|   II testo del decreto 
                prosegue concedendo l'approvazione a quella Confraternita detta del Nome di Dio che si era 
                  già costituita.Il padre Zobbio approva fin da allora quel cappellano che la maggioranza 
                  dei soci vorrà eleggere.
 Stabilisce che vi sia un registro che annoti i nomi e i cognomi dei 
                  membri i quali entrando a far parte della compagnia debbono prestare 
                  la loro opera gratis, secondo le leggi stabilite nelle costituzioni 
                  della confraternita.
 Insieme ad altre ingiunzioni si stabilisce che ogni anno venga celebrata 
                  con solennità la festa della Circoncisione del Signore, titolare della confraternita e che venga fatta dipingere una 
                  immagine con il padre fondatore S. Domenico che adora il nome del Signore 
                  da conservare nella chiesa; il decreto precisa che se verrà trascurato 
                  questo ultimo obbligo "nostram concessionem irritam decernimus 
                  " (28).
 Nella Visita Pastorale del 1728 troviamo la descrizione dell' altare 
                  del Santissimo Nome di Dio o di Gesù Cristo: l'icona dell' altare 
                  presentava il monogramma JHS adorato da due angeli, da S. Domenico, 
                  S. Francesco, S. Giovanni Evangelista Imperatori, Regine e Pontefici 
                  (29). I santi elencati sono quelli particolarmente 
                  invocati dalla Confraternita.
 Nella pergamena di casa Pergi tra le miniature abbiamo oltre San Domenico 
                  e San Giovanni Evangelista anche il Battista e S. Elena imperatrice 
                  che sorregge la croce; il ricordo di questi santi richiama il titolo 
                  della chiesa sede della compagnia: San Giovanni e della Croce.
 Possediamo quindi degli elementi che permettono di precisare subito 
                  alcune questioni:
 - la Confraternita fu fondata nel 1567 ed ebbe come titolo: Confraternita 
                  del Santissimo Nome di Dio e di Gesù Cristo;
 - nei documenti posteriori troviamo che però la denominazione 
                  variava a seconda dell'estensore: Confraternita del Nome di Dio, o Confraternita 
                  del Nome di Gesù o Compagnia di Gesù Cristo ( con altre 
                  varianti);
 - nel 1568 otteneva dal Vescovo di Sutri, Mons. Valenti, mediante rescritto 
                  del vicario generale, Tullio Mancinelli, il possesso della chiesa di 
                  San Giovanni e della Croce ( o delle due chiesuole fatiscenti con questo 
                  titolo), l'Ospedale di San Giovanni con tutti ì beni annessi;
 - nel 1569 i fratelli della Confraternita prendevano possesso della 
                  Chiesa ( o delle chiese ) e dello Ospedale e cominciavano i lavori di 
                  restauro e ricostruzione della chiesa di S. Giovanni e della Croce, 
                  che, per decreto vescovile, manteneva questo titolo aggiungendo quello 
                  del Santissimo Nome di Dio; nel 1578 la fabbrica non era stata ancora 
                  ultimata;
 - la Confraternita del Nome di Dio reggendo l'Ospedale di San Giovanni 
                  di Tolfa riterrà sempre ufficialmente questa denominazione: CONFRATERNITA 
                  DEL SS.MO NOME DI DIO E SUO OSPEDALE;
 - nel 1582, in ossequio ai decreti di Pio V e Gregorio XIII, il padre 
                  maestro Vincenzo de Cellis faceva istanza alla Curia Generale dell'Ordine 
                  dei Predicatori affinché confermasse l'istituzione della Confraternita 
                  tolfetana.
 Bisogna puntualizzare che, secondo la tradizione, le Confraternite del 
                  SS. mo Nome di Dio furono fondate nel 1274 allorché con una Bolla 
                  spedita nel Concilio di Lione il 21 settembre di quell'anno da 
                  Gregorio X al Beato Giovanni da Vercelli, Generale dei Predicatori, 
                  il Pontefice approvava i sodalizi che promuovevano il culto del nome 
                  di Dio e di Gesù Cristo.
 La sede primaria dell' Arciconfraternita é sempre stata Santa 
                  Maria sopra Minerva dell'Urbe (30 ).
 II Vicario Generale dell'Ordine convalidava l'istituzione del sodalizio 
                  già avvenuta alcuni anni prima conferendo alla Confraternita 
                  di Tolfa tutti i benefici spirituali, oneri e diritti
 provenienti dall'aggregazione e approvazione dell'Ordine Domenicano.
 
 Cap. 3 STRUTTURA DELLA CONFRATERNITA
 (Finalità-organizzazione interna-numero 
              dei soci regolamenti)Per ricostruire la struttura di una confraternita, le 
              sue finalità e impegni spirituali e caritativi sono di capitale 
              importanza gli " Statuti " locali e quelli dell'Arciconfraternita 
              primaria.Purtroppo gli archivi locali e quelli delle Curie di Sutri e Civitavecchia 
              non hanno conservato gli " Statuti " del nostro sodalizio. La 
              ricostruzione, nei minimi dettagli, della struttura della Confraternita 
              tolfetana ci é risultata particolarmente ardua. Tuttavia, considerando 
              l'affinità con quella " sorella. " di Civitavecchia e 
              la ricca documentazione attinente la Confraternita ( decreti, decisioni, 
              verbali, regolamenti e cariche dei soci, libro mastro e registri di spesa) 
              é stato possibile ricostruire a grandi linee la struttura della 
              Compagnia laicale tolfetana.
 Avendo come punto di riferimento iniziale i citati " Statuti " 
              , ricopiati a cura della Confraternita Civitavecchiese e contenenti norme 
              di carattere generale per tutte le Confraternite con quella denominazione 
              notiamo che nonostante che il rescritto di Pio V nell'anno VI del suo 
              Pontificato avesse, con suo Breve , dettato le norme che dovessero essere 
              eseguite dalle Confraternite del SS.mo Nome di Dio e 
              che soprattutto esse venissero fondate in tutti i Conventi dell'Ordine 
              dei Predicatori e che senza il permesso del Generale di detta Congregazione 
              non " possino essere istituite" (31 ), non ci risulta che a Tolfa fosse mai esistito né un convento 
              ma neanche una chiesa dove l'Ordine dei Domenicani officiasse la Messa.
 Comunque al di là di queste considerazioni, a Tolfa come abbiamo 
              visto, fu possibile istituire detta Confraternita che in modo anomalo 
              aveva finalizzato il suo interesse non solo verso opere squisitamente 
              religiose e di culto, ma soprattutto nella gestione dell'Ospedale e della 
              Chiesa di San Giovanni, con una posteriore approvazione dell' Ordine Domenicano.
 Da un'attenta analisi degli statuti della Confraternita del SS. mo Nome 
              di Dio che erano similari un po' in tutto il mondo cattolico, si può 
              rilevare che anche quella di Tolfa in molti aspetti si avvicinava alle 
              consorelle, ma differenziandosi sostanzialmente per gli interesse specifici 
              della stessa.
 Infatti, la cura dell' Ospedale e gli altri impegni tipici del sodalizio 
              tolfetano, la uniscono alle altre omonime confraternite per la finalità 
              spirituale posta all' origine della pia aggregazione." Il fine per 
              cui fu eretta questa Confraternita fu quello di lodare e benedire l' ineffabile 
              SS. mo Nome di Dio e di Gesù Cristo, in opposizione al disprezzo 
              che con orrore de’ buoni e della natura stessa, l'ingratitudine 
              e malizia umana ne fa con spergiuri e bestemmie".
 La Confraternita si atteneva alla regola di associare i cadaveri dei fratelli 
              e sorelle nella Chiesa da essa officiata cioé di San Giovanni, 
              e di prestargli tutti i suffragi previsti; inoltre predisponeva un sussidio 
              per le povere zitelle orfane.
 Per quanto riguarda l'abito dei confratelli del SS.mo Nome di Dio, dobbiamo 
              rifarci alle consuetudini generali della Confraternita che prevedeva un 
              sacco bianco, la mozzetta " turchina ", un cingolo attorno alla 
              vita e sulla mozzetta l'emblema del sodalizio costituito dal monogramma 
              .IHS, sormontato dalla croce. Il monogramma del Nome di Gesù, diffuso 
              ovunque da San Bernardino da Siena, viene riportato su tutti i registri 
              e i libri della Confraternita, come pure su alcune case di Tolfa ( 32 ).
 La vestizione dei confratelli avveniva in modo solenne nel rispetto delle 
              norme seguite anche dagli altri sodalizi laicali. Il rituale viene conservato 
              ancora nell'Archivio di S. Egidio, Civitavecchia 1982. Insieme ai tradizionali 
              " Offizio della B. V.M. e dei Morti " molto in uso presso tute 
              le confraternite, insieme a numerose altre pratiche di devozione raccolte 
              in libri e opuscoli ad uso dei confratelli e conservate negli stalli del 
              coro dove " si cantava l'Offizio ".
 A tutto quello che era previsto dagli statuti generali per l'esercizio 
              dell'autorità e per i singoli uffici, la Confraternita di Tolfa, 
              aggiungeva tutti gli uffici inerenti all'attività ospedaliera privilegiata 
              all'atto di fondazione e la presenza dell'eremita del Santuario della 
              Rocca, a lei affidato nel 1567.
 Possiamo anche definire il ruolo ricoperto in alcuni uffici e il numero 
              effettivo dei soci.
 Il responsabile della Confraternita era il Priore che aveva come compito 
              l'amministrazione delle rendite della medesima rispondendo " dinanzi 
              a Dio ed alla stessa Confraternita quei danni e pregiudizi che per sua 
              colpa potessero derivare ".
 Era quindi compito del Priore far verificare ogni tre mesi i conti delle 
              entrate e delle uscite, organizzare per la fine di ogni anno la elezione 
              dei nuovi organi statutari; invitare alle congregazioni il Vicario foraneo 
              della Diocesi, convocare la congregazione segreta e predisporre il bilancio 
              annuale della Confraternita stessa da sottoporre all'approvazione della 
              congregazione.
 Insieme al Priore ogni anno veniva eletto il sotto Priore che coadiuvava 
              il Priore nelle sue incombenze a predisporre i provvedimenti necessari 
              per il buon andamento della Confraternita, inoltre aveva il compito di 
              apporre le sue firme dopo il Priore su tutti i mandati di pagamento.
 Una funzione molto importante soprattutto per il buon andamento amministrativo 
              della Confraternita era quella affidata ai sindaci che in numero di due, 
              eletti anche loro annualmente, avevano il compito di verificare il conto 
              trimestrale che doveva essere esibito nelle congregazioni, stimolare ì 
              " cercatori " ( Confratelli che si dedicavano alla questua nei 
              giorni festivi ) e gli esattori e predisporre nei tempi previsti le rendicontazioni, 
              inoltre intervenivano alle varie congregazioni come tutti gli altri eletti.
 Annualmente si eleggeva anche tra i sacerdoti presenti nel paese, il Cappellano 
              che aveva il compito di officiare la Messa nella chiesa di San Giovanni, 
              di prestare la sua opera spirituale sia ai Confratelli ma soprattutto 
              agli infermi dell'Ospedale.
 Ogni anno tra i confratelli venivano eletti sia gli infermieri che avevano 
              il compito di prestare gratuitamente la loro opera nell'Ospedale che I'Ospitaliere 
              che aveva il compito gravoso della gestione dell'Ospedale e che viveva 
              all'interno dello stesso.
 Essendo la Confraternita una organizzazione che viveva delle elemosine 
              dei cittadini un compito abbastanza gravoso e importante lo avevano i 
              " cercatori" anche loro eletti annualmente che dovevano essere 
              oltre che capaci di saper coinvolgere la gente ad offrire i beni necessari 
              per l'Ospedale, soprattutto onesti in quanto dovevano consegnare alla 
              Confraternita quanto avevano raccolto.
 Attraverso un'indagine che passa dalle congregazioni di fine `500 fino 
              alle ultime della seconda metà dell' 800 , abbiamo potuto verificare 
              che coloro che facevano parte delle congregazioni non erano mai stati 
              più di ventiquattro ( 1771), ma spesso il loro numero era stato 
              più esiguo da dodici a sedici o diciotto.
 Venivano eletti, come abbiamo già detto a scrutinio segreto nel 
              mese di dicembre di ogni anno attraverso il sistema delle palle bianche 
              (voto favorevole) e delle palle nere (voto contrario).
 I verbali da noi presi in considerazione non ci hanno mai portato a conoscenza 
              in modo chiaro dove avvenissero le riunioni della Congregazione, ma possiamo 
              evincere, anche da quanto normalmente accadeva per le altre Confraternite 
              esistenti a Tolfa, e da quanto avveniva in tutto il resto del mondo cattolico, 
              che dette congregazioni si tenessero nell'oratorio della Chiesa di San 
              Giovanni.
 
 Cap. 4 - L' ATTIVITA' OSPEDALIERA DELLA CONFRATERNITA
 a ) -La gestione dell'Ospedale nei secoli XVI - XVII 
            - XVIIILa storia della Confraternita va di pari passo con quella 
              dell'Ospedale da lei gestito. Non possiamo quindi omettere uno sguardo 
              d'insieme alle vicende della benefica istituzione dalla presa di possesso 
              da parte del sodalizio fino al suo totale declino.
 Alla finalità spiccatamente spirituale di rendere onore al Nome 
              SS.mo di Dio e di Gesù Cristo e di riparare le bestemmie, la nostra 
              Confraternita, come si é visto prese fin dal suo nascere un impegno 
              caritativo a servizio degli infermi dell'Ospedale tolfetano di San Giovanni. 
              Questo assorbì gran parte delle sue energie. e , pur tenendo conto 
              della gestione delle chiese di San Giovanni e della Rocca con i vari riti 
              ivi celebrati e delle altre opere di carità esercitate, la manutenzione, 
              la direzione e il buon funzionamento dell'Ospedale, hanno sempre rivestito 
              una primaria attenzione. Ciò si evince da tutti i verbali delle 
              congregazioni in nostro possesso e dai libri di amministrazione.
 La dimensione comunitaria della vita del paese risalta soprattutto dalla 
              caratteristica istituzione di opere di interesse pubblico come la cura 
              dell'Ospedale e la costruzione delle Chiese. Esse non nascono mai per 
              un impulso di un privato ma sono sempre il prodotto di una volontà 
              comune.
 Da qui il proliferare di confraternite e associazioni 
              con scopi sociali, come per esempio la Confraternita del SS. mo Nome di 
              Dio e il suo Ospedale, che avevano il compito di ricercare, seppellire 
              e curare coloro che erano morti o malati in campagna lontani dal paese 
              e che si reggeva su un volontariato (33).
 L Ospedale di San Giovanni era ubicato nel!' attuale piazza Matteotti 
              e perdurò fino agli inizi del nostro secolo.
 La Confraternita, fin dall'atto di fondazione, non si era solo assunto 
              il compito di onorare il Nome dì Dio e riparare le bestemmie, quanto 
              piuttosto quello spiccatamente caritativo. Lo si deduce anche dal fatto 
              che veniva identificata sempre come " la Compagnia dell'Ospedale 
              ". E' questo anche il motivo che ci impone una trattazione più 
              lunga e accurata rispetto agli altri capitoli.
 Del resto per la " correzione della bestemmia " a Tolfa, esisteva 
              già un altro sodalizio ( la Confraternita del SS.mo Salvatore) 
              il cui scopo primario includeva proprio la correzione del turpiloquio 
              e della bestemmia nei giorni festivi (34) 
              .
 Lo stile usato nella cura degli infermi e nella direzione del personale 
              sanitario emerge in un verbale della Congregazione ( riunione ) dei " 
              confratri " (35 ) tenuto il 25 novembre 
              1636 ( cioè solo cinquanta anni dopo il riconoscimento ufficiale 
              della Confraternita ), nel quale possiamo leggere : " Avanti il molto 
              Rev. sig. Don Yacomo Zamponi vescovo foraneo della Tolfa é stata 
              radunata la Congregazione dei fratelli della Ven. Compagnia del Santissimo 
              Nome di Dio dalli sigg. Bonizi priore... " seguono i nomi del vice 
              Priore, del Camerlengo, del Segretario e di tutti i partecipanti.
 Nel testo del resoconto della seduta leggiamo ancora
 :"...s'intende che sarebbe cosa facile che i confratelli
 che sogliono attendere al servizio degli infermi verrebbero
 volentieri a servire questo nostro Hospitale sempre ché alli
 medesimi fussero fatte condizioni di poterci stare et ponendo
 che questo Hospitale habbia entrate assai sufficienti per
 poterceli introdurre, e considerando che con simile occasione si
 verrebbero ad argumentare il servizio di Dio a beneficio dei
 poveri infermi... "
 . Evidentemente l'assistenza nell'Ospedale avveniva in forma volontaristica, 
              ma esso era istituito e funzionante e godeva già di alcune rendite.
 Dal contesto della delibera si rileva pure il pensiero del!' espositore, 
              il quale fa osservare che la sola abnegazione non basta a compensare gli 
              infermieri e quindi a chi più si impegna nella cura degli infermi 
              è necessario provvedere almeno riconoscendogli un compenso a rimborso 
              del tempo occupato in tale benefica opera.
 La delibera prosegue con argomenti di ordinaria amministrazione fra cui 
              la decisione di eseguire alcuni lavori di riadattamento dello stesso ospedale.
 Il concetto di compensare gli infermieri venne ribadito e precisato nella 
              " raddunata " del 1 gennaio 1639 nel verbale della quale, dopo 
              il solito preambolo e l'elenco dei partecipanti, leggiamo 
              "...nella medesima congregazione é stato anche resoluto di 
              fare il prato dell'Acqua Bianca a Menico spitaliero per scudi tre l'anno 
              che se le diano per esercimento di salario et sue fatiche che fa per l'hospitale" 
              ( 36 ).
 In conclusione, sulla base dei documenti citati e di altri verbali di 
              sedute, si può affermare che:
 
 a) fino a quella data l'assistenza ai malati era prestata gratuitamente 
              dai confratelli;
 b) almeno dal 1639 si riconosce un compenso a chi assisteva gli infermi, 
              anche se in forma ibrida concedendo ad essi un terreno a basso fitto.
 b) - Situazione dei ricoveri (37 )
 I primi anni dell'apertura dell'Ospedale e soprattutto 
              dopo l'affidamento dello stesso alla Confraternita del SS. mo Nome di 
              Dio, furono anni di rodaggio per la organizzazione del servizio, che sicuramente 
              non era molto efficiente, al di là della grande buona volontà 
              e predisposizione che potevano metterci i confratelli che vi prestavano 
              volontariamente il loro servizio, tanto è vero 
              che dalla registrazione degli infermi, che inizia nel 1611, troviamo 18 
              ricoverati, dei quali cinque morivano durante le fasi del ricovero e tre 
              dei cinque erano forestieri (38 ).Il registro purtroppo è carente sia per quanto riguarda la causa 
              del ricovero, che i giorni di degenza e l'età dei ricoverati.
 Nel 1616 i ricoverati sono già ben 37, dei quali otto però 
              morivano durante il ricovero, ma, un dato risalta subito agli occhi dalla 
              lettura del registro, ben 29 dei 37 ricoverati sono forestieri tra i quali 
              4 milanesi, 2 bresciani, 1 bergamasco, molti toscani e marchigiani ,segno 
              evidente che l'Ospedale era divenuto il punto di riferimento non solo 
              dei locali, che in realtà usufruivano molto poco della struttura, 
              ma soprattutto di forestieri che sicuramente in gran parte lavoravano, 
              o avevano rapporti , con le vicine cave di allume (39).
 II 1621 è stato un anno sicuramente molto importante per lo sviluppo 
              dell'Ospedale, che venne messo a dura prova sia nelle sue strutture ricettive, 
              ma soprattutto per quanto riguarda la capacità di poter dare agli 
              utenti un servizio medico efficiente ed alla altezza della situazione, 
              Infatti con molta probabilità Tolfa fu soggetta 
              ad una epidemia in quanto troviamo ben 123 ricoveri con 32 morti, 69 dei 
              ricoverati erano forestieri provenienti dalle Marche, Toscana, Lombardia 
              ed altre regioni ( 40) .
 La Confraternita per far fronte alle aumentate necessità e bisogni 
              della struttura ospedaliera era costretta in quegli anni ad aumentare 
              il numero dei posti letto presenti nel nosocomio, infatti troviamo tra 
              gli acquisti un consistente numero di pagliericci e materassi, coperte 
              di lana, camicioni per i malati.
 Dal registro degli inventari delle proprietà dei beni della Compagnia 
              del SS. mo Nome di Dio nella Tolfa, con annesso inventario dei beni della 
              Chiesa di S. Giovanni e del!' Ospedale del SS. mo Nome di Dio nell’amministrazione 
              del Cap. ( Capitano o Cappellano ) Vinciguerra, del m° ( maestro o 
              mastro ) Andrea Framura e Mons. Cellio Celli Camerlengo, anno 1617, troviamo 
              tra i beni immobili alcune case, cantine e soprattutto appezzamenti di 
              terreno che venivano dati in affitto, spesso in cambio di una parte del 
              raccolto, che veniva sicuramente utilizzato all'interno dell'Ospedale; 
              inoltre detto inventario riporta i beni presenti nella Chiesa di S. Giovanni: 
              vi erano quattro candelieri in ottone, quattro lanternoni dorati per la 
              processione, confessionali, pianeta, stendardi etc. ; più interessante 
              invece l'inventario dei beni dell'Ospedale con materassi di lana e di 
              crine, pagliericci, coperte di lana, camicioni per malati, lenzuola, una 
              credenza, alcune mestole, una graticola ( evidentemente nell'Ospedale 
              c'era un camino con doppia funzione : sia per cucinare, che per riscaldare 
              gli ambienti ) , una tinozza per lavare gli ammalati (evidentemente si cercava di curare anche l'igiene degli infermi ), oltre 
              a materiale vario di carattere ospedaliero quale ferri per chirurghi, 
              pinze per estrarre i denti etc. (41 ) 
              .
 In un primo tempo le disposizioni della Curia di Sutri da cui la Confraternita 
              e l'Ospedale dipendono sono molto rigide, tanto è vero che l'inventario 
              deve essere annuale, poi vediamo che incomincia a subentrare un certo 
              lassismo e gli inventari vengono predisposti ogni cinque poi ogni sette 
              e addirittura nove anni.
 In quello effettuato nel 1652 (42) troviamo 
              tra le altre cose una spada ed un paio di stivali, segno evidente del 
              passaggio di un soldato, forse morto durante la degenza, una cappa o un 
              mantello con relativo attaccacappe ed un marchio di ferro per marchiare 
              il bestiame, probabilmente lasciato da qualche allevatore o mercante che 
              si recava alla Tolfa per acquistare capi di bestiame.
 Evidentemente la situazione della gestione e dei controlli sull'Amministrazione 
              dell'Ospedale lasciò per qualche tempo a desiderare, finché 
              nella deliberazione del 12 maggio 1675 venne discusso e approvato un Regolamento 
              unico e generale per tutte le confraternite, che nel frattempo andavano 
              moltiplicandosi, emanato dal Vescovo di Sutri e Nepi Card. Giulio Spinola, 
              per regolamentare la vita di queste iniziative, che con l'andare del tempo, 
              avrebbero potuto travisare i nobilissimi intenti per i quali e con i quali 
              erano nate.
 E' interessante scorrere il regolamento per notare che "... non si 
              elegghino per Priori o altri Officiali padre e figlio, né zii e 
              nipoti e chi é stato eletto una volta, non si elegga di nuovo (...) 
              e però ogni 15 giorni prima sia finito il tempo dell'Officiali 
              vecchi, quelli che avevano retto la Confraternita nell'anno immediatamente 
              trascorso, il Consiglio della Compagnia si congreghi insieme e si faccia 
              elezione dei nuovi Scindicatori ( sindaci revisori dei conti) per voti 
              segreti, quali non siano parenti almeno in primo o secondo grado alli 
              Priori o Camerlenghi, e vedano fra questo tempo (15 giorni) i conti per 
              l'amministrazione dell'entrata e dell'uscita (... ) et ordiniamo che chi 
              sarà chiamato debitore dalli Scindicatori sborsi subito in mano 
              al nuovo Camerlengo quello che deve... " Ed ancora, all'art. 7 "...quando 
              si averanno da fare affitti , si facciano ad estinsione di candela, e 
              poste prima le solite cedole ( avvisi, bandi) (... ) si daranno a quelli 
              che più offeriranno ... "
 Dopo altre regole, riguardanti l'amministrazione dei beni della Confraternita, 
              si passa ad una lunga esposizione dei doveri che hanno gli ospedalieri 
              in un contesto apposito, intitolato appunto " De gl'Hospitali ", 
              ove fra l'altro viene precisato : " Se bene intorno alla cura degl'Hospitali 
              (...) si sono dati buoni ordini, si stima bene di più avvertire 
              l'Hospitaliere che quelli che si ammettono devono essere ricoverati gratis, 
              senza ricevere cosa alcuna, ancorché spontaneamente offerta (... 
              ), l'ospitaliere prima di ricevere forestieri deve informarsi da dove 
              vengono e non ricevere uomini con giovanetti o uomini con donne, se non 
              dopo accertato che siano padre e figlio o marito e moglie, non si ammettano 
              armati e nel dubbio si avvertano gli amministratori (...) le rendite destinate 
              all'Ospedale non si possono spendere in modo diverso, 
              anche se vi fosse residuo (di bilancio) (...) le donne saranno curate 
              dalle donne, gli uomini dagli uomini ... gli officiali (... ) guardino 
              se ( gli infermieri) sono puntuali nel somministrare ad essi ( malati) 
              tutto ciò che bisogna secondo l'ordine dei medici ... " (43 ).
 Quanto sopra ci porta a concludere che la vita delle Confraternite e degli 
              Ospedali, fino a quel tempo limitata e governata in maniera empirica, 
              aveva avuto una notevole espansione tanto che, da parte delle autorità. 
              si era sentita la necessità di emanare qualche editto che ne regolasse 
              la vita amministrativa ed assistenziale.
 Una notevole quantità di documenti ritrovati nell'Archivio del 
              Comune, dell'Ospedale e della Confraternita del SS.mo Nome di Dio, ci 
              portano a conoscenza dello stato di disagio della Comunità della 
              Tolfa di fronte al problema della salute pubblica nel XVIII secolo.
 Infatti nei 1741 il Consiglio Comunale chiedeva che la condotta medica 
              venisse assegnata ad un altro chirurgo "perché un venturiero 
              angaria la cittadinanza chiedendo somme esorbitanti per le sue prestazioni 
              ", nel 1770" trovandosi malato il dott. Pietro Pucilli medico 
              condotto ... sono stati obbligati chiamare il dott. Marsili 
              medico dell'Allumiere come vicinori a cui dovevano ogni mattina spedire 
              un cavallo perché venga una volta al giorno a visitare i malati 
              ... " (44 ).
 Nell'anno 1743 era scoppiata una grave epidemia e il Consiglio Comunale 
              nella seduta del 13 luglio dovette prendere le opportune decisioni per 
              evitare il contagio. " Con editto della Sagra Consulta sopra le precauzioni 
              di Sanità nell'emergente sospetto del mal contagioso ... ci viene 
              ordinato di chiudere questa terra con fratte e fastelli e guardie ai medesimi 
              con i soliti bollettini di sanità " .
 Il cons. Buttaoni propone che " ... per venire in fare luogo alla 
              costruzione e fattura delle fratte attesa la scarsezza degli uomini che 
              abbiamo per esserne quaranta in circa applicati alla guardia della marina, 
              altro numero maggiore applicato al servizio del negozio e campagna delle 
              Lumiere et alli nuovi testi ossia cave di piombo et altri minerali e quasi 
              deltutto il popolo rimanente alla raccolta del grano, non possiamo dar 
              principio ai taglio delle fascine e trasporto delle medesime se non da 
              chi da domenica prossima a venire " . La comunità ordinò 
              a tutti gli uomini di campagna di fare ciascuno venti fascine " ben imbrigliate e di trasportarle con cavalli da basto e somari messi a disposizione 
              dai proprietari per servizio della comunità talmente che li padroni 
              delli medesimi possino attendere a tal servizio pubblico e supplire alle 
              altre loro faccende di campagna " (45 ).
 Le misure precauzionali comunque furono sufficienti in quanto troviamo 
              ricoverati nell'Ospedale di Tolfa un numero di ammalati poco più 
              alto degli anni precedenti ed allo stesso modo i morti non subirono variazioni 
              eccessive ma si tennero nella norma.
 Negli anni successivi l'Amministrazione dell'Ospedale lascia a desiderare, 
              infatti nel 1765 si rileva quanto segue : "Sussiste che l'Ospedale 
              di questa terra si ritrova in necessità estrema di dover per molte 
              necessarie spese di suppellettili mancanti per servizi degli infermi che 
              continuamente in esso si curano " .
 Era infatti divenuto molto difficile sostenere dette spese in quanto dai 
              libri dell'Amministrazione si rileva in quell'anno un pesante disavanzo, 
              così anche nel 1780, anno in cui le entrate sono di scudi 303,98 
              e le uscite di scudi 488,06.
 " ... In prova della totale sussistenza dell'esposto nel memoriale 
              del Venerabile Ospedale della Terra della Tolfa, unitamente alla informazione 
              di quel giudicante mi dò l'onore umiliare il foglio di quelli pubblici 
              rappresentanti con altri documenti dai quali non solo si rileva essere 
              eccedente il numero dei malati che quest'anno in esso ospedale sono stati 
              ricoverati e curati ma di essere ancora sussistente l'avversa rimessa 
              che per tal cagione ha dovuto quel luogo Pio soffrire..".
 Nel 1780 troviamo poi lamentele avverso il medico chirurgo "... detti 
              professionisti e specialmente il medico chirurgo poco o quasi niente han 
              fatto contro, nella caduta influenza dei poveri che più di ogni 
              altro devono essere a cuore...."
 L'affluenza degli infermi è stata in questa terra tanto nel!' anno 
              precedente che nel presente abbondantissima, infatti troviamo nel registro 
              degli infermi di quegli anni circa centocinquanta malati.
 La situazione non era molto migliorata qualche anno più tardi se 
              troviamo una missiva del clero locale al Mons. Vescovo di Sutri, nella 
              quale si fa presente una situazione che è divenuta ogni anno più 
              difficile da gestire in quanto sono molti i malati ricoverati : " 
              Noi sottoscritti Rettore Parroco dell'insigne chiesa collegiata di S. 
              Egidio e coadiutore della Parrocchia, attestiamo che mediante la cresciuta 
              popolazione ascendente a circa tremila anime compresi i forestieri addetti 
              alla coltura dei capi ed alla custodia del molto bestiame specialmente 
              vaccino che forma il primo ramo di commercio di questa medesima terra, 
              attesa la lontananza degli stessi campi, le strade disastrose, le salite 
              montuose e l' aria divenuta alquanto insalubre dopo il 
              taglio seguito di molte selve territoriali, si ritrovano in tutte le stagioni 
              infermi da diversi mali infetti... e segnatamente ne era ripieno l'ospedale 
              ove il gran numero dei campagnoli non erano sufficienti i letti (46 )
 Nonostante tutto la vita della Ven. Confraternita del Santissimo Nome 
              di Dio e quella dell'Ospedale da lei gestito continuarono in maniera più 
              o meno tranquilla finché non vennero bruscamente interrotte dalle 
              note vicende della Repubblica Romana del 1798 - 1799. Vediamone le conseguenze.
 Il libro delle Congregazioni si ferma sotto la data del 5 febbraio 1798, 
              cioè appena dieci giorni prima che il generale Berthier proclamasse 
              in Roma l'avvento della Repubblica Romana.
 In quella data si svolse una noiosissima assemblea, presieduta dal Rev. 
              Domenico Buttaoni in rappresentanza del Vescovo De Simoni, ove si discussero 
              cose di ordinaria amministrazione, quasi non ci si avvedesse della bufera 
              scatenata in tutta Europa dalla Rivoluzione Francese, come se questa non 
              potesse assolutamente sfiorare la pacifica comunità di Tolfa.
 La Congregazione seguente fu tenuta solo il 29 dicembre 1799 a ben ventidue 
              mesi dalla precedente, il che dimostra la impossibilità dei confratelli 
              di riunirsi più spesso come era loro abitudine, almeno per l'elezione 
              annuale degli amministratori.
 In quella data lo steso Mons. Buttaoni radunò la Congregazione, 
              alla quale parteciparono, cosa insolita soltanto tredici Confratelli, 
              e nella quale possiamo fra l'altro leggere : " ... il Sig. Can. Pasquini 
              eletto Camerlengo ( per l'anno 1800 ) considerando la molteplicità 
              delle incombenze particolarmente per la provvisione di tutto l'occorrente 
              tanto per la Chiesa che per l'Ospedale per la depredazione generale fatta 
              dai francesi, dice di non poter egli solo attendere a tutte le incombenze 
              del camerlengato, onde fa istanza che si elegga altro soggetto che lo 
              assista e lo aiuti particolarmente nella provvista delle cose occorrenti 
              " .
 Si affiancò al Camerlengo il sig. Sante Zoppini . Più avanti 
              la stessa delibera così prosegue :" ... susseguentemente proposto 
              che atteso il guasto accaduto nella Chiesa servita per quartiere alle 
              truppe repubblicane dell'estinto governo ed anche la depredazione già 
              sopra accennata di tutti i mobili, suppellettili, biancheria e vasi sacri 
              é necessario di ristaurare et imbiancare la suddetta Chiesa e di 
              provvedere il calice tanto per la chiesa di questo Ospedale quanto per 
              la chiesa della Rocca, la pisside per il viatico, il vasetto per l'olio 
              santo, tovaglie e tutte le altre biancherie e suppellettili per il servizio 
              della chiesa e degli infermi.
 Onde le ss.II. risolvino.
 Insorse il sig. Bonizzi Filippo il quale era intenzionato di dare le opportune facoltà ai suddetti sig. Canonico Camerlengo 
              e Sante Zoppini di fare tutte le spese necessarie .e di restaurarsi, come 
              sopra, ottenendone il dovuto permesso dai legittimi superiori. Date le 
              palle e raccolte furono esse trovate tutte bianche " (47 ).
 Le votazioni all'interno della Confraternita si tenevano su ogni singola 
              proposta e sempre a scrutinio segreto per mezzo di palle bianche, se favorevoli, 
              nere, se contrari.
 Dopo le suddette votazioni la Congregazione venne chiusa con la solita 
              formula.
 E' evidente che dopo qualche tempo tutto fu ripristinato e sia la Confraternita 
              che l'Ospedale ripresero le loro attività benefiche animate e sostenute 
              dalla estrema buona volontà dei Confratelli.
 c) 
              La soccida delle vacche e la gestione dell'ospedale nel sec.XIX Nel 
              1803 la Confraternita del SS. mo Nome di Dio intraprende una attività 
              completamente nuova, entra infatti in società con il Sig. Angelo 
              Buttaoni per anni cinque per gestire, nei pascoli sociali, delle vacche, 
              nasce così la Società delle Vacche che andrà avanti 
              fino al 1872. Dalla società la Confraternita ricaverà sempre 
              un buon utile e qualche volta anche carne fresca per i malati.Si legge negli atti che in detta società sono a carico del Buttaoni 
              le gabelle o tasse, il movimento delle vacche da un pascolo all'altro, 
              la metà del ricavato dalla vendita dei vitelli, inoltre alla fine 
              dei cinque anni le vacche saranno divise in parti uguali e la Confraternita 
              è chiamata per prima a scegliere la sua parte.
 L'investimento fatto in detta società è talmente produttivo 
              che nel 1808 al momento dello scioglimento della società con il 
              Buttaoni, la Confraternita si ritrova con il capitale più che raddoppiato, 
              infatti le otto vacche sono già divenute diciannove ed inoltre 
              va aggiunto quanto ricavato ogni anno dalla vendita dei vitelli.
 Nella successiva società con il sig. Domenico Bartoli 1808 - 1813, 
              la Confraternita aveva ricavato un utile ancora più alto del precedente 
              che addirittura è triplicato in quella con i fratelli Giuseppe 
              e Francesco Mignanti, tutto ciò a beneficio dell'Ospedale che ne 
              incamera gli utili.
 Nel 1828 all'inizio della nuova società la Confraternita ha un 
              capitale vaccino di ben ventidue vacche sode, tre seccaticce di anni due, 
              tre di un anno e quattro vitelloni di un anno.
 Per quasi un altro mezzo secolo la Confraternita gestirà la Soccida 
              delle Vacche con molti altri allevatori ed ogni anno molti capi di detto 
              bestiame saranno trasferiti, come è consuetudine 
              per gli allevatori tolfetani, alla fiera della Quercia di Viterbo, che 
              si teneva nel mese di maggio, per essere ivi venduti, mentre alcuni vitelloni 
              e vacche saranno macellati successivamente per la disponibilità 
              di carne per l'Ospedale ( 48 ).
 Negli anni che vanno dagli inizi del secolo XIX alla fine dello stesso, 
              la Confraternita e l'Ospedale passano attraverso una situazione che andrà 
              sempre più a modificarsi, soprattutto per le note vicende storiche 
              che caratterizzeranno il secolo, con lo scioglimento della Confraternita 
              ed il passaggio dei suoi beni e dello stesso Ospedale tra le ( Istituto 
              per Assistenza e Beneficienza) gestite direttamente dallo Stato e sottratte 
              alla giurisdizione ecclesiastica.
 Nei 1809 vengono fatti lavori di manutenzione straordinaria del tetto 
              dell'Ospedale, una spesa abbastanza consistente, evidentemente la situazione 
              politica molto confusa sia in Italia che in Europa di quegli anni aveva 
              condizionato gli amministratori dal fare investimenti, inoltre tra le 
              spese troviamo una somma molto alta per l'acquisto di china ( o chinino) 
              , per far fronte ai malati di malaria, che in quegli anni colpiva molti 
              dei braccianti che lavoravano nelle campagne di Tolfa, soprattutto nelle 
              zone limitrofe al mare, presso le, quali veniva praticato l'allevamento 
              del bestiame, soprattutto pecore ( transumanza) .
 Con la fine dell'attività lavorativa delle cave di allume, si erano 
              venute a modificare notevolmente non solo le attività lavorative, 
              ma anche la composizione stessa della presenza dei forestieri sul nostro 
              territorio, infatti agli uomini provenienti dal nord Italia e legati alle 
              attività minerarie, vengono a sostituirsi soprattutto umbri, marchigiani 
              e viterbesi legati invece alle attività agricole e dell'allevamento 
              del bestiame.
 Se qualcuno fosse interessato ad una ricerca di carattere sociale ed antropologica 
              sulla composizione e provenienza di molti dei nostri avi, basterebbe che 
              si facesse un giro nei Comuni oppure nei cimiteri dei molti paesi dell'alto 
              maceratese : Vísso, Ussita, Amandola, Soriano, per trovare qui 
              molti dei cognomi che oggi sono presenti nell'anagrafe del nostro paese.
 Comunque nel 1824 sono novantotto gli ammalati ricoverati nell'Ospedale 
              di "Piazza Vecchia" ( attuale piazza G. Matteotti ), tra i quali 
              ben sessantanove forestieri, due soltanto i morti dì quell'anno 
              che verranno sepolti nella Chiesa di S. Giovanni dopo aver ricevuto i 
              sacramenti.
 Nonostante la creazione del cimitero, l'editto di S. Cloud di napoleonica 
              memoria è passato invano sui monti della Tolfa, visto che i morti 
              continuano ad essere sepolti in Chiesa.
 Anche nel 1825 gli infermi ricoverati sono poco più di ottanta, 
              con solamente due morti, ma troviamo quattro malati provenienti da Rota; 
              otto sono quelli del 1830.
 Evidentemente la tenuta di Rota, passata, alla fine del secolo XVIII, 
              nelle mani dei Lepri ( attuali proprietari ), scesi a Tolfa da Como per 
              fare gli appaltatori delle cave di allume e poi trasformatisi in proprietari 
              terrieri, era utilizzata in modo sempre più frequente da allevatori 
              di bestiame e da contadini, è probabile che i malati, dai dati 
              in nostro possesso non ne siamo potuti venire a conoscenza, avessero la 
              malaria, in quanto la zona, fino a non molti anni fa, era una di quelle 
              più a rischio dell'intero territorio tolfetano.
 
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