vol.II, Cassa di Risparmio di Civitavecchia, 1985;

34) RINALDI R., Conoscere Allumiere, a cura della Biblioteca Comunale di Allumiere, 1982;

35) RINALDI R., Le Lumiere, Vol.I, Cassa di Risparmio di Civitavecchia, 1978;

36) SERRA L. - NICODEMI G. - VATTIELLI F. - VALLARDI F., Il libro d'oro del sapere, Vol.V, parte I e II, Milano, 1922 - 1936;

37) Tutti i documenti del Concilio, Massimo - Milano - U.C.I.I.M. - Roma, 1986;

38) UNIVERSITÀ AGRARIA DI TOLFA, Capitolato, ED. Bargiacchi S., 1921;

39) UNIVERSITA' AGRARIA DI TOLFA, Regolamento di Tolfa, Ed. Strambi, Civitavecchia 1897;

40) UNIVERSITA' AGRARIA DI TOLFA, Regolamento di Tolfa, 1921;

41) VIGNATI Z., L'Università Agraria di Tolfa, Ed. Beucci, 1930;

42) VITALINI SACCONI V., Gente, personaggi e tradizioni a Civitavecchia, Cassa di Risparmio di Civitavecchia, 1982. Torna su

 

(1) cf r: LE GOFF J., L 'uomo medievale., Ed. LATERZA, 1988. ENCICLOPEDIA CATTOLICA, Vol. IV (COL-DYA), pagg. 257-260. DELUMEAU J . , Storia vissuta del popolo cristiano,

Soc. Ed. Internazionale, 1979, pagg. 331-347.

(2) cfr. Enciclopedia Motta, Editore F. Motta 1968, Vol. IV, pagg. 2020 -2021.

Enciclopedia Cattolica, Vol. IV, (COL-DYA), pag. 257 sgg.

(3) CODICE DI DIRITTO CANONICO, testo ufficiale e versione italiana, UECI, 1984.

(4) TUTTI I DOCUMENTI DEL CONCILIO, Massimo-Milano, U.C.I.I.M.- Roma, settembre 1986. Nel Decreto del 18 novembre 1965 su "L'apostolato dei laici", pagg. 377-378.

(5) cfr. THEINER A., Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis. Atto di vendita di Tolfa alla Camera Apostolica riportato, in latino da O. MORRA, Tolfa, Cassa di Risparmio di Civitavecchia, 1979, pag. 65.

(6) eccetto F. M. Mignanti per la Confraternita della Sughera. cfr. MIGNANTI F.M., Santuari della Regione di Tolfa, Cremonese Editore, Roma 1936.

(7) cfr. DELUMEAU J . , L'Allume di Roma, Ed. CO. A . C . , Roma 1990. BUTTAONI D., dal ' settecentesco manoscritto " De inventione Alumeriarum et quomodo Tulpha ad Cameram pervenerit". Riportato da MORRA 0.,Tolfa, Cassa Risp. Civitavecchia, 1979, pag. 59 sgg.

8) cfr. MIGNANTI F.M., Santuari della Regione di Tolfa a cura di O. Morra, Cremonese Editore, Roma, 1936, pag. 95 sgg. BIANCHI F., Storia dei tolfetani, Tolfa, 1984, pag. 385 sgg. MORRA O . , L 'insorgenza antifrancese di Tolfa durante la Repubblica Romana del 1795-1799, Cremonese Editore, 1942.

(9) cfr. MORRA O.,Tolfa, Cassa di Risp. Civitavecchia, 1979, pag. 257. MIGNANTI. F.M., Santuari della Regione di Tolfa a cura di O. Morra, Cremonese Editore, Roma 1936, pag. 126 sgg.

(10) cfr. MORRA O.,Tolfa, Cassa Risp. Civitavecchia, 1979, pag. 234. MIGNANTI F.M., Santuari della Regione di Tal fa a cura di O. Morra, Cremonese Editore, Roma 1936, pag. 50 sgg.

(11) cfr. MIGNANTI F.M., Santuari della Regione di Tolfa a cura di O. Morra, Cremonese Editore, Roma 1936, pag. 45 sgg. MORRA O., Tolfa, Cassa Risp. Civitavecchia, 1979, pag. 195 sgg.

(12) cfr.    BALDINI A., in "La Rocca" (Bollettino Parrocchiale), La Rocca: Confraternite, eremiti, ospedale, Settembre 1985. MORRA O., Tolfa, Cassa Risp. Civitavecchia 1979, pagg. 200-201.

(13) cfr. MORRA O., Tolfa, Cassa Risp. Civitavecchia 1979, pag. 230 ssg.

(14) cfr. MORRA O . , La Chiesa collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di A. Bartoli, in "Studi offerti a Giovanni Incisa della Rocchetta, Roma 1973.

(15) cfr. MORRA O., Tolfa, Cassa Risp. Civitavecchia 1979, pagg. 205-206.

(16) cfr. MIGNANTI F.M., Santuari della Regione della Tolfa a 'cura di O. Morra, Cremonese Editore 1936, pag. 45.O. Morra,    Tolfa, Cassa Risp. Civitavecchia 1979, pag. 95e 229.

(17) cfr. BALDINI A., in    "La Rocca", La Rocca: Confraternite, eremiti, ospedale, Settembre 1985, pag. 4. MORRA O.,      Tolfa, profilo storico e guida illustrativa,

Civitavecchia 1979, pagg. 218-220.

(18) BALDINI A., in "La Rocca", La Rocca: confraternite, eremiti, ospedale, Settembre 1985, pag. 4.

(19) MORRA O., La Chiesa Collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di A. Bartoli da "Studi offerti a Giovanni Incisa della Rocchetta", Roma 1973, pag. 385.

(20) cfr. MIGNANTI F.M., Santuari della Regione di Tolfa, memorie storiche a cura di O. Morra, Cremonese Editore 1936, da pag. 83 a 86.

(21) Narra una leggenda che S. Monica desolata per la morte del marito Patrizio e per la vita sregolata del figlio (S. Agostino), abbia chiesto alla Madonna di manifestarle quale doveva essere il suo modo di comportarsi durante il resto della sua vita. La Madonna che le apparve vestita di nero, circondata dai cori di angeli e con un cingolo splendente alla vita, disse ad essa: "figliola, questa sia la forma delle tue vesti; prendi, eccoti Il grato segno del mio amore; questo cingolo consacrato dal mio seno, che conteneva Iddio, questo cingolo, da ora innanzi custodisca i tuoi lombi senza che le tue mani lo deponga. Adoperati a diffondere per onor mio la devozione verso questa veneranda cintura. "cfr. MARONI LUMBROSO M.MARTINI A.,Le Confraternite romane nelle loro Chiese, Fondazione Marco Besso, Roma 1963, pagg. 86-87.

(22) BALDINI A., in "La Rocca", I tolfetani e S. Antonio Abate, gennaio 1985, pag. 2.

(23) cfr. BALDINI A., In "La Rocca", La Rocca..., Settembre 1985, pag. 4

(24) ibidem

(25) cfr. BALDINI A.,in " La Rocca", La Rocca: I Tolfetani e S. Antonio Abate, gennaio 1985, pag. 2. cfr. MORRA O . , La Chiesa Collegiata di Tolfa negli'inediti scritti di Alessandro Bartoli, da "Studi offerti a Giovanni Incisa della Rocchetta", Roma 1973, pag. 388.

(26) BALDINI A.,in " La Rocca", La Rocca: confraternita, eremiti, ospedale, settembre 1985, pag. 4.

(27) Gli anziani di Tolfa riportano questa testimonianza.

(28) cfr. MARONI LUMBROSO M. - MARTINI A., Le Confraternite romane nelle loro Chiese, Fondazione Marco Sesso, 1963,pagg. 416-417.

(29) c f r . MORRA O . , La Chiesa Collegiata di Tolfa negl’inediti scritti di A. Bartoli, Roma 1973.

MORRA O., Tolfa, Cassa di Risparmio di Civitavecchia 1979, pagg. 207-216.

(30) MORRA O., La Chiesa Collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di A. Bartoli da "Studi offerti a Giovanni Incisa della Rocchetta", Roma 1973, pagg. 386-387.

(31) ibidem, pagg. 387-388.

(32) MORRA O., Tolfa, Cassa di Risparmio di Civitavecchia, Civitavecchia 1979, pagg. 205-206.

(33) Cfr. MORRA O., La Chiesa Collegiata di Tolfa negl’inediti scritti di A. Bartoli da "Studi offerti a Giovanni Incisa della Rocchetta", Roma 1973, pagg. 395-396.

(34) cfr. MARONI LUMBROSO M. - MARTINI A., Le confraternite romane nelle loro Chiese, Fondazione Marco Besso, Roma 1963, pag. 98.

(35) cfr. MORRA O., La Chiesa Collegiata di Tolfa negli inediti scritti di A. Bartoli da "Studi offerti a Givanni Incisa Della Rocchetta", Roma 1973, pag. 393 Verbale del 1752 dal "Libro Mastro del SS. Rosario".

(36) Registro SS. Salvatore - Congregazione. Verbale del 1° Gennaio 1807.

(37)Registro SS. Salvatore - Congregazione. Verbale del 28 giugno 1846.

(38)Visita Pastorale a Tolfa del 1560, Archivio storico di Sutri, Fondo Vescovi.

(39) Archivio storico nei sotterranei della Chiesa di S. Egidio Abate.

(40) Visita Pastorale a Tolfa del 1621, foglio 10 V.

(41) Visita Pastorale a Tolfa del 1623, foglio 234 R, Vol. 10 fasc. 2°.

(42) cfr . CEMPANARI M. - AMODEI T . , La Scala Santa, Ed. F.lli Palombi 1989, pag. 33 ss.

(43) cfr. MARONI LUMBROSO M. - MARTINI A., Le Confraternite romane nelle loro Chiese, Fondazione Marco Besso, Roma 1963, pag. 394 sgg.

(44) MORRA O . , La Chiesa collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di A. Bartoli, Roma 1973, pag. 380.

(45) Visita Pastorale del 1856, Foglio 3 V e 4 R del Registro Visite Pastorali.

(46) cfr MORRA O. , Tolfa, Cassa Risp. Civitavecchia 1979, pagg. 212-213. MORRA O., La Chiesa Collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di BARTOLI A., Roma 1973, pag. 394. Il Bartoli fa risalire il dipinto del Salvatore al sec. XV. Questa notizia, se da una parte avvalora l'attribuzione del dipinto al Pastura, dall'altra é una conferma indiretta dell'esistenza della confraternita del SS. Salvatore già in quel periodo. cfr. GALLETTI-CAMESASCA, Enciclopedia della pittura, (A  E), Ed. Garzanti, pagg. 119-122 e 126-127. cfr.SERRA-NICODEMI-VATIELLI, II libro d'oro del sapere, Architettura, pittura,  scultura, Ed. dott. F. Vallardi, Pagg. 393-396.

(47) Tutte le notizie in generale riguardanti questo capitolo ed i seguenti sono state attinte dalle seguenti fonti, che contrassegnamo con Vol. I e Vol. II: I - Archivio parrocchiale, SS. Salvatore-Congregazioni, dall'anno 1764 al 1853 e anno 1910; II - Archivio parrocchiale, Libro delle Amministrazioni della Ven. Confraternita del SS. Salvatore, dall'anno 1860 all'anno 1898.

(48) Dal Libro dell'Offizio, Capitolo "Modo di dar l'abito ai Novizi."

(49) L'equatore é il parallelo che divide in due parti la sfera terrestre.

(50) MORRA O . , La Chiesa Collegiata di Tolfa negl'Inediti scritti di A. Bartoli, Roma 1973, pag. 394.

(51) Il problema della lotta contro il vizio della bestemmia era talmente sentito che il 26 agosto del 1837 Mons. Anselmo Basilici, Vescovo di Sutri e Nepi, emanò il seguente editto: " per la santificazione delle feste, rispetto dei SS. Templi e contro i bestemmiatori". In questo editto, richiamandosi ad un altro precedente stabilisce, tra l'altro, delle pene nei confronti dei bestemmiatori che prevedevano delle multe e perfino il carcere. Archivio storico nei sotterranei della Chiesa di S. Egidio Abate.

(52) cfr. BALDUINI L., Le umane radici di S. Lucia Filippini, Roma 1992.

(53) Archivio storico comunale.

(54) c f r . MORRA O. , La Chiesa Collegiata di Tolfanegl'inediti scritti di A. Bartoli, Roma 1973, pag. 394.

(55) MORRA O., La Chiesa Collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di A. Bartoli, Roma 1973, pagg. 394-395. La dizione che "i Tolfetani venerano (l'Immagine) in maniera pia ed intensa già da 370 anni” conferma ancora una volta che la Confraternita del SS. Salvatore era attiva sul finire del XV secolo.

(56) A. Bartoli ci dà notizia dell'esistenza a Tolfa di una Chiesa dedicata al Salvatore, che si presentava già completamente  distrutta nell'Ottocento. Forse è da identificarsi con la Chiesa di S. Maria `Salvatoris' che secondo uno studio effettuato da Giuseppe Cola, era attiva nel 1432. Ancora oggi, non si è riusciti ad individuare la sua ubicazione. Non avendo altre notizie al riguardo, risulta difficile stabilire se abbia avuto qualche rapporto con il culto        dell'icona   del SS. Salvatore e con la Confraternita omonima. MORRA O., La chiesa Collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di A. Bartoli, Roma 1973, pagg. 385-386. cfr. COLA G., I Monti della Tolfa nella storia: Tolfaccia e forum Clodii, Tolfa 1984,pagg. l7-18.

(57) CEMPANARI M. - AMODEI T., La Scala Santa, Fratelli Palombi Editori, Roma 1989, pag. 35. DELL'ADDOLORATA S., Sancta Sanctorum, Grottaferrata 1919, pag. 267 sgg.

(58) cfr. CORTESELLI M. - PARDI A., Corneto com'era, Tarquinia 1983, pagg. 92 e 245.

(59) cfr. VITALINI SACCONI V., Gente, personaggi e tradizioni a Civitavecchia dal '600 all'800, Vol. I, Ed. Cassa Risparmio di Civitavecchia, Civitavecchia 1982, pag. 64-65.

(60) MORRA O., La Chiesa Collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di A. Bartoli, in "Studi offerti a Giovanni Incisa della Rocchetta, Roma 1973, pag. 394.

(61) Originario della Spagna, Isidoro nacque da umili genitori intorno all'anno 108O. Fin da piccolo fu educato alla pratica delle virtù cristiane, di cui dette più volte testimonianza durante la sua vita. La povertà della famiglia lo costrinse ad impegnarsi giovanissimo nel lavoro dei campi, a cui si preparava ogni mattina ascoltando la S. Messa e raccomandandosi a Gesù ed alla Madonna. Rimasto orfano, lavorò dapprima come agricoltore presso un ricco possidente di nome VERA. Dopo aver sposato una giovane di nome Maria, emula di lui nella pratica delle virtù, lo troviamo al servizio di un altro ricco possidente. Impiegatosi successivamente presso un certo Giovanni di Vergas, si guadagnò talmente la sua stima da diventare il fiduciario nella condotta dì tutte le sue terre. Più volte perseguitato dalle accuse di invidiosi, fu sempre scagionato dall'intervento di Dio. La sua vita è diventata così modello di fedeltà ai suoi obblighi di lavoro e di pratica delle virtù cristiane, specialmente della carità verso i poveri, con i quali divideva spesso il poco cibo che aveva. Morì nel 1130 circa. BIBLIOTECA SANCTORUM, Vol. VII, Roma 1966, pagg. 954-956.

(62) Registro SS. Salvatore-Libro dell'Amministrazione, anni 1860/1898. Verbale del 30 giugno 1862.

(63) cfr. O. Morra, La Chiesa Collegiata di Tifa negl'inediti scritti di A. Bartoli, Roma 1973, pag. 395.

(64) Vissuto in Egitto tra il 250 ed il 336, condusse una vita da anacoreta per oltre 50 anni sulle rive del Nilo. Quando a lui si unirono dei discepoli si ritirò nel deserto presso il Mar Rosso, dove fondò un Monastero. Ebbe rapporti con S. Atanasio e con l'imperatore Costantino. Aiutò i cristiani di Alessandria durante la persecuzione di Massimino. Combattè gli Ariani. La Rocca, gennaio 1985, pag. 2.

(65) cfr. O. Morra, La Chiesa Collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di A. Bartoli, Roma 1973, pag. 295.

(66) Ad interessarsi delle cure di quest'Altare, dove esisteva una scultura lignea del Santo, erano i Cavallari di Tolfa e delle Lumiere che, come risulta dalle Visite Pastorali, lo accudivano con cura. In questa Chiesa, con il contributo delle numerose offerte dei fedeli, venivano celebrate molte messe in onore del Santo. La Compagnia, il 17 gennaio di ogni anno, celebrava la festa in onore del Santo, che per tradizione era ed è ancora il protettore degli animali e di coloro che sono allevatori del bestiame o si servono degli animali per lavorare la terra. Oltre alla processione, alle messe ed a varie manifestazioni folcloristiche, nel piazzale davanti alla Chiesa, denominato il prato della Misericordia, veniva celebrata una caratteristica cerimonia, quella della benedizione degli animali che la gente portava li per affidarli alla protezione del taumaturgo. Altro luogo in cui a Tolfa nel passato si Venerava S. Antonio Abate era il Santuario della Madonna della Sughera. Qui, fino alla ristrutturazione della Chiesa, resasi necessaria dopo l'insurrezione antifrancese dei tolfetani, a S. Antonio Abate era dedicata una Cappella, quella dove oggi si venera S. Nicolò da Tolentino e si conserva pure il Santissimo Sacramento. Costruita dopo il 1532 a spese dei "Cavaroli delle Allumiere" che si erano uniti in sodalizio, nel 1574 con decreto di Mons. Donato Stampa fu eretta Parrocchia per gli abitanti ed operai delle Allumiere. Tanto le pareti quanto il soffitto erano ornati di pitture che raffiguravano momenti ed aspetti della vita del Santo anacoreta. La Cappella rimase di proprietà dei Cavallari fino al 1752, anno in cui fu donata ai Padri Agostiniani, perché Benedetto XIV in quell'anno aveva nominato sede parrocchiale di Allumiere la Chiesa camerale dell'Assunta, posta al centro del Paese. In tempi successivi, Egidio Bonizi, dopo aver ottenuto il patronato della Cappella, ne mutò la destinazione dedicandola a S. Nicolò da Tolentino, un Santo a cui sono molto affezionati i Padri Agostiniani, che a quei tempi avevano in custodia il Santuario. La Rocca, gennaio 1985, pag. 2.

(67) I fedeli partecipano alla processione con una torcia accesa e con un "fiocchetto", ossia una sorta di coccarda, che portano attaccato al petto. Si distribuiscono anche immagini del Santo che i contadini e gli allevatori attaccano alle pareti delle loro stalle o delle loro case di campagna. La processione ha termine nella Chiesa di S. Egidio, dove i fedeli ascoltano un'omelia e ricevono la benedizione. Terminata la cerimonia religiosa, in piazza G. Matteotti, al suono della banda musicale, vengono innalzati i "palloni", ossia globi aerostatici di carta colorata e, dall'esito positivo o negativo del loro lancio, i fedeli traggono auspici sull'andamento dell'annata agraria. Nel giorno della festa si rinnova l'antica tradizione della benedizione degli animali. Seguono poi corse di cavalli, giochi vari ed altre manifestazioni folcloristiche che danno l'inizio al Carnevale.

(68) cfr. BIANCHI F., Storia dei Tolfetani, Tolfa 1984, pag. 224.

(69) Registro delle Congregazioni del SS. Salvatore, Verbale del 28 giugno 1846.

(70) Cfr. BIANCHI F., Storia dei Tolfetani, Tolfa 1984, pagg.305-309.

(71) Registro delle Congregazioni del SS.Salvatore. (Vol.I)

(72) Registro delle Congregazioni del   SS.Salvatore, Verbale del 21 giugno 1841. (Vol.I)

(73) Sui soggiorni estivi del Cardinale a Tolfa e sulla sua particolare devozione verso la Madonna di Cibona. Cfr.Arc.Gen. O.S.M. Provinciae et Conventus, serie II, Giornali e ricordi (di Cibona), foglio 83 sgg.

(74) cfr. VIGNATI Z., L'Università Agraria di Tolfa, Beucci 1930, pag.8.

(75) PERGI B., Memorie di un tolfetano, Roma 1983, pagg.88-89.

(76) cfr. VIGNATI Z., L'Università' Agraria di Tolfa, Beucci 1930, pag.8.

(77) BIANCHI F., Storia dei Tolfetani, Tolfa 1984, pag.290.

(78) cfr. VIGNATI Z., L'Università Agraria di Tolfa, Beucci 1930, pagg.8 - 9

(79) Le varie notizie sull'Università Agraria di Tolfa, sono state desunte dall'Archivio Storico dell'Ente.

(80) Archivio Storico Comunale, dal Registro delle Congregazioni dell'Unità degli Agricoltori della Tolfa, dall'anno 1811, n.260, all'anno 1831, n.260.

(81) Archivio storico comunale.

(82) ibidem

(83) MlGNANTl F.M., Santuari della Regione di Tolfa, a cura di O.Morra, Cremonese Editore 1936, pag. 179.

(84) MORRA O., La Chiesa Collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di A. Bartoli in Studi offerti a Giovanni Incisa della Rocchetta, Roma 1973, pagg.382-383-389-390-391-396. MORRA O., Tolfa, Cassa di Risparmio di Civitavecchia 1979,pagg.51-60-61-74-80-193-216-226.

(85) MORRA O., Tolfa, Cassa di Risparmio di Civitavecchia 1979, pagg.105-106-110-112-114-139-190-192-203-216-227-231-232-275-276-277-278-293-294. MORRA O.; La Chiesa Collegiata d Tolfa negl'inediti scritti di A. Bartoli ín Studi offerti a Giovanni Incisa della Rocchetta, Roma 1973, pagg.397-398. MORRA O., Nel mondo ecclesiastico dei Sette-Ottocento: i Buttaoni, Estratto dalla "Strenna dei Romanisti", STADERINI 1977.

(86) MIGNANTI F.M.,  Santuari della Regione di Tolfa, Cremonese-Libraio-Editore 1936, pag.110.

(87) Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica.

(88) al testamento di Anna Maria Buttaoni fu data esecuzione nel 1846, primo anno del Pontificato di Pio IX. "Voglio che tutto si conservi colle debite cautele e si ceda all'Ospedale della Tolfa onde formare uno o più fondi per soccorrere in perpetuo colla vendita di essi i poveri infermi della Tolfa secondo il pio Istituto di S.Vincenzo de Paoli. Voglio ugualmente che dall'Ospedale medesimo della Tolfa si abbiano in amministrazione quei beni e capitali il cui reddito dagli infrascritti miei esecutori testamentari sarà custodito e vincolato". Lo stato attivo dei capitali ammontava ad un valore di scudi 23.435.251/2.

(89) MORRA O., Tolfa, Cassa di Risparmio di Civitavecchia 1979, pagg.105-156-157-159-239.

(90) Cfr.MORRA 0., Filippo Maria Mignanti storico della Basilica Vaticana, in "Strenna dei Romanisti", Natale di Roma, 21 aprile 1967.

MORRA 0., Tolfa, Cassa di Risparmio di Civitavecchia 1979, pagg.169-216-272-277-278-285-286.

(91) MORRA O., La Chiesa Collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di A. Bartoli, Roma 1973, pagg.396-397. MORRA O., Tolfa Cassa di Risparmio di Civitavecchia 1979, pagg.139-150-170 -212-216.

(92) MORRA O., Tolfa, Cassa di Risparmio di Civitavecchia 1979, pagg. 37-39-73-97-100-101-105-115-116-118-120-121-138-158-165-169-191-194-201-205-207-214-217-218-221-233-255-256-260-276-277-281-284-286-293. MORRA O., La Chiesa Collegiata di Tolfa negl'inediti scritti di A.Bartoli Roma 1973.

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