index

 

 

II testo del decreto prosegue concedendo l'approvazione a quella Confraternita detta del Nome di Dio che si era già costituita.
Il padre Zobbio approva fin da allora quel cappellano che la maggioranza dei soci vorrà eleggere.
Stabilisce che vi sia un registro che annoti i nomi e i cognomi dei membri i quali entrando a far parte della compagnia debbono prestare la loro opera gratis, secondo le leggi stabilite nelle costituzioni della confraternita.
Insieme ad altre ingiunzioni si stabilisce che ogni anno venga celebrata con solennità la festa della Circoncisione del Signore, titolare della confraternita e che venga fatta dipingere una immagine con il padre fondatore S. Domenico che adora il nome del Signore da conservare nella chiesa; il decreto precisa che se verrà trascurato questo ultimo obbligo "nostram concessionem irritam decernimus " (28).
Nella Visita Pastorale del 1728 troviamo la descrizione dell' altare del Santissimo Nome di Dio o di Gesù Cristo: l'icona dell' altare presentava il monogramma JHS adorato da due angeli, da S. Domenico, S. Francesco, S. Giovanni Evangelista Imperatori, Regine e Pontefici (29). I santi elencati sono quelli particolarmente invocati dalla Confraternita.
Nella pergamena di casa Pergi tra le miniature abbiamo oltre San Domenico e San Giovanni Evangelista anche il Battista e S. Elena imperatrice che sorregge la croce; il ricordo di questi santi richiama il titolo della chiesa sede della compagnia: San Giovanni e della Croce.
Possediamo quindi degli elementi che permettono di precisare subito alcune questioni:
- la Confraternita fu fondata nel 1567 ed ebbe come titolo: Confraternita del Santissimo Nome di Dio e di Gesù Cristo;
- nei documenti posteriori troviamo che però la denominazione variava a seconda dell'estensore: Confraternita del Nome di Dio, o Confraternita del Nome di Gesù o Compagnia di Gesù Cristo ( con altre varianti);
- nel 1568 otteneva dal Vescovo di Sutri, Mons. Valenti, mediante rescritto del vicario generale, Tullio Mancinelli, il possesso della chiesa di San Giovanni e della Croce ( o delle due chiesuole fatiscenti con questo titolo), l'Ospedale di San Giovanni con tutti ì beni annessi;
- nel 1569 i fratelli della Confraternita prendevano possesso della Chiesa ( o delle chiese ) e dello Ospedale e cominciavano i lavori di restauro e ricostruzione della chiesa di S. Giovanni e della Croce, che, per decreto vescovile, manteneva questo titolo aggiungendo quello del Santissimo Nome di Dio; nel 1578 la fabbrica non era stata ancora ultimata;
- la Confraternita del Nome di Dio reggendo l'Ospedale di San Giovanni di Tolfa riterrà sempre ufficialmente questa denominazione: CONFRATERNITA DEL SS.MO NOME DI DIO E SUO OSPEDALE;
- nel 1582, in ossequio ai decreti di Pio V e Gregorio XIII, il padre maestro Vincenzo de Cellis faceva istanza alla Curia Generale dell'Ordine dei Predicatori affinché confermasse l'istituzione della Confraternita tolfetana.
Bisogna puntualizzare che, secondo la tradizione, le Confraternite del SS. mo Nome di Dio furono fondate nel 1274 allorché con una Bolla spedita nel Concilio di Lione il 21 settembre di quell'anno da Gregorio X al Beato Giovanni da Vercelli, Generale dei Predicatori, il Pontefice approvava i sodalizi che promuovevano il culto del nome di Dio e di Gesù Cristo.
La sede primaria dell' Arciconfraternita é sempre stata Santa Maria sopra Minerva dell'Urbe (30 ).
II Vicario Generale dell'Ordine convalidava l'istituzione del sodalizio già avvenuta alcuni anni prima conferendo alla Confraternita di Tolfa tutti i benefici spirituali, oneri e diritti
provenienti dall'aggregazione e approvazione dell'Ordine Domenicano.

Cap. 3 STRUTTURA DELLA CONFRATERNITA

(Finalità-organizzazione interna-numero dei soci regolamenti)Per ricostruire la struttura di una confraternita, le sue finalità e impegni spirituali e caritativi sono di capitale importanza gli " Statuti " locali e quelli dell'Arciconfraternita primaria.
Purtroppo gli archivi locali e quelli delle Curie di Sutri e Civitavecchia non hanno conservato gli " Statuti " del nostro sodalizio. La ricostruzione, nei minimi dettagli, della struttura della Confraternita tolfetana ci é risultata particolarmente ardua. Tuttavia, considerando l'affinità con quella " sorella. " di Civitavecchia e la ricca documentazione attinente la Confraternita ( decreti, decisioni, verbali, regolamenti e cariche dei soci, libro mastro e registri di spesa) é stato possibile ricostruire a grandi linee la struttura della Compagnia laicale tolfetana.
Avendo come punto di riferimento iniziale i citati " Statuti " , ricopiati a cura della Confraternita Civitavecchiese e contenenti norme di carattere generale per tutte le Confraternite con quella denominazione notiamo che nonostante che il rescritto di Pio V nell'anno VI del suo Pontificato avesse, con suo Breve , dettato le norme che dovessero essere eseguite dalle Confraternite del SS.mo Nome di Dio e che soprattutto esse venissero fondate in tutti i Conventi dell'Ordine dei Predicatori e che senza il permesso del Generale di detta Congregazione non " possino essere istituite" (31 ), non ci risulta che a Tolfa fosse mai esistito né un convento ma neanche una chiesa dove l'Ordine dei Domenicani officiasse la Messa.
Comunque al di là di queste considerazioni, a Tolfa come abbiamo visto, fu possibile istituire detta Confraternita che in modo anomalo aveva finalizzato il suo interesse non solo verso opere squisitamente religiose e di culto, ma soprattutto nella gestione dell'Ospedale e della Chiesa di San Giovanni, con una posteriore approvazione dell' Ordine Domenicano.
Da un'attenta analisi degli statuti della Confraternita del SS. mo Nome di Dio che erano similari un po' in tutto il mondo cattolico, si può rilevare che anche quella di Tolfa in molti aspetti si avvicinava alle consorelle, ma differenziandosi sostanzialmente per gli interesse specifici della stessa.
Infatti, la cura dell' Ospedale e gli altri impegni tipici del sodalizio tolfetano, la uniscono alle altre omonime confraternite per la finalità spirituale posta all' origine della pia aggregazione." Il fine per cui fu eretta questa Confraternita fu quello di lodare e benedire l' ineffabile SS. mo Nome di Dio e di Gesù Cristo, in opposizione al disprezzo che con orrore de’ buoni e della natura stessa, l'ingratitudine e malizia umana ne fa con spergiuri e bestemmie".
La Confraternita si atteneva alla regola di associare i cadaveri dei fratelli e sorelle nella Chiesa da essa officiata cioé di San Giovanni, e di prestargli tutti i suffragi previsti; inoltre predisponeva un sussidio per le povere zitelle orfane.
Per quanto riguarda l'abito dei confratelli del SS.mo Nome di Dio, dobbiamo rifarci alle consuetudini generali della Confraternita che prevedeva un sacco bianco, la mozzetta " turchina ", un cingolo attorno alla vita e sulla mozzetta l'emblema del sodalizio costituito dal monogramma .IHS, sormontato dalla croce. Il monogramma del Nome di Gesù, diffuso ovunque da San Bernardino da Siena, viene riportato su tutti i registri e i libri della Confraternita, come pure su alcune case di Tolfa ( 32 ).
La vestizione dei confratelli avveniva in modo solenne nel rispetto delle norme seguite anche dagli altri sodalizi laicali. Il rituale viene conservato ancora nell'Archivio di S. Egidio, Civitavecchia 1982. Insieme ai tradizionali " Offizio della B. V.M. e dei Morti " molto in uso presso tute le confraternite, insieme a numerose altre pratiche di devozione raccolte in libri e opuscoli ad uso dei confratelli e conservate negli stalli del coro dove " si cantava l'Offizio ".
A tutto quello che era previsto dagli statuti generali per l'esercizio dell'autorità e per i singoli uffici, la Confraternita di Tolfa, aggiungeva tutti gli uffici inerenti all'attività ospedaliera privilegiata all'atto di fondazione e la presenza dell'eremita del Santuario della Rocca, a lei affidato nel 1567.
Possiamo anche definire il ruolo ricoperto in alcuni uffici e il numero effettivo dei soci.
Il responsabile della Confraternita era il Priore che aveva come compito l'amministrazione delle rendite della medesima rispondendo " dinanzi a Dio ed alla stessa Confraternita quei danni e pregiudizi che per sua colpa potessero derivare ".
Era quindi compito del Priore far verificare ogni tre mesi i conti delle entrate e delle uscite, organizzare per la fine di ogni anno la elezione dei nuovi organi statutari; invitare alle congregazioni il Vicario foraneo della Diocesi, convocare la congregazione segreta e predisporre il bilancio annuale della Confraternita stessa da sottoporre all'approvazione della congregazione.
Insieme al Priore ogni anno veniva eletto il sotto Priore che coadiuvava il Priore nelle sue incombenze a predisporre i provvedimenti necessari per il buon andamento della Confraternita, inoltre aveva il compito di apporre le sue firme dopo il Priore su tutti i mandati di pagamento.
Una funzione molto importante soprattutto per il buon andamento amministrativo della Confraternita era quella affidata ai sindaci che in numero di due, eletti anche loro annualmente, avevano il compito di verificare il conto trimestrale che doveva essere esibito nelle congregazioni, stimolare ì " cercatori " ( Confratelli che si dedicavano alla questua nei giorni festivi ) e gli esattori e predisporre nei tempi previsti le rendicontazioni, inoltre intervenivano alle varie congregazioni come tutti gli altri eletti.
Annualmente si eleggeva anche tra i sacerdoti presenti nel paese, il Cappellano che aveva il compito di officiare la Messa nella chiesa di San Giovanni, di prestare la sua opera spirituale sia ai Confratelli ma soprattutto agli infermi dell'Ospedale.
Ogni anno tra i confratelli venivano eletti sia gli infermieri che avevano il compito di prestare gratuitamente la loro opera nell'Ospedale che I'Ospitaliere che aveva il compito gravoso della gestione dell'Ospedale e che viveva all'interno dello stesso.
Essendo la Confraternita una organizzazione che viveva delle elemosine dei cittadini un compito abbastanza gravoso e importante lo avevano i " cercatori" anche loro eletti annualmente che dovevano essere oltre che capaci di saper coinvolgere la gente ad offrire i beni necessari per l'Ospedale, soprattutto onesti in quanto dovevano consegnare alla Confraternita quanto avevano raccolto.
Attraverso un'indagine che passa dalle congregazioni di fine `500 fino alle ultime della seconda metà dell' 800 , abbiamo potuto verificare che coloro che facevano parte delle congregazioni non erano mai stati più di ventiquattro ( 1771), ma spesso il loro numero era stato più esiguo da dodici a sedici o diciotto.
Venivano eletti, come abbiamo già detto a scrutinio segreto nel mese di dicembre di ogni anno attraverso il sistema delle palle bianche (voto favorevole) e delle palle nere (voto contrario).
I verbali da noi presi in considerazione non ci hanno mai portato a conoscenza in modo chiaro dove avvenissero le riunioni della Congregazione, ma possiamo evincere, anche da quanto normalmente accadeva per le altre Confraternite esistenti a Tolfa, e da quanto avveniva in tutto il resto del mondo cattolico, che dette congregazioni si tenessero nell'oratorio della Chiesa di San Giovanni.

Cap. 4 - L' ATTIVITA' OSPEDALIERA DELLA CONFRATERNITA
a ) -La gestione dell'Ospedale nei secoli XVI - XVII - XVIII
La storia della Confraternita va di pari passo con quella dell'Ospedale da lei gestito. Non possiamo quindi omettere uno sguardo d'insieme alle vicende della benefica istituzione dalla presa di possesso da parte del sodalizio fino al suo totale declino.
Alla finalità spiccatamente spirituale di rendere onore al Nome SS.mo di Dio e di Gesù Cristo e di riparare le bestemmie, la nostra Confraternita, come si é visto prese fin dal suo nascere un impegno caritativo a servizio degli infermi dell'Ospedale tolfetano di San Giovanni. Questo assorbì gran parte delle sue energie. e , pur tenendo conto della gestione delle chiese di San Giovanni e della Rocca con i vari riti ivi celebrati e delle altre opere di carità esercitate, la manutenzione, la direzione e il buon funzionamento dell'Ospedale, hanno sempre rivestito una primaria attenzione. Ciò si evince da tutti i verbali delle congregazioni in nostro possesso e dai libri di amministrazione.
La dimensione comunitaria della vita del paese risalta soprattutto dalla caratteristica istituzione di opere di interesse pubblico come la cura dell'Ospedale e la costruzione delle Chiese. Esse non nascono mai per un impulso di un privato ma sono sempre il prodotto di una volontà comune.
Da qui il proliferare di confraternite e associazioni con scopi sociali, come per esempio la Confraternita del SS. mo Nome di Dio e il suo Ospedale, che avevano il compito di ricercare, seppellire e curare coloro che erano morti o malati in campagna lontani dal paese e che si reggeva su un volontariato (33).
L Ospedale di San Giovanni era ubicato nel!' attuale piazza Matteotti e perdurò fino agli inizi del nostro secolo.
La Confraternita, fin dall'atto di fondazione, non si era solo assunto il compito di onorare il Nome dì Dio e riparare le bestemmie, quanto piuttosto quello spiccatamente caritativo. Lo si deduce anche dal fatto che veniva identificata sempre come " la Compagnia dell'Ospedale ". E' questo anche il motivo che ci impone una trattazione più lunga e accurata rispetto agli altri capitoli.
Del resto per la " correzione della bestemmia " a Tolfa, esisteva già un altro sodalizio ( la Confraternita del SS.mo Salvatore) il cui scopo primario includeva proprio la correzione del turpiloquio e della bestemmia nei giorni festivi (34) .
Lo stile usato nella cura degli infermi e nella direzione del personale sanitario emerge in un verbale della Congregazione ( riunione ) dei " confratri " (35 ) tenuto il 25 novembre 1636 ( cioè solo cinquanta anni dopo il riconoscimento ufficiale della Confraternita ), nel quale possiamo leggere : " Avanti il molto Rev. sig. Don Yacomo Zamponi vescovo foraneo della Tolfa é stata radunata la Congregazione dei fratelli della Ven. Compagnia del Santissimo Nome di Dio dalli sigg. Bonizi priore... " seguono i nomi del vice Priore, del Camerlengo, del Segretario e di tutti i partecipanti.
Nel testo del resoconto della seduta leggiamo ancora
:"...s'intende che sarebbe cosa facile che i confratelli
che sogliono attendere al servizio degli infermi verrebbero
volentieri a servire questo nostro Hospitale sempre ché alli
medesimi fussero fatte condizioni di poterci stare et ponendo
che questo Hospitale habbia entrate assai sufficienti per
poterceli introdurre, e considerando che con simile occasione si
verrebbero ad argumentare il servizio di Dio a beneficio dei
poveri infermi... "
. Evidentemente l'assistenza nell'Ospedale avveniva in forma volontaristica, ma esso era istituito e funzionante e godeva già di alcune rendite.
Dal contesto della delibera si rileva pure il pensiero del!' espositore, il quale fa osservare che la sola abnegazione non basta a compensare gli infermieri e quindi a chi più si impegna nella cura degli infermi è necessario provvedere almeno riconoscendogli un compenso a rimborso del tempo occupato in tale benefica opera.
La delibera prosegue con argomenti di ordinaria amministrazione fra cui la decisione di eseguire alcuni lavori di riadattamento dello stesso ospedale.
Il concetto di compensare gli infermieri venne ribadito e precisato nella " raddunata " del 1 gennaio 1639 nel verbale della quale, dopo il solito preambolo e l'elenco dei partecipanti, leggiamo "...nella medesima congregazione é stato anche resoluto di fare il prato dell'Acqua Bianca a Menico spitaliero per scudi tre l'anno che se le diano per esercimento di salario et sue fatiche che fa per l'hospitale" ( 36 ).
In conclusione, sulla base dei documenti citati e di altri verbali di sedute, si può affermare che:

a) fino a quella data l'assistenza ai malati era prestata gratuitamente dai confratelli;
b) almeno dal 1639 si riconosce un compenso a chi assisteva gli infermi, anche se in forma ibrida concedendo ad essi un terreno a basso fitto.
b) - Situazione dei ricoveri (37 )

I primi anni dell'apertura dell'Ospedale e soprattutto dopo l'affidamento dello stesso alla Confraternita del SS. mo Nome di Dio, furono anni di rodaggio per la organizzazione del servizio, che sicuramente non era molto efficiente, al di là della grande buona volontà e predisposizione che potevano metterci i confratelli che vi prestavano volontariamente il loro servizio, tanto è vero che dalla registrazione degli infermi, che inizia nel 1611, troviamo 18 ricoverati, dei quali cinque morivano durante le fasi del ricovero e tre dei cinque erano forestieri (38 ).
Il registro purtroppo è carente sia per quanto riguarda la causa del ricovero, che i giorni di degenza e l'età dei ricoverati.
Nel 1616 i ricoverati sono già ben 37, dei quali otto però morivano durante il ricovero, ma, un dato risalta subito agli occhi dalla lettura del registro, ben 29 dei 37 ricoverati sono forestieri tra i quali 4 milanesi, 2 bresciani, 1 bergamasco, molti toscani e marchigiani ,segno evidente che l'Ospedale era divenuto il punto di riferimento non solo dei locali, che in realtà usufruivano molto poco della struttura, ma soprattutto di forestieri che sicuramente in gran parte lavoravano, o avevano rapporti , con le vicine cave di allume (39).
II 1621 è stato un anno sicuramente molto importante per lo sviluppo dell'Ospedale, che venne messo a dura prova sia nelle sue strutture ricettive, ma soprattutto per quanto riguarda la capacità di poter dare agli utenti un servizio medico efficiente ed alla altezza della situazione, Infatti con molta probabilità Tolfa fu soggetta ad una epidemia in quanto troviamo ben 123 ricoveri con 32 morti, 69 dei ricoverati erano forestieri provenienti dalle Marche, Toscana, Lombardia ed altre regioni ( 40) .
La Confraternita per far fronte alle aumentate necessità e bisogni della struttura ospedaliera era costretta in quegli anni ad aumentare il numero dei posti letto presenti nel nosocomio, infatti troviamo tra gli acquisti un consistente numero di pagliericci e materassi, coperte di lana, camicioni per i malati.
Dal registro degli inventari delle proprietà dei beni della Compagnia del SS. mo Nome di Dio nella Tolfa, con annesso inventario dei beni della Chiesa di S. Giovanni e del!' Ospedale del SS. mo Nome di Dio nell’amministrazione del Cap. ( Capitano o Cappellano ) Vinciguerra, del m° ( maestro o mastro ) Andrea Framura e Mons. Cellio Celli Camerlengo, anno 1617, troviamo tra i beni immobili alcune case, cantine e soprattutto appezzamenti di terreno che venivano dati in affitto, spesso in cambio di una parte del raccolto, che veniva sicuramente utilizzato all'interno dell'Ospedale; inoltre detto inventario riporta i beni presenti nella Chiesa di S. Giovanni: vi erano quattro candelieri in ottone, quattro lanternoni dorati per la processione, confessionali, pianeta, stendardi etc. ; più interessante invece l'inventario dei beni dell'Ospedale con materassi di lana e di crine, pagliericci, coperte di lana, camicioni per malati, lenzuola, una credenza, alcune mestole, una graticola ( evidentemente nell'Ospedale c'era un camino con doppia funzione : sia per cucinare, che per riscaldare gli ambienti ) , una tinozza per lavare gli ammalati (evidentemente si cercava di curare anche l'igiene degli infermi ), oltre a materiale vario di carattere ospedaliero quale ferri per chirurghi, pinze per estrarre i denti etc. (41 ) .
In un primo tempo le disposizioni della Curia di Sutri da cui la Confraternita e l'Ospedale dipendono sono molto rigide, tanto è vero che l'inventario deve essere annuale, poi vediamo che incomincia a subentrare un certo lassismo e gli inventari vengono predisposti ogni cinque poi ogni sette e addirittura nove anni.
In quello effettuato nel 1652 (42) troviamo tra le altre cose una spada ed un paio di stivali, segno evidente del passaggio di un soldato, forse morto durante la degenza, una cappa o un mantello con relativo attaccacappe ed un marchio di ferro per marchiare il bestiame, probabilmente lasciato da qualche allevatore o mercante che si recava alla Tolfa per acquistare capi di bestiame.
Evidentemente la situazione della gestione e dei controlli sull'Amministrazione dell'Ospedale lasciò per qualche tempo a desiderare, finché nella deliberazione del 12 maggio 1675 venne discusso e approvato un Regolamento unico e generale per tutte le confraternite, che nel frattempo andavano moltiplicandosi, emanato dal Vescovo di Sutri e Nepi Card. Giulio Spinola, per regolamentare la vita di queste iniziative, che con l'andare del tempo, avrebbero potuto travisare i nobilissimi intenti per i quali e con i quali erano nate.
E' interessante scorrere il regolamento per notare che "... non si elegghino per Priori o altri Officiali padre e figlio, né zii e nipoti e chi é stato eletto una volta, non si elegga di nuovo (...) e però ogni 15 giorni prima sia finito il tempo dell'Officiali vecchi, quelli che avevano retto la Confraternita nell'anno immediatamente trascorso, il Consiglio della Compagnia si congreghi insieme e si faccia elezione dei nuovi Scindicatori ( sindaci revisori dei conti) per voti segreti, quali non siano parenti almeno in primo o secondo grado alli Priori o Camerlenghi, e vedano fra questo tempo (15 giorni) i conti per l'amministrazione dell'entrata e dell'uscita (... ) et ordiniamo che chi sarà chiamato debitore dalli Scindicatori sborsi subito in mano al nuovo Camerlengo quello che deve... " Ed ancora, all'art. 7 "...quando si averanno da fare affitti , si facciano ad estinsione di candela, e poste prima le solite cedole ( avvisi, bandi) (... ) si daranno a quelli che più offeriranno ... "
Dopo altre regole, riguardanti l'amministrazione dei beni della Confraternita, si passa ad una lunga esposizione dei doveri che hanno gli ospedalieri in un contesto apposito, intitolato appunto " De gl'Hospitali ", ove fra l'altro viene precisato : " Se bene intorno alla cura degl'Hospitali (...) si sono dati buoni ordini, si stima bene di più avvertire l'Hospitaliere che quelli che si ammettono devono essere ricoverati gratis, senza ricevere cosa alcuna, ancorché spontaneamente offerta (... ), l'ospitaliere prima di ricevere forestieri deve informarsi da dove vengono e non ricevere uomini con giovanetti o uomini con donne, se non dopo accertato che siano padre e figlio o marito e moglie, non si ammettano armati e nel dubbio si avvertano gli amministratori (...) le rendite destinate all'Ospedale non si possono spendere in modo diverso, anche se vi fosse residuo (di bilancio) (...) le donne saranno curate dalle donne, gli uomini dagli uomini ... gli officiali (... ) guardino se ( gli infermieri) sono puntuali nel somministrare ad essi ( malati) tutto ciò che bisogna secondo l'ordine dei medici ... " (43 ).
Quanto sopra ci porta a concludere che la vita delle Confraternite e degli Ospedali, fino a quel tempo limitata e governata in maniera empirica, aveva avuto una notevole espansione tanto che, da parte delle autorità. si era sentita la necessità di emanare qualche editto che ne regolasse la vita amministrativa ed assistenziale.
Una notevole quantità di documenti ritrovati nell'Archivio del Comune, dell'Ospedale e della Confraternita del SS.mo Nome di Dio, ci portano a conoscenza dello stato di disagio della Comunità della Tolfa di fronte al problema della salute pubblica nel XVIII secolo.
Infatti nei 1741 il Consiglio Comunale chiedeva che la condotta medica venisse assegnata ad un altro chirurgo "perché un venturiero angaria la cittadinanza chiedendo somme esorbitanti per le sue prestazioni ", nel 1770" trovandosi malato il dott. Pietro Pucilli medico condotto ... sono stati obbligati chiamare il dott. Marsili medico dell'Allumiere come vicinori a cui dovevano ogni mattina spedire un cavallo perché venga una volta al giorno a visitare i malati ... " (44 ).
Nell'anno 1743 era scoppiata una grave epidemia e il Consiglio Comunale nella seduta del 13 luglio dovette prendere le opportune decisioni per evitare il contagio. " Con editto della Sagra Consulta sopra le precauzioni di Sanità nell'emergente sospetto del mal contagioso ... ci viene ordinato di chiudere questa terra con fratte e fastelli e guardie ai medesimi con i soliti bollettini di sanità " .
Il cons. Buttaoni propone che " ... per venire in fare luogo alla costruzione e fattura delle fratte attesa la scarsezza degli uomini che abbiamo per esserne quaranta in circa applicati alla guardia della marina, altro numero maggiore applicato al servizio del negozio e campagna delle Lumiere et alli nuovi testi ossia cave di piombo et altri minerali e quasi deltutto il popolo rimanente alla raccolta del grano, non possiamo dar principio ai taglio delle fascine e trasporto delle medesime se non da chi da domenica prossima a venire " . La comunità ordinò a tutti gli uomini di campagna di fare ciascuno venti fascine " ben imbrigliate e di trasportarle con cavalli da basto e somari messi a disposizione dai proprietari per servizio della comunità talmente che li padroni delli medesimi possino attendere a tal servizio pubblico e supplire alle altre loro faccende di campagna " (45 ).
Le misure precauzionali comunque furono sufficienti in quanto troviamo ricoverati nell'Ospedale di Tolfa un numero di ammalati poco più alto degli anni precedenti ed allo stesso modo i morti non subirono variazioni eccessive ma si tennero nella norma.
Negli anni successivi l'Amministrazione dell'Ospedale lascia a desiderare, infatti nel 1765 si rileva quanto segue : "Sussiste che l'Ospedale di questa terra si ritrova in necessità estrema di dover per molte necessarie spese di suppellettili mancanti per servizi degli infermi che continuamente in esso si curano " .
Era infatti divenuto molto difficile sostenere dette spese in quanto dai libri dell'Amministrazione si rileva in quell'anno un pesante disavanzo, così anche nel 1780, anno in cui le entrate sono di scudi 303,98 e le uscite di scudi 488,06.
" ... In prova della totale sussistenza dell'esposto nel memoriale del Venerabile Ospedale della Terra della Tolfa, unitamente alla informazione di quel giudicante mi dò l'onore umiliare il foglio di quelli pubblici rappresentanti con altri documenti dai quali non solo si rileva essere eccedente il numero dei malati che quest'anno in esso ospedale sono stati ricoverati e curati ma di essere ancora sussistente l'avversa rimessa che per tal cagione ha dovuto quel luogo Pio soffrire..".
Nel 1780 troviamo poi lamentele avverso il medico chirurgo "... detti professionisti e specialmente il medico chirurgo poco o quasi niente han fatto contro, nella caduta influenza dei poveri che più di ogni altro devono essere a cuore...."
L'affluenza degli infermi è stata in questa terra tanto nel!' anno precedente che nel presente abbondantissima, infatti troviamo nel registro degli infermi di quegli anni circa centocinquanta malati.
La situazione non era molto migliorata qualche anno più tardi se troviamo una missiva del clero locale al Mons. Vescovo di Sutri, nella quale si fa presente una situazione che è divenuta ogni anno più difficile da gestire in quanto sono molti i malati ricoverati : " Noi sottoscritti Rettore Parroco dell'insigne chiesa collegiata di S. Egidio e coadiutore della Parrocchia, attestiamo che mediante la cresciuta popolazione ascendente a circa tremila anime compresi i forestieri addetti alla coltura dei capi ed alla custodia del molto bestiame specialmente vaccino che forma il primo ramo di commercio di questa medesima terra, attesa la lontananza degli stessi campi, le strade disastrose, le salite montuose e l' aria divenuta alquanto insalubre dopo il taglio seguito di molte selve territoriali, si ritrovano in tutte le stagioni infermi da diversi mali infetti... e segnatamente ne era ripieno l'ospedale ove il gran numero dei campagnoli non erano sufficienti i letti (46 )
Nonostante tutto la vita della Ven. Confraternita del Santissimo Nome di Dio e quella dell'Ospedale da lei gestito continuarono in maniera più o meno tranquilla finché non vennero bruscamente interrotte dalle note vicende della Repubblica Romana del 1798 - 1799. Vediamone le conseguenze.
Il libro delle Congregazioni si ferma sotto la data del 5 febbraio 1798, cioè appena dieci giorni prima che il generale Berthier proclamasse in Roma l'avvento della Repubblica Romana.
In quella data si svolse una noiosissima assemblea, presieduta dal Rev. Domenico Buttaoni in rappresentanza del Vescovo De Simoni, ove si discussero cose di ordinaria amministrazione, quasi non ci si avvedesse della bufera scatenata in tutta Europa dalla Rivoluzione Francese, come se questa non potesse assolutamente sfiorare la pacifica comunità di Tolfa.
La Congregazione seguente fu tenuta solo il 29 dicembre 1799 a ben ventidue mesi dalla precedente, il che dimostra la impossibilità dei confratelli di riunirsi più spesso come era loro abitudine, almeno per l'elezione annuale degli amministratori.
In quella data lo steso Mons. Buttaoni radunò la Congregazione, alla quale parteciparono, cosa insolita soltanto tredici Confratelli, e nella quale possiamo fra l'altro leggere : " ... il Sig. Can. Pasquini eletto Camerlengo ( per l'anno 1800 ) considerando la molteplicità delle incombenze particolarmente per la provvisione di tutto l'occorrente tanto per la Chiesa che per l'Ospedale per la depredazione generale fatta dai francesi, dice di non poter egli solo attendere a tutte le incombenze del camerlengato, onde fa istanza che si elegga altro soggetto che lo assista e lo aiuti particolarmente nella provvista delle cose occorrenti " .
Si affiancò al Camerlengo il sig. Sante Zoppini . Più avanti la stessa delibera così prosegue :" ... susseguentemente proposto che atteso il guasto accaduto nella Chiesa servita per quartiere alle truppe repubblicane dell'estinto governo ed anche la depredazione già sopra accennata di tutti i mobili, suppellettili, biancheria e vasi sacri é necessario di ristaurare et imbiancare la suddetta Chiesa e di provvedere il calice tanto per la chiesa di questo Ospedale quanto per la chiesa della Rocca, la pisside per il viatico, il vasetto per l'olio santo, tovaglie e tutte le altre biancherie e suppellettili per il servizio della chiesa e degli infermi.
Onde le ss.II. risolvino.
Insorse il sig. Bonizzi Filippo il quale era intenzionato di dare le opportune facoltà ai suddetti sig. Canonico Camerlengo e Sante Zoppini di fare tutte le spese necessarie .e di restaurarsi, come sopra, ottenendone il dovuto permesso dai legittimi superiori. Date le palle e raccolte furono esse trovate tutte bianche " (47 ).
Le votazioni all'interno della Confraternita si tenevano su ogni singola proposta e sempre a scrutinio segreto per mezzo di palle bianche, se favorevoli, nere, se contrari.
Dopo le suddette votazioni la Congregazione venne chiusa con la solita formula.
E' evidente che dopo qualche tempo tutto fu ripristinato e sia la Confraternita che l'Ospedale ripresero le loro attività benefiche animate e sostenute dalla estrema buona volontà dei Confratelli.

c) La soccida delle vacche e la gestione dell'ospedale nel sec.XIX

Nel 1803 la Confraternita del SS. mo Nome di Dio intraprende una attività completamente nuova, entra infatti in società con il Sig. Angelo Buttaoni per anni cinque per gestire, nei pascoli sociali, delle vacche, nasce così la Società delle Vacche che andrà avanti fino al 1872. Dalla società la Confraternita ricaverà sempre un buon utile e qualche volta anche carne fresca per i malati.
Si legge negli atti che in detta società sono a carico del Buttaoni le gabelle o tasse, il movimento delle vacche da un pascolo all'altro, la metà del ricavato dalla vendita dei vitelli, inoltre alla fine dei cinque anni le vacche saranno divise in parti uguali e la Confraternita è chiamata per prima a scegliere la sua parte.
L'investimento fatto in detta società è talmente produttivo che nel 1808 al momento dello scioglimento della società con il Buttaoni, la Confraternita si ritrova con il capitale più che raddoppiato, infatti le otto vacche sono già divenute diciannove ed inoltre va aggiunto quanto ricavato ogni anno dalla vendita dei vitelli.
Nella successiva società con il sig. Domenico Bartoli 1808 - 1813, la Confraternita aveva ricavato un utile ancora più alto del precedente che addirittura è triplicato in quella con i fratelli Giuseppe e Francesco Mignanti, tutto ciò a beneficio dell'Ospedale che ne incamera gli utili.
Nel 1828 all'inizio della nuova società la Confraternita ha un capitale vaccino di ben ventidue vacche sode, tre seccaticce di anni due, tre di un anno e quattro vitelloni di un anno.
Per quasi un altro mezzo secolo la Confraternita gestirà la Soccida delle Vacche con molti altri allevatori ed ogni anno molti capi di detto bestiame saranno trasferiti, come è consuetudine per gli allevatori tolfetani, alla fiera della Quercia di Viterbo, che si teneva nel mese di maggio, per essere ivi venduti, mentre alcuni vitelloni e vacche saranno macellati successivamente per la disponibilità di carne per l'Ospedale ( 48 ).
Negli anni che vanno dagli inizi del secolo XIX alla fine dello stesso, la Confraternita e l'Ospedale passano attraverso una situazione che andrà sempre più a modificarsi, soprattutto per le note vicende storiche che caratterizzeranno il secolo, con lo scioglimento della Confraternita ed il passaggio dei suoi beni e dello stesso Ospedale tra le ( Istituto per Assistenza e Beneficienza) gestite direttamente dallo Stato e sottratte alla giurisdizione ecclesiastica.
Nei 1809 vengono fatti lavori di manutenzione straordinaria del tetto dell'Ospedale, una spesa abbastanza consistente, evidentemente la situazione politica molto confusa sia in Italia che in Europa di quegli anni aveva condizionato gli amministratori dal fare investimenti, inoltre tra le spese troviamo una somma molto alta per l'acquisto di china ( o chinino) , per far fronte ai malati di malaria, che in quegli anni colpiva molti dei braccianti che lavoravano nelle campagne di Tolfa, soprattutto nelle zone limitrofe al mare, presso le, quali veniva praticato l'allevamento del bestiame, soprattutto pecore ( transumanza) .
Con la fine dell'attività lavorativa delle cave di allume, si erano venute a modificare notevolmente non solo le attività lavorative, ma anche la composizione stessa della presenza dei forestieri sul nostro territorio, infatti agli uomini provenienti dal nord Italia e legati alle attività minerarie, vengono a sostituirsi soprattutto umbri, marchigiani e viterbesi legati invece alle attività agricole e dell'allevamento del bestiame.
Se qualcuno fosse interessato ad una ricerca di carattere sociale ed antropologica sulla composizione e provenienza di molti dei nostri avi, basterebbe che si facesse un giro nei Comuni oppure nei cimiteri dei molti paesi dell'alto maceratese : Vísso, Ussita, Amandola, Soriano, per trovare qui molti dei cognomi che oggi sono presenti nell'anagrafe del nostro paese.
Comunque nel 1824 sono novantotto gli ammalati ricoverati nell'Ospedale di "Piazza Vecchia" ( attuale piazza G. Matteotti ), tra i quali ben sessantanove forestieri, due soltanto i morti dì quell'anno che verranno sepolti nella Chiesa di S. Giovanni dopo aver ricevuto i sacramenti.
Nonostante la creazione del cimitero, l'editto di S. Cloud di napoleonica memoria è passato invano sui monti della Tolfa, visto che i morti continuano ad essere sepolti in Chiesa.
Anche nel 1825 gli infermi ricoverati sono poco più di ottanta, con solamente due morti, ma troviamo quattro malati provenienti da Rota; otto sono quelli del 1830.
Evidentemente la tenuta di Rota, passata, alla fine del secolo XVIII, nelle mani dei Lepri ( attuali proprietari ), scesi a Tolfa da Como per fare gli appaltatori delle cave di allume e poi trasformatisi in proprietari terrieri, era utilizzata in modo sempre più frequente da allevatori di bestiame e da contadini, è probabile che i malati, dai dati in nostro possesso non ne siamo potuti venire a conoscenza, avessero la malaria, in quanto la zona, fino a non molti anni fa, era una di quelle più a rischio dell'intero territorio tolfetano.