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Studio su Tolfa di Paolo Macedone
 

 

4.4 MAMMALOFAUNA

 

4.4.1 INTRODUZIONE

Tranne alcune rare eccezioni, nell’area dei Monti della Tolfa negli ultimi anni non sono stati condotti studi specifici sui mammiferi. Pertanto le conoscenze sulla mammalofauna disponibili in letteratura sono relativamente scarne e spesso limitate a semplici segnalazioni che andrebbero verificate e aggiornate.
Molte delle informazioni riportate nell’ambito di questo lavoro derivano da un articolo di Contoli (1977) che, seppur datato nel tempo, ha il merito di raccogliere e ordinare sia le conoscenze reperibili in letteratura, sia le singole segnalazioni riguardanti i mammiferi dell’intero comprensorio tolfetano-cerite. In realtà, gran parte della bibliografia esistente fa riferimento all’intero comprensorio tolfetano piuttosto che al territorio della ZPS e, nonostante ciò, si è ritenuto di utilizzare questi dati tenendo conto che:
1. la superficie della ZPS è collocata all’interno del comprensorio tolfetano-cerite e non esistono barriere tali da impedire la circolazione e lo scambio genetico della mammalofauna tra le due entità territoriali;
2. dal punto di vista morfologico e vegetazionale non si rilevano differenze significative tra i due ambiti territoriali, per quanto attiene alle esigenze della mammalofauna.

Per la classificazione delle specie si è fatto riferimento a quanto riportato nei volumi Iconografia dei mammiferi d’Italia edito dal Ministero dell’Ambiente (AA. VV. 1999) e Checklist delle specie della fauna italiana (Amori et. al, 1993).

4.4.2 LE SPECIE DEL COMPRENSORIO TOLFETANO

L’area dei Monti della Tolfa, e di conseguenza il territorio della ZPS, si rivela di estremo interesse per quanto concerne la mammalofauna, con la presenza di circa quaranta specie delle settanta presenti nell’Italia centrale (Contoli, 1977). A conferma dell’importanza dell’area oggetto di studio va detto, inoltre, che tra le specie sicuramente presenti nel territorio della ZPS, 5 sono incluse nell’Appendice II della Direttiva Habitat 90/43/CEE come specie prioritarie, 3 sono inserite nell’allegato IV della stessa direttiva (ovvero tra le specie animali e vegetali che necessitano di stretta protezione) e, infine, 10 sono inserite nel Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et. al 1998).
Il gruppo degli insettivori è ben rappresentato con la presenza di 6 specie, così come quello dei chirotteri che sono presenti nell’area tolfetana con almeno 5 specie delle 19 presenti nell’intero territorio regionale (la presenza di altre 6 specie segnalate in bibliografia va verificata).
L’ordine dei roditori è ben rappresentato con non meno di 7 specie certe e 4 dubbie, tra queste ultime lo scoiattolo (Sciurus vulgaris), il ghiro (Glis glis) e il quercino (Eliomys quercinus dichrurus).
Tra i lagomorfi non è ancora certa la presenza della lepre italica (Lepus corsicanus), mentre la lepre europea (Lepus capensis) sembra aver perso i suoi caratteri tipici a causa delle continue immissioni a scopo venatorio.
Il gruppo dei carnivori sembra essere ottimamente rappresentato anche se andrebbe verificata la presenza del gatto selvatico (Felis silvestris silvestris) e della puzzola (Mustela putorius).
Infine, tra gli artiodattili va citata la presenza del cinghiale (Sus scrofa) e la recentissima reintroduzione del capriolo (Capreolus capreolus italicus), scomparso dall’area agli inizi del ‘900.

Di seguito vengono descritte le specie inserite negli Allegati II e IV della Direttiva Habitat, quelle elencate nella Red List della UICN, nella Lista Rossa degli animali d’Italia (WWF), che siano presenti o dubbie nella ZPS in studio.

ORDINE CHIROPTERA

FAMIGLIA RHINOLOPHIDAE
Ferro di cavallo maggiore Rhinolophus ferrumequinum ferrumequinum (Schreber 1774)
La specie presenta un’ampia distribuzione che va dall’Europa all’Asia, Giappone compreso e in Italia è presente in tutto il territorio nazionale.
Il ferro di cavallo maggiore è inserito tra le specie dell’Allegato II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
Le prime segnalazioni bibliografiche riferite alla specie nell’area tolfetana risalgono agli anni ‘50 e, alcuni esemplari provenienti da diverse località del comprensorio tolfetano vengono segnalati da Contoli (1977). Ricerche più recenti confermano la presenza della specie nel territorio oggetto di studio (Crucitti e Contestabile 1987).

Ferro di cavallo Euriale Rhinolophus euryale euryale Blasius 1853
Tipica specie Turanico – Europeo – Mediterranea il ferro di cavallo Euriale è presente praticamente in tutto il territorio nazionale (AA. VV. 1999).
Il ferro di cavallo Euriale è inserito tra le specie dell’Allegato II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
Per il comprensorio oggetto di studio, Contoli (1977) riporta una citazione bibliografica risalente agli anni 50 e un paio di segnalazioni. Secondo Crucitti e Contestabile (1987) il ferro di cavallo Euriale sarebbe presente ai margini del territorio della ZPS. Lo stesso Crucitti (1986) lo ritiene in rarefazione in tutto il territorio regionale.

Ferro di cavallo minore Rhinolophus hipposideros minimus Heuglin 1861
La specie presenta un’ampia distribuzione Turanico – Europeo – Mediterranea ed in Italia è presente in tutto il territorio con la sottospecie minimus (AA. VV. 1999) (anche se lo status di sottospecie non è ancora del tutto accettato).
Il ferro di cavallo minore è inserito tra le specie dell’Allegato II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie in pericolo dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
La specie, seppur presente nel Lazio, è caratterizzata da densità piuttosto basse (Crucitti, 1986). Nel territorio della ZPS la specie è presente (Crucitti e Contestabile 1987).

FAMIGLIA VESPERTILIONIDAE

Vespertilio di Capaccini Myotis capaccinii (Bonaparte 1837)
La specie presenta una tipica distribuzione Centroasiatico-Mediterranea ed in Italia è presente in tutto il territorio nazionale.
Il Myotis capaccinii è inserito tra le specie dell’Allegato II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie in pericolo dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
La presenza della specie nel territorio della ZPS non è certa anche se in diversi lavori la specie viene rinvenuta in aree limitrofe (Crucitti e Tringali 1985; Contoli 1977).

Vespertilio maggiore Myotis myotis myotis (Borkhausen 1797)
La specie presenta una distribuzione europeo – mediterranea ed in Italia è presenta in gran parte del territorio nazionale.
Il vespertilio maggiore è inserito tra le specie dell’Allegato II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
Contoli (1977) segnala la specie solo in alcune pubblicazioni risalenti ai primi anni ’70 mentre dai dati riportati nel lavoro di Crucitti e Tringali (1985) la specie, definita poco comune in tutto il territorio regionale, sembra essere presente solo all’esterno del territorio della ZPS.

Vespertilio di Blith Myotis blythii oxygnatus (Monticelli 1885)
Questo vespertilio presenta una tipica distribuzione Centro asiatico – Europea ed in Italia è largamente diffuso, anche se i caratteri diagnostici per la distinzione dal Myotis myotis sono stati evidenziati solo di recente.
Il vespertilio di Blyth è inserito tra le specie dell’Allegato II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
Secondo Contoli (1977) la specie era sicuramente presente nel comprensorio tolfetano mentre secondo Crucitti e Tringali (1985) la specie viene ritenuta assente dal territorio oggetto di studio.

Serotino comune Epseticus serotinus serotinus (Schreber 1774)
Il serotino presenta un’ampia distribuzione che va dalla Gran Bretagna all’Africa Tropicale, alla Corea e buona parte della Regione Orientale. In Italia la specie è presente nell’intero territorio (AA. VV. 1999).
La specie è inserita nell’allegato IV della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie a più basso rischio dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
Per il comprensorio tolfetano si dispone esclusivamente di una segnalazione bibliografica dei primi anni 70 riportata puntualmente da Contoli (1977). Al momento non si ha alcuna informazione sulla presenza della specie nel comprensorio oggetto di indagine.

Orecchioni Plecotus spp. Geoffroy 1818
La sistematica del genere Plecotus è non ancora del tutto chiara. Le due specie europee sono l’orecchione (Plecotus auritus) e l’orecchione meridionale (Plecotus austriacus). Queste specie non appaiono essere comuni nel Lazio (Crucitti 1986) mentre per quanto concerne il comprensorio tolfetano esiste una sola segnalazione a cura di Contoli (1977) basata su un cranio incompleto proveniente da un rigetto di Strigiforme che potrebbe essere attribuito alla sp. Austriacus. Non si hanno ulteriori informazioni sulla presenza delle due specie che risultano inserite nell’allegato IV della Direttiva Habitat 90/43/CEE e che sono considerate specie a più basso rischio dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).

Pipistrello di Savi Hypsugo savii savii (Bonaparte 1837)
Il pipistrello di Savi presenta una distribuzione Centro Asiatico – Mediterranea e nel nostro paese la specie è nota per l’intero territorio.
La specie è inserita nell’Allegato IV della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie a più basso rischio dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
Nell’ambito dell’area della ZPS e, più in generale dell’intero territorio tolfetano, non si hanno molte segnalazioni. Contoli (1977) segnala la presenza di alcuni individui provenienti dall’area di S. Marinella, quindi in un’area periferica del territorio della ZPS.

Miniottero Miniopterus schreibersii schreibersii (Kuhl 1817)
La specie viene considerata sub-cosmopolita con ampia distribuzione che comprende Europa, Asia ed Australia. In Italia la specie è presente in tutto il territorio e Crucitti (1986) lo considera, tra i chirotteri, la specie più abbondante.
Il miniottero è inserito tra le specie dell’Allegato II della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie a più basso rischio di estinzione dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
Contoli (1977) riporta numerose segnalazioni di presenza della specie e, tra queste, anche alcune provenienti dal territorio della ZPS oggetto di studio per altro confermate da Crucitti e Contestabile (1987).


FAMIGLIA MOLOSSIDAE

Molosso di Cestoni Tadarida teniotis teniotis (Rafinesque 1814)
L’unico rappresentante europeo della famiglia Molossidae ha un’ampia distribuzione Centro Asiatico – Mediterranea ed in Italia è presente in tutto il territorio nazionale.
Il Molosso di Cestoni è inserito in Allegato IV della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie a più basso rischio dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
Le conoscenze sulla distribuzione della specie nel Lazio sono alquanto scarne (Crucitti, 1986). Nel territorio tolfetano la specie veniva ritenuta da Contoli (1977) rarissima e, al momento, non si hanno informazioni aggiornate sul suo status.


ORDINE LAGOMORPHA

FAMIGLIA LEPORIDAE
Lepre comune Lepus europeus Pallas 1778
La specie è diffusa in gran parte dell’Europa continentale, Medio Oriente, Asia Minore ed è stata introdotta in numerose aree tra cui Australia e Nuova Zelanda.
In Italia la lepre autoctona viene identificata tradizionalmente con la specie L. e. meridiei. In seguito ai numerosissimi episodi di introduzione di capi provenienti da altre regioni geografiche, perpetrati negli anni dalle associazioni venatorie, la specie autoctona è andata incontro a probabili modificazioni del pool genetico originale e numerose ricerche in corso sono finalizzate a valutare l’entità genetica delle popolazioni italiane . Questa sua condizione ha fatto si che fosse inclusa nel Libro Rosso degli Animali d’Italia nella categoria in pericolo critico (Bulgarini et al. 1998).
Nel comprensorio dei Monti della Tolfa la lepre era ritenuta abbondante, anche se già Contoli (1977) ritiene che le massicce immissioni di esemplari non autoctoni potevano aver alterato l’integrità genetica della lepre locale.

Lepre italica Lepus corsicanus De Winton 1898

La lepre italica è una specie endemica italiana riconosciuta come tale solo recentemente ed è definita come “minacciata” secondo i criteri dell’IUCN (Amori et al. 1996, Bulgarini 1998). Benché sia formalmente protetta, in quanto non inserita nell’elenco delle specie cacciabili della legge 157/92 essa viene normalmente abbattuta in quanto difficilmente riconoscibile durante l’attività di caccia.
Nel 1898 il naturalista inglese W. E. De Winton descrisse per la prima volta la lepre autoctona dell’Italia centro-meridionale, della Sicilia, dell’isola d’Elba e della Corsica attribuendole il rango di specie (Lepus corsicanus). Si trattava di una lepre con alcuni caratteri morfologici ben distinti rispetto alla Lepre europea (Lepus europaeus), fra cui la taglia più piccola, le tonalità “fulve” del mantello, la colorazione grigio-nerastra della nuca e della parte dorsale del collo (rossiccia nella lepre europea) e con una serie di differenze nello scheletro. L’esemplare “tipo” esaminato da De Winton è oggi conservato presso il Museo di Storia Naturale di Londra; altri esemplari di questa forma, raccolti alla fine del secolo scorso, sono presenti nelle collezioni dei Musei di Storia Naturale di New York, Parigi e Firenze (“La Specola”). In Italia la distribuzione “storica” di questa lepre aveva come limite settentrionale l’isola d’Elba sul versante tirrenico e la provincia di Foggia su quello adriatico.
La tesi che si trattasse di una buona specie (ben distinta da L. europaeus), sostenuta da De Winton, non fu però condivisa da altri Autori che in seguito si occuparono della sistematica delle lepri italiane (Miller, 1912; Ellerman e Morrison Scott, 1951; Toschi, 1965), i quali considerarono questo taxon una sottospecie di L. europaeus, senza tuttavia motivare la loro tesi. Sulla base dell’orientamento prevalente, fin dagli anni Sessanta si ritenne che le massicce e ripetute immissioni (per fini venatori) di lepri europee appartenenti ad altre sottospecie importate dall’Europa continentale, ormai non consentissero più di distinguere l’originaria forma italica (Toschi, 1965). Ciò nonostante, nel 1974 e ‘75 cinque lepri catturate in un’area recintata di Mongiana (VV), gestita dal Corpo Forestale dello Stato, furono acquisite dall’allora Laboratorio di Zoologia applicata alla Caccia (l’attuale Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica) e da Spagnesi identificate e collocate in collezione con la denominazione di lepre italica (Lepus e. corsicanus). Nell’ultimo decennio una revisione di reperti museali “storici” del genere Lepus raccolti in Italia ha riproposto la collocazione di questo taxon al livello specifico, confermando anche la corretta identificazione degli esemplari provenienti da Mongiana (Palacios et al., 1989; Palacios, 1996). Recentemente, Lo Valvo et al. (1996) hanno analizzato un ridotto numero di esemplari di lepri provenienti dalla Sicilia confermando queste ipotesi.
Ulteriori indagini condotte su un numero più ampio di campioni hanno dimostrato che la lepre italica e la lepre europea sono morfologicamente e geneticamente distinte (Pierpaoli et al., 1998; Riga et al., 2001; De Marinis e Toso, 1998). Si evidenzia, inoltre, l’esistenza di una forte correlazione fra le sequenze di DNA mitocondriale riscontrati e la distribuzione geografica dei campioni raccolti, per cui gli aplotipi provenienti dall’Italia centrale (Roma, Viterbo) sono significativamente differenti da quelli provenienti dall’Italia meridionale (Campania, Calabria) e dalla Sicilia. In L. europaeus non è stata invece riscontrata un’analoga correlazione, nonostante il campionamento abbia interessato anche popolazioni geograficamente molto distanti fra loro. Il confronto crociato tra i risultati delle valutazioni genetiche e morfologiche è risultato sempre coerente, escludendo che fra i campioni esaminati vi potessero essere ibridi delle due specie.
Dal punto di vista filogenetico L. corsicanus e L. europaeus appaiono come forme estremamente differenziate ed appartenenti a due linee evolutive indipendenti, essendo la lepre italica affine alla lepre variabile L. timidus ed alla lepre della penisola Iberica L. granatensis (o loro forme ancestrali) mentre la lepre europea è più affine ad alcune specie di lepri africane (L. capensis, L. habessinicus, L. starcki). Questo quadro filogenetico può essere spiegato ipotizzando una presenza più antica in Europa di L. corsicanus ed una successiva e più recente colonizzazione da parte di L. europaeus. Il susseguirsi di periodi glaciali e interglaciali nel corso di tutto il Pleistocene avrebbe avuto l’effetto di “confinare” in aree di rifugio meridionali, o settentrionali, le forme del gruppo “corsicanus-timidus-granatensis”. La pratica dei ripopolamenti a scopo venatorio effettuati con L. europaeus in tempi storici ed in particolare nell’ultimo secolo, se da un lato non ha avuto conseguenze di tipo genetico per L. corsicanus, potrebbe invece aver significativamente determinato l’attuale struttura genetica delle popolazioni di L. europaeus.
Per quanto riguarda lo status delle popolazioni, nelle regioni peninsulari la presenza di popolazioni di Lepre italica sono state accertate a partire (verso sud) dalla Toscana settentrionale (Capalbio), sul versante tirrenico, e dal Gargano, su quello adriatico. Al momento è risultata una distribuzione discontinua di dette popolazioni, sebbene proseguano gli accertamenti di campo (Trocchi et al., 1998). Ad eccezione di poche aree isolate dal resto del territorio (Castelporziano, P.N. Circeo) in tutte le popolazioni dell’Italia peninsulare si verifica una condizione di simpatria con la lepre europea, dovuta principalmente alle immissioni effettuate a scopo venatorio. In Sicilia, invece, nonostante siano stati immessi nel territorio decine di migliaia di lepri di individui di lepri europee esse non sono riuscite a sopravvivere e non hanno dato luogo a popolazioni vitali.
Sui Monti della Tolfa esiste una popolazione di lepre italica diffusa in buona parte del territorio, sebbene con densità apparentemente basse. Le indagini compiute dal personale dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica su percorsi notturni con l’ausilio dei fari e con il controllo degli animali abbattuti durante la stagione venatoria hanno permesso di accertare la presenza della specie in diverse aree del territorio (fig. XX). Come nel resto della penisola, anche in questo comprensorio sono stati trovati individui di lepre europea in simpatria e sintopia con la lepre italica. Un ruolo particolarmente importante sembra essere svolto dalle aree protette (le due Zone di Ripopolamento e Cattura) e dall’Azienda Faunistico Venatoria “Santa Severa” (all’interno della quale la lepre non viene cacciata) in quanto costituiscono un serbatoio per questa popolazione. La popolazione di lepre italica dei Monti della Tolfa è in continuità con quella della provincia di Viterbo, nuclei di questa specie sono infatti stati ritrovati nei comuni di Tarquinia, Monte Romano, Civitella Cesi, Blera. Questa area geografica risulta quindi strategicamente importante per la conservazione nazionale della specie essendo una “metapopolazione” costituita da numerosi nuclei in connessione tra di loro e dalle elevate possibilità di colonizzazione delle aree adiacenti (grazie all’esistenza nella zona di numerose aree naturali che possono svolgere il ruolo di corridoi ecologici). Sarebbe quindi importante creare altre aree protette o con divieto di caccia alla lepre (sia italica che europea) n modo da aumentare il successo riproduttivo delle popolazioni e di non impedire i naturali processi di interscambio tra i diversi nuclei.

ORDINE RODENTIA

FAMIGLIA SCIURIDAE
Scoiattolo Sciurus vulgaris Linnaeus 1758
Lo scoiattolo è una specie a diffusione eurasiatica e in Italia è diffuso su tutto il territorio nazionale con la sola eccezione delle isole.
La specie presenta una sistematica incerta e, attualmente vengono riconosciute 3 sottospecie: S. v. fuscoater diffusa nell’Italia settentrionale, lo S. v. italicus diffuso fino a Marche e Umbria e S. v. meridionalis che giunge fino in Aspromonte (AA. VV. 1999).
Nell’area dei Monti della Tolfa si registrano alcune vecchie segnalazioni (Contoli, 1977). Non si hanno notizie recenti sulla presenza delle specie né di quale sottospecie dovrebbe trattarsi anche se, presumibilmente, dovrebbe essere la meridionalis.
La specie viene considerata vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).

FAMIGLIA GLIRIDAE
Quercino Elomys quercinus (Linnaeus 1766)
Il quercino è presente nel territorio italiano con quattro differenti sottospecie. La sottospecie nominale è diffusa in alcune aree del nord est italiano e nel resto della penisola è presente E. q. dichrurus (AA. VV. 1999). Particolarmente interessanti dal punto di vista della conservazione sono la sottospecie sarda (E. q. sardus) e quella di Lipari (E. q. liparensis).
La specie viene definita vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
Contoli (1977) riporta una sola segnalazione di un possibile avvistamento della specie nel comprensorio tolfetano. Non si dispone di informazioni recenti sulla presenza della specie nell’area della Tolfa.

Moscardino Muscardinus avellanarius speciosus (Dehne 1855)
Il moscardino ha un distribuzione europeo – mediterranea e in Italia è presente in gran parte del territorio ad eccezione della Sardegna e delle isole minori.
Il moscardino è inserito nell’Allegato IV della Direttiva Habitat 90/43/CEE, ed è considerato specie vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).
La specie sembra essere abbastanza frequente in tutto il comprensorio tolfetano e molteplici sono le osservazioni e le segnalazioni (Contoli 1977).

FAMIGLIA HYSTRICIDAE
Istrice Hystrix cristata Linnaeus 1758
L’istrice presenta una distribuzione peculiare per la sua presenza nell’area del Maghreb, nelle regioni a sud del Sahara e in Italia, dove ha colonizzato le regioni meridionali e centrali e dove sembra stia ampliando ulteriormente il suo areale.
La specie è presente sia nell’area oggetto di indagine che in tutto il comprensorio tolfetano. Le prime segnalazioni bibliografiche risalgono ai primi del 900 e in generale la specie è stata considerata sempre piuttosto comune. Fino a metà degli anni ‘70 veniva regolarmente cacciata e si stima che venissero catturate un centinaio di capi per annata venatoria (Contoli 1977). Nonostante la specie sia ampiamente protetta è ancora soggetta ad un intenso bracconaggio per le sue carni ritenute prelibate.
L’istrice è inserita nell’Allegato IV della Direttiva Habitat 90/43/CEE e nel Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).

ORDINE CARNIVORA

FAMIGLIA CANIDAE
Lupo Canis lupus lupus Linnaeus 1758
L’areale di distribuzione del lupo comprendeva l’intero continente nord americano ed euroasiatico ma in seguito alla persecuzione umana la specie si è estinta in molte zone, tra cui l’Europa centro settentrionale. In Italia il lupo ha toccato il suo minimo storico negli anni ’70 quando venivano stimati un centinaio di individui relegati in alcune aree dell’Appennino centro meridionale. A partire da quel periodo la specie è andata incontro ad una lenta ripresa che ha portato la popolazione alla soglia dei 400-500 capi, localizzati in gran parte della dorsale appenninica e, da pochi anni, anche in una porzione delle Alpi Occidentali (Ciucci e Boitani, 1998).
Il lupo è inserito nella lista delle specie prioritarie dell’allegato II della Direttiva Habitat 92/43 CEE e nel libro rosso degli animali d’Italia, nella categoria vulnerabile.
Numerose sono le segnalazioni della presenza della specie nel comprensorio tolfetano riportate da Contoli (1977). Il comprensorio tolfetano costituisce la porzione meridionale di una importante ramificazione dell’areale localizzata tra Lazio settentrionale e Toscana centro meridionale. Il numero di individui presenti in questa porzione di territorio oscilla negli anni, anche in relazione agli abbattimenti illegali si verificano ancora nonostante il regime di protezione di cui beneficia la specie. Vi sono testimonianze di recenti abbattimenti nel territirio adiacente di Tarquinia.
Il comprensorio dei Monti della Tolfa, pur non ospitando nuclei stabili, in virtù delle peculiari caratteristiche ambientali e del basso grado di antropizzazione risulta essere un’area strategica per la specie, soprattutto in termini di connessione con altre aree vitali.

FAMIGLIA MUSTELIDAE

Puzzola Mustela putorius Linnaeus 1758
In Italia questo mustelide è distribuito in tutta la penisola con l’eccezione delle isole.
Nel comprensorio tolfetano negli anni ‘70 la specie era ritenuta presente anche se con densità piuttosto basse (Contoli, 1977). Attualmente si hanno scarne informazioni circa la presenza di questa specie (una osservazione effettuata nel 1995, presso il km 5 della SP 3/b: Macedone, com. Pers.) e che, sicuramente, è presente in un’area del litorale laziale a sud del comprensorio oggetto di studio: il Bosco di Palo laziale (Marinelli com. pers.).
La puzzola è presente nel Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998) con lo status carente di informazioni, a conferma della scarsità di informazioni che si hanno in merito.

Martora Martes martes (Linnaeus 1758)
La martora è considerata dal Libro Rosso degli Animali d’Italia a basso rischio (Bulgarini et al. 1998). In Europa è distribuita in gran parte delle aree mentre in Italia ha una distribuzione discontinua ed è legata alla presenza di foreste di alto fusto.
Nonostante la specie fosse segnalata da numerose pubblicazioni storiche facenti riferimento al comprensorio oggetto di studio, negli anni settanta era già considerata rarissima, anche a causa della campagna di sterminio cui era stata oggetto (e che accomunava tutti i mustelidi) perpetrata attraverso l’uso di bocconi avvelenati (Contoli, 1977).
Vi sono state osservazioni recenti di questa specie nella area oggetto di studio da parte di F. Riga (com. pers.).


FAMIGLIA FELIDAE
Gatto selvatico Felis silvestris silvestris Linnaeus 1758
A causa delle sue abitudini comportamentali particolarmente elusive le conoscenze sulla distribuzione del gatto selvatico in Italia sono scarse e frammentarie. Nell’area settentrionale Felis silvestris silvestris è presente nelle Alpi liguri, al confine con la Francia e nelle Alpi Carniche. La sua presenza sembra accertata poi lungo tutto l’arco alpino, Sicilia compresa, mentre la popolazione sarda sembra appartenere alla sottospecie F. s. lybica, che comprende i gatti selvatici africani e del medio oriente (AA. VV. 1999).
Esistono numerosi riferimenti bibliografici e segnalazioni dirette che davano la specie presente nell’area tolfetana fino agli anni ’70 (Contoli, 1977). Attualmente non esistono informazioni sulla eventuale presenza del felide e sul suo status.
Il gatto selvatico è inserito nell’Allegato IV della Direttiva Habitat 90/43/CEE ed è considerato specie vulnerabile dal Libro Rosso degli Animali d’Italia (Bulgarini et al. 1998).

ORDINE ARCTIODACTYLA

FAMIGLIA SUIDAE
Cinghiale Sus scrofa Linnaeus, 1758 (e sua gestione)
Il cinghiale ha una distribuzione quasi ubiquitaria, in quanto è presente dalla Val d’Aosta fino alla Calabria, in Sardegna, in Sicilia. Esistono, inoltre, situazioni più frammentate e discontinue, come ad esempio alcune zone prealpine e montane della Lombardia, Veneto, Trentino e Friuli (Pedrotti e Toso, 1999). La distribuzione attuale è il risultato di un quasi istantaneo processo di colonizzazione che nel corso dell’ultimo trentennio ha portato la specie a quintuplicare il proprio areale ed a occupare aree precedentemente non interessate dalla sua presenza (Apollonio et al., 1988). Tale espansione delle popolazioni, in termini di numero degli effettivi e di aree geografiche occupate, è un processo che ha interessato la maggior parte dei paesi europei e che è tuttora in corso (Massei e Genov, 2000).
I meccanismi alla base di questo processo di colonizzazione sono probabilmente dovuti ad una serie di fattori diversi verificatisi contemporaneamente in diverse aree geografiche. Tra questi un ruolo importante è stato svolto dalle immissioni volontarie ed accidentali, dalla diminuzione o scomparsa dei predatori, dalle modificazioni socio economiche e del paesaggio agricolo che hanno provocato un abbandono delle colture in aree di media ed alta collina ed una conseguente espansione delle aree boschive. In Europa orientale e dettentrionale un evento significativo è stato il verificarsi di una serie di inverni particolarmente miti all’inizio degli anni ’70 il cui effetto è stato quello di ridurre la mortalità invernale degli individui (Massei e Toso, 1993). Tutti questi fattori sono stati sfruttati in pieno dal cinghiale grazie alle caratteristiche biologiche della specie, quali l’elevato potenziale riproduttivo (una produttività che può raggiungere un incremento annuo del 200%), l’elevata capacità di spostamento e la tendenza dei giovani maschi al nomadismo ed alla dispersione.
Dal punto di vista sociale l’incremento verificatosi nel nostro paese ha generato un crescente interesse venatorio in quasi tutte le regioni ed il sorgere di numerose problematiche sia sul piano di gestione delle popolazioni sia della conservazione delle specie animali con cui il cinghiale interagisce. In particolare, nelle aree ad elevate densità il cinghiale può provocare ingenti danni alle coltivazioni e diminuire il successo riproduttivo delle specie di uccelli che nidificano a terra quali la pernice rossa (Calderon, 1977), il fagiano (Marsan et al., 1990) o di mammiferi quali lepre, arvicole, insettivori (Singer e Ackerman 1981). Gravi danni possono essere causati dall’attività di scavo (rooting) anche al rinnovo boschivo di querce (Groot Bruinderink e Hazebroek, 1996), al manto erboso ed a tutta la comunità di macroinvertebrati che ospita (Howe, Singer e Ackerman, 1981).
Dal punto di vista sistematico, una recente revisione morfologica e genetica della sottospecie maremmana S.s. majori presente originariamente in Italia centrale ha evidenziato che essa non è significativamente diversa dalle altre popolazioni presenti nel continente o in altre aree della penisola (Randi et al., 1989; Genov, 1999). Il cinghiale maremmano deve essere quindi considerato un ecotipo adattato fenotipicamente all’ambiente mediterraneo. Questa forma è comunque importante in quanto, essendosi evoluta in questi ambienti, ha sicuramente un impatto ecologico minore sull’ambiente, e inoltre perché riveste un importante significato biogeografico. Purtroppo a causa di ripetuti interventi di immissione a carattere venatorio con individui di origine centroeuropea o con soggetti di allevamento (spesso ibridati con maiali domestici), l’ecotipo maremmano è da considerarsi estinto in gran parte del territorio originario, sopravvivendo in purezza soltanto in poche aree protette ed isolate dall’ambiente circostante (ad es. nella Tenuta Presidenziale di Castelporziano).
Anche nel territorio della ZPS dei Monti della Tolfa Meridionali e, più in generale, in tutto il comprensorio, la popolazione di cinghiale ha subito lo stesso destino. Gli esemplari originali hanno infatti perso la loro identità genetica e, conseguentemente, morfologica, in seguito alle ripetute immissioni di esemplari a scopo venatorio e all’ibridazione con i maiali domestici allevati allo stato semi-brado.
Per quanto riguarda la gestione della specie in questo territorio è da segnalare che la caccia a questa specie era tradizionalmente praticata anche da prima dell’esplosione demografica del cinghiale degli ultimi anni. I Monti della Tolfa sono infatti una zona particolarmente vocata, con ampia disponibilità di boschi, risorse idriche ed aree aperte. Ciò che è sicuramente cambiato negli ultimi anni è lo sforzo di caccia ed il numero di squadre che praticano la caccia in battuta in questo territorio, come dimostrano i dati riportati in seguito.
Dal punto di vista normativo, il regolamento di caccia al cinghiale prevede la suddivisione del territorio dell’ATC in zone fisse che vengono utilizzate dalle squadre di caccia registrate alla Provincia. A differenza di quanto accade in altre province o regioni non c’è un legame fisso tra squadra e zona in quanto ogni squadra può andare effettuare le battute in ogni zona dell’ATC. Per l’assegnazione giornaliera della zona vige il criterio dell’occupazione: la squadra che per prima occupa il “punto presa” ha diritto di cacciare in quella zona. Al termine della battuta il capo squadra compila una scheda, da consegnare successivamente alla Provincia, nel quale sono, o dovrebbero essere, riportate: la data e la località della battuta, il numero ed il nome dei cacciatori, il numero dei cani utilizzati ed il numero dei cinghiali abbattuti.
Dall’analisi dei resoconti di caccia al cinghiale nella stagione venatoria 2000-2001 riferiti all’Ambito Territoriale di Caccia RM1 (dati Provincia di Roma) risulta che il 51,13% delle giornate di caccia al cinghiale si sono effettuate nei confini della ZPS, coinvolgendo il 49,39% dei cacciatori e prelevando il 40,31% dei cinghiali rispetto al totale. Inoltre, dovrebbero essere considerate anche le battute di caccia effettuate nell’Azienda Faunistico Venatoria Santa Severa, che ricade per buona parte all’interno della ZPS. Se a questi si aggiungono anche i dati riferiti all’intero comprensorio dei Monti della Tolfa si evidenzia che la quasi totalità della caccia al cinghiale nell’ATC RM1 viene effettuata in questa area. Il periodo di caccia al cinghiale è compreso tra il 1° novembre ed il 31 gennaio, con 3 giornate di caccia alla settimana.
Nella tabella seguente vengono riportati il numero di battute di caccia al cinghiale, di cacciatori, dei cani impiegati e di cinghiali abbattuti nelle zone di caccia al cinghiale dell’ATC RM1 che ricadono completamente o in parte all’interno della ZPS.

 

 
Battute 90
Cacciatori 2046
Cani 868
Cinghiali abbattuti 52

Dati riferiti alla stagione venatoria 2000-2001.

 

 

I dati hanno soltanto un valore indicativo in quanto le schede compilate dai rappresentanti di ciascuna squadra sono in genere carenti, soprattutto per quanto riguarda il numero di cinghiali abbattuti.
Più volte in passato sono state effettuate immissioni di cinghiali nel territorio dei Monti della Tolfa soprattutto da parte delle associazioni di cacciatori ed in alcuni casi con l’autorizzazione da parte dell’Amministrazione Provinciale. Nel 2001 una immissione programmata direttamente dalla Provincia è stata sospesa (quando era già stata aggiudicata la gara per la fornitura degli animali) per l’insorgenza dell’epidemia di afta epizootica. Tali immissioni vengono giustificate dagli interessati sulla base della bassa consistenza della popolazione di cinghiali dei Monti della Tolfa. Tale asserzione non è comunque mai stata comprovata da dati ottenuti con criteri tecnici oggettivi.
Ciò che sembra mancare è quindi una strategia di gestione del cinghiale, basata su un vero coordinamento degli interventi nelle aree di caccia degli ATC e delle AFV ed in quelle di rispetto come le Zone di Ripopolamento e Cattura, le oasi di protezione e le aree protette regionali o provinciali (Pedrotti et al. 2001).

FAMIGLIA CERVIDAE
Capriolo Capreolus capreolus (Linnaeus 1758)
Il capriolo, una volta presente nel comprensorio tolfetano insieme al cervo, si è estinto ai primi del 900 a causa di un intenso prelievo venatorio (Contoli, 1977).
L’analisi della distribuzione storica del capriolo in Italia centrale è stata riassunta da Tassi (1976). All’inizio del secolo scorso il capriolo era diffuso nella maremma toscana (specialmente nelle zone pianeggianti), era presente nelle aree costiere tra Montalto di Castro e Ischia di Castro mentre a sud di Roma era presente a Terracina e San Felice Circeo (Ghigi, 1911). Sicuramente il capriolo rimase abbondante intorno a Roma fino alla metà del XVII secolo per poi declinare rapidamente in epoca successiva (Tarello, 1991). Le cause di questa rarefazione sia dell’areale di distribuzione, sia nel numero degli effettivi sono da ricercare nelle profonde trasformazioni del territorio operate dalle attività umane (sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali) e nella persecuzione diretta (Toso, 1999). I minimi storici della popolazione italiana di capriolo si osservano nel periodo immediatamente successivo alla Seconda Guerra Mondiale, quando era ridotto ad poche popolazioni isolate concentrate soprattutto nell’arco alpino orientale e nella maremma.
A partire dalla fine degli anni ‘60 si è verificata un’inversione di tendenza che ha portato la specie a rioccupare una parte considerevole del proprio areale storico. Ciò è avvenuto grazie all’abbandono delle attività agricole negli ambienti, alla diminuzione della pressione venatoria, all’istituzione di aree protette ed alle operazioni di reintroduzione operate in numerose aree dell’Italia centro - settentrionale. Ancora critica è la situazione in Italia meridionale, dove sono presenti popolazioni solo nel P.N. del Gargano, nei monti dell’Orsomarso (P.N. Pollino) e nel P.N. della Sila.
Sebbene non si possa dire nulla sullo status tassonomico di queste popolazioni originarie, gli individui presenti a Castelporziano derivano sicuramente da esse, non essendo documentato alcun tipo di ripopolamento con individui di origine centroeuropea.La sottospecie italica (C. c. italicus Festa 1925) è stata descritta sulla base di alcune caratteristiche morfologiche e della colorazione del mantello. A questa sottospecie apparterrebbero anche i piccoli nuclei presenti nella Foresta Umbra (Parco Nazionale del Gargano) e dei Monti dell’Orsomarso (Parco Nazionale del Pollino).
Uno studio più recente di carattere genetico ha in effetti dimostrato che i capriolo di Castelporziano presentano sequenze della regione di controllo del DNA mitocondriale (aplotipi) significativamente diverse rispetto a quelli che si ritrovano nelle popolazioni Italiane delle Alpi e dell’Europa continentale (Randi et al., 1998). Tali studi non hanno comunque potuto confermare la validità della sottospecie. Indicazioni più chiare sono emerse da ulteriori studi genetici, condotti su un numero più ampio di campioni, provenienti da diverse aree geografiche.
Le popolazioni di Castelporziano, del Gargano, dell’Orsomarso e della Provincia di Siena condividerebbero infatti degli aplotipi simili con un tempo di divergenza di 20-25.000 anni rispetto alle popolazioni delle Alpi (Randi e Mucci, 2001). Risultati simili, pur se con qualche differenza, sono stati ottenuti anche da Lorenzini et al. (2001).
L’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, in collaborazione con la Provincia di Roma e la Tenuta Presidenziale di Castelporziano, ha iniziato nel 2000 un programma triennale di reintroduzione del capriolo italico nell’Azienda Faunistico Venatoria “Santa Severa” situata nel comune di Tolfa sulle prime pendici dei Monti della Tolfa (Fig. ??). Per le operazioni di reintroduzione verranno utilizzati individui provenienti dalla Tenuta Presidenziale di Castelporziano.Le principali motivazioni di questo progetto sono:

- ridurre la probabilità che eventi di tipo catastrofico (epidemie, condizioni meteorologiche sfavorevoli, ecc.) possano causare l’estinzione della popolazione di Castelporziano;
- ricostituire una popolazione stabile di capriolo italico sui Monti della Tolfa.

Nel febbraio 2001 sono iniziate le operazioni di reintroduzione all’interno del territorio dell’azienda faunistico venatoria “Santa Severa”, con l’immissione di u primo nucleo di 8 individui (5 femmine, 3 maschi). Due individui sono morti nel primo periodo dopo il rilascio: una femmina è morta a causa dello stress seguito alla cattura, un maschio è invece morto in seguito ad un incidente stradale. Gli individui sopravvissuti frequentano attualmente (maggio 2001) stabilmente il territorio dell’AFV “Santa Severa” e le aree limitrofe (Fig. ??).
In figura ?? vengono riportate i limiti della distribuzione del capriolo nel Lazio settentrionale, i siti dove sono stati realizzati (o sono previsti) interventi di reintroduzione del capriolo e le aree boscate che portebbero essere utilizzate da questa specie come corridoi ecologici.

 

4.4.3 CHECK LIST

ORDINE FAMIGLIA SPECIE E GENERE PRES. RED   LISTA
      NELLA LIST DIRETTIVA ROSSA
      ZPS UICN HABITAT  
INSECTIVORA            
  SORICIDAE          
    Sorex araneus SI      
    Crocidura leucodon SI      
    Crocidura suaveolens SI      
    Suncus etruscus SI      
  ERINACEIDAE          
    Erinaceus europaeus SI      
  TALPIDAE          
    Talpa romana SI      
CHIROPTERA            
  RHINOLOPHIDAE          
    Rhinolophus euryale SI   All. II VU
    Rhinolophus ferrumequinum ferrumequinum SI   All. II VU
    Rhinolophus hipposideros minimus SI   All. II EN
  VESPERTILIONIDAE          
    Myotis capaccinii ?   All. II EN
    Myotis myotis myotis ?   All. II VU
    Myotis blythii oxygnathus ?   All. II VU
    Epseticus serotinus serotinus ?   Allegato IV LR
    Plecotus austriacus ?   Allegato IV LR
   
Plecotus auritus
?   Allegato IV LR
   
Hypsugo savii savii
SI   Allegato IV LR
    Miniopterus schreibersi schreibersi SI   All. II LR
  MOLOSSIDAE          
    Tadarida teniotis teniotis ?   Allegato IV LR
LAGOMORPHA            
  LEPORIDAE          
    Lepus capensis SI     CR
    Lepus corsicanus SI     CR
RODENTIA            
  SCIURIDAE          
    Sciurus vulgaris ?     VU
  GLIRIDAE          
    Glis glis ?      
    Muscardinus avellanarius speciosus SI LR Allegato IV VU
    Eliomys quercinus dichrurus ? VU   VU
  MICROTIDAE          
    Microtus savii SI      
    Clethrionomis glareous SI      
  MURIDAE          
    Apodemus sylvaticus SI      
    Apodemus flavicollis SI      
    Mus domesticus SI      
    Rattus rattus SI      
    Rattus norvegicus ?      
  HYSTRICIDAE          
    Hystrix cristata SI   Allegato IV X
  MYOCASTORIDAE          
    Myocastor coypus SI      
CARNIVORA            
  CANIDAE Canis lupus SI VU Sp. prioritaria VU
    Vulpes vulpes SI      
  MUSTELIDAE Lutra lutra NO     CR
    Meles meles SI      
    Mustela nivalis SI      
    Mustela putorius SI     DD
    Martes foina SI      
    Martes martes SI     LR
  FELIDAE          
   
Felis silvestris silvestris
?   Allegato IV VU
ARTIODACTYLA            
  SUIDAE          
    Sus scrofa SI      
  CERVIDAE          
    Capreolus capreolus italicus SI     EN

LEGENDA CATEGORIE
CR - Critically endangered - In pericolo critico
EN - Endangered - In pericolo
VU - Vulnerable - Vulnerabile
LR - Lower risk - A più basso rischio
DD - Data deficient - Carenza di informazioni
NE - Not evaluated - Non valutato
Sp. Prioritaria - Specie prioritaria inserita nell'allegato II della Direttiva Habitat 92/43/CEE
Allegato IV - Specie inserita nell'allegato IV della Direttiva Habitat 92/43/CEE

4.5 ARTROPODI

4.5.1 ENTOMOFAUNA

Gli insetti dei Monti della Tolfa sono stati studiati in modo incompleto e le conoscenze sono ancora frammentarie e, spesso, datate nel tempo. Gran parte degli studi sono stati effettuati nell'intero comprensorio tolfetano-cerite, e non in particolare sul territorio della ZPS: pertanto le specie riportate in questo lavoro, salvo quando specificato diversamente, provengono da località dell'intero comprensorio.
Le conoscenze disponibili vengono riassunte di seguito, focalizzando l'attenzione sui gruppi sistematici sottoposti ad indagine.

4.5.1.1 COLEOTTERI CURCULIONIDI

Per quanto concerne i Coleotteri Curculionidi, Colonnelli (1983 ) in uno specifico lavoro svolto nel territorio dei Monti della Tolfa e nel comprensorio dei Monti Sabatini, ha stimato la presenza di 214 specie. Questo valore non è ancora esaustivo e l'Autore ritiene che possa coprire circa il 70 % delle specie realmente presenti.
La comunità locale dei curculionidi non differisce molto da quelle campionate nelle regioni mediterranee dell'Italia centrale, sebbene nell'area di studio siano presenti specie generalmente rinvenute ad altitudini mediamente elevate: tra le specie presenti a bassa quota nell'ambito territoriale della ZPS va segnalato Ceutorhyncus barbareae.
Inoltre, alcune specie solitamente ritenute piuttosto rare vengono rinvenute nell'area oggetto di studio con una certa frequenza e ciò potrebbe essere ricondotto alla scarso grado di antropizzazione del comprensorio tolfetano. Tra queste sono state rinvenute nel territorio della ZPS: Otiorhynchus frescati, Homorhythmus cremieri, Aubeonymus carinicollis e Meira sp.

4.5.1.2 COLEOTTERI BUPRESTIDI

Il gruppo dei Coleotteri Buprestidi è stato ampiamente indagato da Gobbi (1977). Nel comprensorio tolfetano sono state accertate 60 specie (sulle 105 laziali) e il lavoro svolto non può certo considerarsi esaustivo. Tra le specie più interessanti vanno citate Acmaeodera degener quattordecimpunctata, Kisanthobia ariasi, Sphenoptera antiqua, Aurigena lugubris, Dicerca beroliensis, Eurythyrea quercus e Anthaxia deaurata.

4.5.1.3 COLEOTTERI SCARABEOIDEI LAPAROSTICTI

I Coleotteri Scarabeoidei Laparosticti rinvenuti nell'intero comprensorio della Tolfa ammontano a 59 specie, suddivise nelle seguenti famiglie: Scarabeidi (21 specie), Aphodiidi (32 specie), Geotrupidi (5 specie) e Trogidi (una sola specie). Di queste, 46 sono state rinvenute in un'area effettivamente compresa all'interno della ZPS (Carpaneto, 1983). La comunità di questi coleotteri se confrontata con altre aree limitrofe (ad esempio la zona dei monti Sabatini) appare meno diversificata, probabilmente in relazione alla ridotta rappresentanza del piano montano nell'area tolfetana. Tra le specie rilevate degne di nota vanno citate: Aphodius lugens e Aphodius varians.

4.5.1.4 COLEOTTERI CARABIDI

Questo è il gruppo meglio conosciuto e sul quale sono state effettuate considerazioni più dettagliate. Per la regione tolfetana sono conosciute attualmente 179 specie di Coleotteri Carabidi, numero certamente inferiore, soprattutto per carenza di ricerche, a quello reale, ma che è già ora comparabile con quello di altre aree laziali, come ad esempio i Colli Albani, recentemente oggetto di specifiche ricerche su questo gruppo di coleotteri (De Felici & Vigna Taglianti, 1994).
Tale numero di specie rappresenta il 35% circa di tutte le specie laziali (Vigna Taglianti, dati inediti) e il 14% circa dell'intera carabidofauna italiana (Vigna Taglianti, 1993).
Il 47% delle specie presenti appartengono a corotipi ad ampia distribuzione nella regione paleartica (Vigna Taglianti & al., 1993, 1999), il 27 % a corotipi a distribuzione europea, il 24% a corotipi a distribuzione mediterranea, ed il 2% a corotipi estesi alle regioni paleotropicali.
Tredici (quasi l'8% del totale) sono le specie endemiche italiane presenti nei Monti della Tolfa, di cui 3 alpino-appenniniche, 2 centro-appenniniche e 8 appenniniche:

  Specie Corotipi
1 Carabus (Archicarabus) rossii Dejean, 1826 APPE
2 Carabus (Chaetocarabus) lefebvrei Dejean, 1826 APPE
3 Cychrus italicus Bonelli, 1810 ALAP
4 Ocydromus (Ocydromus) rudis (De Monte, 1947) APPE
5 Anillus bordonii Magrini & Vanni, 1993 APPC
6 Trechus fairmairei Pandell‚, 1867 ALAP
7 Platyderus neapolitanus Reiche, 1855 APPE
8 Calathus montivagus Dejean 1831 APPE
9 Calathus fracassii Heyden, 1908 APPE
10 Laemostenus (Actenipus) latialis Leoni, 1907 APPC
11 Pterostichus (Pterostichus) micans Heer, 1841 ALAP
12 Harpalophonus italus (Schaum, 1860) APPE
13 Brachinus (Brachynoaptinus) italicus (Dejean, 1831) APPE

4.5.1.4
a. LE PRINCIPALI CENOSI A COLEOTTERI CARABIDI DEI MONTI DELLA TOLFA.

Sulla base delle ricerche effettuate finora nel comprensorio, realizzate con frequenti raccolte dirette, svolte da numerosi entomologi romani a partire dagli anni '60, e dei campionamenti di durata annuale effettuati con trappole a caduta in alcune stazioni più significative, nel corso di un programma di ricerche sulle taxocenosi a carabidi di un transetto centroappenninico, da parte del Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo dell'Università “La Sapienza", abbiamo potuto riconoscere le principali comunità della regione tolfetana.

1. Taxocenosi delle formazioni mediterranee a sclerofille, riferibili ai Quercetalia ilicis

Queste formazioni presentano una carabidofauna non molto ricca ma certamente interessante e caratteristica, costituita da elementi termofili.
Essa è dominata da Calathus montivagus, specie endemica italiana, e comprende altri due elementi caratteristici di boschi mediterranei, come Pristonychus algerinus e Pseudomasoreus canigoulensis, specie a diffusione mediterranea occidentale.

2.Taxocenosi delle foreste termofile decidue, riferibili ai Quercetalia pubescenti-petreae ed ai Fagetalia sylvaticae

Queste cenosi, ampiamente diffuse nelle formazioni termofile ed anche mesofile dell'Italia centrale, hanno come specie caratteristiche Abax ater, Laemostenus latialis (specie endemica centroappenninica), Cychrus italicus, Pterostichus micans e Notiophilus rufipes, tutte specie forestali, alcune più decisamente mesofile (Abax ater e Pterostichus micans) ed altre più nettamente termofile (Cychrus italicus e Laemostenus latialis), presenti dal livello del mare, dove le condizioni edafiche e bioclimatiche lo consentono, fino al limite altitudinale dei boschi appenninici.
Tali taxocenosi non mostrano quindi un particolare interesse, se non per le condizioni di extra-zonalità delle faggete dei dintorni di Allumiere. Le stesse popolazioni di Abax ater qui presenti, risultano, probabilmente, isolate da quelle dell'Antiappennino laziale.
E' da rilevare la mancanza di Carabus lefebvrei in questo comprensorio, che pur è frequente nel viterbese e raggiunge aree limitrofe (Manziana).

3.Taxocenosi dei prato-pascoli

La carabidofauna delle aree aperte risulta composta da numerose specie con esigenze microclimatiche spesso differenti, molte di tipo steppico, mesofile, presenti nell'area soprattutto per l'alta ritenuta idrica dei suoli argillosi. Altre specie, in numero minore, sono elementi termofili di tipo mediterraneo, legate a condizioni di maggiore aridità.
Il primo gruppo comprende specie con preferenze più o meno marcatamente igrofile, come Nebria brevicollis, Carabus alysidotus, Agonum sordidum, Parophonus spp., Dicheirotrichus pallidus, e la comunità Anchomenus dorsalis, Chlaenius chrysocephalus, Brachinus spp., e specie più decisamente steppiche, frequenti anche in terreni coltivati, come Carabus rossii, C. coriaceus, Calathus fuscipes, Steropus melas, alcune specie di Ophonus, di Harpalus e di Amara.
Quasi tutte sono specie ad ampia diffusione, spesso con affinità orientali (turaniche o centroasiatiche), euritope e/o euriecie, colonizzatrici e quindi ad alto potere di dispersione, nell'area tolfetana favorite dall'alto impatto antropico dovuto soprattutto al pascolamento bovino brado.
Il secondo gruppo si hanno elementi xerofili come Olisthopus glabricollis, O. fuscatus, Acinopus picipes, Carterus spp., Ophonus subquadratus e O. rotundatus: si tratta essenzialmente di specie mediterranee o mediterraneo-occidentali, termofile, con buona capacità di dispersione.

4.Taxocenosi igrofile, ripariali

Gli ambienti umidi sono ampiamente diffusi in tutta l'area tolfetana grazie all'esteso sovrascorrimento superficiale delle acque dovuto alle peculiari caratteristiche litologiche.
Accanto a taxocenosi ripariali non particolarmente caratterizzanti, in cui ritroviamo presenza di Chlaenius (s.l.) spp., Bembidion (s.l.) spp., Agonum ssp., ed altre specie tipicamente igrofile, ve ne sono alcune notevolmente interessanti ed addirittura esclusive, per le attuali conoscenze, di tale area.
Ad esempio, i piccoli fossi presenti nella parte nord orientale dell'area meridionale, e insistenti sulle argille turchine, marnose e sulle marne grigio azzurre del Piacenziano, presentano una taxocenosi ripariale unica in tutto il Lazio, formata da Ocydromus gudenzi (di cui i Monti della Tolfa sono l'unico sito laziale conosciuto), Ocydromus latinus e Ocydromus rudis (specie endemica appennini

5.Taxocenosi endogee

Particolare interesse mostrano alcune aree con suoli argillosi a forte ritenuta idrica, con sistema di fessurazione provocata dall'aridità estiva, in cui si rinvengono specie particolari, steppiche o deserticole (Siagona europea, Apotomus rufus, Polyderis algiricus, Porotachys bisulcatus, Zuphium olens, Parazuphium baeticum), o di tipo endogeo vero e proprio (come Anillus bordonii). Alcune di queste specie sono tra gli elementi più significativi dal punto di vista faunistico e biogeografico dell'area.

4.5.1.4.
b. COLEOTTERI CARABIDI DI PARTICOLARE IMPORTANZA

Lophyridia littoralis nemoralis (Olivier, 1790)
In Italia questa specie è presente su tutte le coste sabbiose della penisola. I reperti della Caldara di Manziana e di Canale Monterano, aree della regione tolfetana non incluse nell'area SIC, potrebbero indicare una sua potenzialmente presenza anche nell'area protetta. Essi sono particolarmente interessanti, sia in quanto trovati in aree geograficamente interne sia per le caratteristiche ambientali, con presenza di fenomeni vulcanici secondari, quali in particolare emissioni acqua sulfurea a media temperatura.

Carabus (Archicarabus) alysidotus Illiger, 1798
Specie diffusa in Italia e Francia meridionale, a gravitazione tirrenica, rara e localizzata. Elemento brachittero, di basse e medie quote, fortemente igrofilo, rinvenibile esclusivamente presso ruscelli, stagni, paludi, o, lontano dall'acqua, in aree con suolo argilloso a forte ritenuta idrica.

Ocydromus (Bembidionetolitzkya) bugnioni (K. Daniel, 1902)
Specie ripicola, dei greti di fiumi e torrenti nel tratto montano e submontano.

Ocydromus (Bembidionetolitzkya) coeruleus (Audinet-Serville, 1826)
Specie a distribuzione prevalentemente occidentale, presente in poche stazioni della pianura padana e della penisola, sul versante tirrenico della Toscana e del Lazio.
Questa specie Š legata ai greti del tratto pedemontano di fiumi e torrenti, in cui le ghiaie sono frammiste a materiale fino, come silt e argilla (Bonavita & Vigna Taglianti, 1993).

Ocydromus (Peryphanes) gudenzii Neri, 1982
Specie nota esclusivamente dell'Italia appenninica e della penisola balcanica. Elemento ripicolo, al bordo di fiumi e torrenti sia nel tratto montano che in quello collinare. Alle altitudini inferiori sembra trovarsi quasi esclusivamente su substrato argilloso, soprattutto in presenza di formazioni calanchive.

Ocydromus (Ocydromus) rudis (De Monte, 1947)
Specie endemica appenninica, sembra trovarsi quasi esclusivamente su substrato argilloso, a quote medio-basse, sul versante tirrenico della penisola. Nei Monti della Tolfa sembra costituire una comunit… caratteristica e costante con Ocydromus gudenzii ed Ocydromus latinus.

Polyderis algiricus (Lucas, 1846)
Specie tirrenico-maghrebina caratteristica di suoli argillosi a forte ritenuta idrica, spesso con sistema di fessurazione provocato dall'aridità estiva.

Anillus bordonii Magrini & Vanni, 1993
Specie endogea, endemica dell'Appennino centrale.

Dicheirotrichus pallidus (Dejean, 1829)
Specie ad ecologia poco nota, igrofila, con esigenze microclimatiche di tipo mesofilo, presente su suoli argillosi a forte ritenuta idrica.

Zuphium olens (Rossi, 1790)
Specie caratteristica di aree umide, con suoli argillosi a forte ritenuta idrica, spesso con sistema di fessurazione provocato dall'aridità estiva.

Parazuphium baeticum (Daniel & Daniel, 1898)
Specie caratteristica di aree umide, con suoli argillosi a forte ritenuta idrica, spesso con sistema di fessurazione provocato dall'aridità estiva.


I Monti della Tolfa presentano dunque una notevole eterogeneità ambientale, in parte dovuta alla presenza di ambienti antropizzati accanto ad altri a forte grado di naturalità, nonostante le formazioni forestali primarie ad alto fusto siano state quasi tutte smantellate. La mancanza di buona copertura arborea in molte aree, inoltre, è stata causa di fenomeni di erosione e dissesto.
Accanto a ciò va rilevato che gli ambienti di acque correnti e gli ambienti steppici a prato-pascolo, grazie alla natura argilloso-marnosa di buona parte dei terreni affioranti, non sono stati alterati se non in maniera marginale.
A causa della sua recente storia, l'area tolfetana non mostra particolari fenomeni di isolamento dalle altre aree medio-tirreniche, e quindi mancano elementi endemici, cosa che vale peraltro per tutti gli apparati vulcanici preappenninici del Lazio.
La grande diffusione dell'allevamento brado, con la conseguente ampia estensione di formazioni aperte e di aree a prato-pascolo, ha consentito la presenza di comunità di tipo steppico, particolarmente significative, ricche di elementi di origine settentrionale ed orientale, talora rappresentati da specie ad ampia diffusione, ma anche da specie rare e localizzate, legate a suoli argillosi umidi.
Le formazioni forestali e quelle ripariali presentano anch'esse elementi di particolare interesse: la presenza di un alto numero di specie endemiche italiane nelle cenosi forestali, e di specie endemiche e relitte in quelle igrofile ed endogee, rende i boschi e le aree a substrato argilloso e marnoso dei Monti della Tolfa gli ambienti più fortemente significativi dell'area e quindi quelli più bisognosi di tutela e protezione.

4.5.1.4.
c. CHECKLIST DEI CARABIDAE DEI MONTI DELLA TOLFA

* specie endemiche italiane

1. Cicindela (Cicindela) campestris Linn‚, 1758 PAL
c. campestris Linn‚, 1758

2. Cylindera (Cicindina) trisignata (Dejean, 1822) MED
t. trisignata (Dejean, 1822)

3. Lophyridia littoralis (Fabricius, 1787) CEM
l. nemoralis (Olivier, 1790)

4. Calosoma inquisitor (Linn‚, 1758) SIE

5. Calosoma sycophanta (Linn‚, 1758) PAL

6. Campalita maderae (Fabricius, 1775) MED

7. Carabus (Carabus) granulatus Linn‚, 1758 ASE
g. interstitialis Duftschmid, 1812

8. Carabus (Archicarabus) alysidotus Illiger, 1798 WME

9. Carabus (Archicarabus) rossii Dejean, 1826 * APPE

10. Carabus (Tomocarabus) convexus Fabricius, 1775 SIE
c. convexus Fabricius, 1775

11. Carabus (Chaetocarabus) lefebvrei Dejean, 1826* APPE
l. bayardi Solier, 1835

12. Carabus (Procrustes) coriaceus Linn‚, 1758 EUR
c. coriaceus Linn‚, 1758

13. Carabus (Megodontus) violaceus Linn‚, 1758 EUR
v. picenus Villa, 1838

14. Cychrus italicus Bonelli, 1809 * ALAP

15. Leistus (Pogonophorus) rufomarginatus (Duftschmid, 1812) EUR

16. Leistus (Sardoleistus) sardous Baudi, 1883 WME

17. Leistus (Leistus) fulvibarbis Dejean, 1826 EUM
f. fulvibarbis Dejean, 1826

18. Nebria (Eunebria) psammodes (Rossi, 1792) SEU

19. Nebria (Nebria) brevicollis (Fabricius, 1792) TUE

20. Notiophilus rufipes Curtis, 1829 EUR

21. Notiophilus geminatus Dejean, 1831 MED

22. Notiophilus substriatus Waterhouse, 1833 EUR

23. Omophron limbatum (Fabricius, 1776) PAL

24. Siagona europaea Dejean, 1826 AIM

25. Dyschiriodes (Dyschiriodes) aeneus (Dejean, 1825) ASE

26. Apotomus rufus (Rossi, 1790) WME

27. Asaphidion curtum (Heyden, 1870) WME

28. Metallina (Metallina) lampros (Herbst, 1784) PAL

29. Phyla tethys (Netolitzky, 1926) MED

30. Philochthus inoptatus (Schaum, 1857) SEU

31. Philochthus lunulatus (Fourcroy, 1785) EUM

32. Ocydromus (Bembidionetolitzkya) bugnioni (K. Daniel, 1902) SEU

33. Ocydromus (Bembidionetolitzkya) coeruleus (Audinet-Serville, 1826) WME

34. Ocydromus (Peryphanes) gudenzii Neri, 1982 SEU

35. Ocydromus (Peryphanes) latinus (Netolitzky, 1911) SEU

36. Ocydromus (Ocyturanes) praeustus (Dejean, 1831) MED

37. Ocydromus (Peryphus) cruciatus (Dejean, 1831) PAL

38. Ocydromus (Peryphus) testaceus (Duftschmid, 1812) EUR

39. Ocydromus (Peryphus) tetracolus (Say, 1823) OLA

40. Ocydromus (Ocydromus) decorus (Zenker, 1801) CAE

41. Ocydromus (Ocydromus) modestus (Fabricius, 1801) CEU

42. Ocydromus (Ocydromus) rudis (De Monte, 1947) * APPE

43. Ocydromus (Omoperyphus) hypocrita (Dejean, 1831) MED

44. Ocydromus (Nepha) tetragrammus (Chaudoir, 1846) EUM
t. illigeri (Netolitzky, 1914)

45. Ocydromus (Nepha) callosus (Kster, 1847) MED

46. Synechostictus cribrum (Duval, 1851) WME
c. stenacrus (De Monte, 1947)

47. Synechostictus dahli (Dejean, 1831) WME

48. Synechostictus elongatus (Dejean, 1831) SEU

49. Limnaeum abeillei (Bedel, 1879) WME

50. Limnaeum nigropiceum (Marsham, 1802) MED

51. Princidium (Princidium) punctulatum (Drapiez, 1820) CEM

52. Ocys harpaloides (Audinet-Serville, 1821) EUM

53. Polyderis algiricus (Lucas, 1846) WME

54. Paratachys bistriatus (Duftschmid, 1812) WPA

55. Paratachys fulvicollis (Dejean, 1831) TUE

56. Porotachys bisulcatus (Nicolai, 1822) WPA

57. Tachyura (Tachyura) thoracica (Kolenati, 1845) SEU

58. Tachyura (Tachyura) quadrisignata (Duftschmid, 1812) EUM

59. Tachyura (Tachyura) sexstriata (Duftschmid, 1812) EUR

60. Tachyura (Tachyura) diabrachys (Kolenati, 1845) TEM

61. Sphaerotachys hoemorrhoidalis (Ponza, 1805) AFM

62. Anillus bordonii Magrini & Vanni, 1993 * APPC

63. Thalassophilus longicornis (Sturm, 1825) EUR

64. Perileptus areolatus (Creutzer, 1799) EUM

65. Trechus quadristriatus (Schrank, 1781) TEM

66. Trechus fairmairei Pandell‚, 1867 * ALAP
67. Paranchus albipes (Fabricius, 1796) EUM

68. Oxypselaphus obscurus (Herbst, 1784) OLA

69. Anchomenus (Anchomenus) dorsalis (Pontoppidan, 1763) PAL

70. Agonum marginatum (Linn‚, 1758) WPA

71. Agonum permoestum Puel, 1938 SEU

72. Agonum nigrum Dejean, 1828 TEM

73. Agonum sordidum Dejean, 1828 EME

74. Olisthopus fuscatus Dejean, 1828 MED

75. Olisthopus glabricollis (Germar, 1817) EME

76. Platyderus neapolitanus Reiche, 1855 * APPE
n. neapolitanus Reiche, 1855

77. Synuchus vivalis (Illiger, 1798) ASE

78. Calathus circumseptus Germar, 1824 WME

79. Calathus cinctus Motschulsky, 1850 WPA

80. Calathus montivagus Dejean 1831 * APPE

81. Calathus fracassii Heyden, 1908 * APPE
f. luigionii Leoni, 1907

82. Calathus fuscipes (Goeze, 1777) EUM
f. latus Audinet-Serville, 1821

83. Laemostenus (Laemostenus) venustus (Dejean, 1828) EME

84. Laemostenus (Actenipus) latialis Leoni, 1907 * APPC

85. Laemostenus (Pristonychus) algerinus (Gory, 1833) WME
algerinus (Gory, 1833)

86. Platysma (Platysma) nigrum (Schaller, 1783) ASE

87. Platysma (Melanius) nigrita (Paykull, 1790) PAL

88. Platysma (Melanius) oenotrium (Ravizza, 1975) SEU

89. Steropus (Feronidius) melas (Creutzer, 1799) CEU
m. italicus (Dejean, 1828)

90. Pterostichus (Pterostichus) micans Heer, 1841 * ALAP

91. Argutor vernalis (Panzer, 1796) PAL

92. Poecilus (Poecilus) cupreus (Linn‚, 1758) ASE

93. Abax (Abax) ater (Villers, 1789) EUR
curtulus Fairmaire, 1856

94. Zabrus tenebrioides (Goeze, 1777) TUE

95. Amara (Zezea) kulti Fassati, 1947 SEU

96. Amara (Amara) aenea (Degeer, 1774) PAL

97. Amara (Amara) anthobia Villa & Villa, 1833 EUR

98. Amara (Amara) eurynota (Panzer, 1797) SIE

99. Amara (Celia) montana Dejean, 1828 MED

100. Amara (Percosia) equestris (Duftschmid, 1812) ASE

101. Scybalicus oblongiusculus (Dejean, 1829) MED

102. Anisodactylus (Anisodactylus) binotatus (Fabricius, 1787) ASE

103. Diachromus germanus (Linn‚, 1758) TEM

104. Carterus (Carterus) dama (Rossi, 1792) MED

105. Carterus (Carterus) gilvipes (Piochard de la Br–lerie, 1873) MED

106. Carterus (Carterus) rotundicollis Rambur, 1837 WME

107. Ditomus calydonius (Rossi, 1790) TUE

108. Ditomus tricuspidatus (Fabricius, 1792) MED

109. Dixus clypeatus (Rossi, 1790) WME

110. Acinopus (Acinopus) picipes (Olivier, 1795) TUE

111. Acinopus megacephalus (Rossi, 1794) TUE

112. Parophonus hispanus (Rambur, 1838) WME

113. Parophonus mendax (Rossi, 1790) SEU

114. Ophonus (Ophonus) sabulicola (Panzer, 1796) TUE
s. columbinus (Germar, 1817)

115. Ophonus (Ophonus) ardosiacus (Lutshnik, 1922) EUM

116. Ophonus (Ophonus) azureus (Fabricius, 1775) CEM

117. Ophonus (Ophonus) rotundatus (Dejean, 1829) WME

118. Ophonus (Ophonus) subquadratus (Dejean, 1829) MED

119. Ophonus (Metophonus) rupicola (Sturm, 1818) EUR

120. Ophonus (Metophonus) rufibarbis (Fabricius, 1792) TEM

121. Ophonus (Metophonus) jeanneli Sciaky, 1987 SEU

122. Cryptophonus melancholicus (Dejean, 1829) EUM

123. Pseudophonus (Pseudophonus) rufipes (Degeer, 1774) PAL

124. Harpalophonus italus (Schaum, 1860) * APPE

125. Harpalus (Harpalus) distinguendus (Duftschmid, 1812) PAL

126. Harpalus (Harpalus) oblitus Dejean, 1829 TEM

127. Harpalus (Harpalus) cupreus Dejean, 1829 SEU

128. Harpalus (Harpalus) pygmaeus Dejean, 1829 SEU

129. Harpalus (Harpalus) dimidiatus (Rossi, 1790) EUR

130. Harpalus (Harpalus) rubripes (Duftschmid, 1812) ASE

131. Harpalus (Harpalus) attenuatus Stephens, 1828 MED

132. Harpalus (Harpalus) serripes (Quensel, 1806) PAL

133. Harpalus (Harpalus) tardus (Panzer, 1797) ASE

134. Harpalus (Harpalus) flavicornis Dejean, 1829 SEU

135. Stenolophus teutonus (Schrank, 1781) TEM

136. Stenolophus persicus Mannerheim, 1844 EME

137. Stenolophus skrimshiranus Stephens, 1828 EUM

138. Stenolophus mixtus (Herbst, 1784) PAL

139. Dicheirotrichus pallidus (Dejean, 1829) WME

140. Bradycellus (Bradycellus) verbasci (Duftschmid, 1812) TUE

141. Acupalpus interstitialis Reitter, 1884 EUR

142. Acupalpus parvulus (Sturm, 1825) ASE

143. Acupalpus notatus Mulsant & Rey, 1861 MED

144. Acupalpus luteatus (Duftschmid, 1812) SIE

145. Anthracus quarnerensis (Reitter, 1884) SEU

146. Amblystomus niger Heer, 1838 EUM

147. Licinus silphoides (Rossi, 1790) SEU

148. Chlaenius (Chlaenites) spoliatus (Rossi, 1790) PAL

149. Chlaenius (Chlaenius) festivus (Panzer, 1796) TUE

150. Chlaenius (Chlaenius) velutinus (Duftschmid, 1812) EUM
v. velutinus (Duftschmid, 1812)

151. Chlaenius (Trichochlaenius) chrysocephalus (Rossi, 1790) WME

152. Dinodes (Dinodes) decipiens (Dufour, 1820) EUM

153. Chlaeniellus vestitus (Paykull, 1790) PAL

154. Chlaeniellus nigricornis (Fabricius, 1787) ASE

155. Callistus lunatus (Fabricius, 1775) TUE

156. Lamprias fulvicollis (Fabricius, 1792) WME

157. Lamprias cyanocephalus (Linn‚, 1758) PAL

158. Lebia humeralis Dejean, 1825 SEU

159. Demetrias (Demetrias) atricapillus (Linn‚, 1758) EUM

160. Pseudomasoreus canigoulensis (Fairmaire & LaboulbŠne, 1854) WME

161. Syntomus obscuroguttatus (Duftschmid, 1812) EUM

162. Lionychus quadrillum (Duftschmid, 1812) EUR

163. Apristus europaeus Mateu, 1981 SEU

164. Microlestes corticalis (Dufour, 1820) TUM

165. Microlestes fulvibasis (Reitter, 1900) TUM

166. Microlestes fissuralis (Reitter, 1900) TUE

167. Microlestes minutulus (Goeze, 1777) OLA

168. Microlestes negrita (Wollaston, 1854) MED

169. Microlestes luctuosus Holdhaus, 1904 TUM

170. Paradromius linearis (Olivier, 1795) EUM

171. Zuphium olens (Rossi, 1790) AIM

172. Parazuphium baeticum (Daniel & Daniel, 1898) WME

173. Drypta (Drypta) dentata (Rossi, 1790) AFP

174. Brachinus (Brachinus) crepitans (Linn‚, 1758) PAL

175. Brachinus (Brachinus) psophia Audinet-Serville, 1821 TUE

176. Brachinus (Brachynidius) brevicollis Motschulsky, 1844 TUM

177. Brachinus (Brachynidius) explodens (Duftschmid, 1812) ASE

178. Brachinus (Brachynidius) sclopeta (Fabricius, 1792) EUM

179. Brachinus (Brachynoaptinus) italicus (Dejean, 1831) * APPE

4.5.1.5 ALTRI COLEOTTERI

Nell'ambito dei Coleotteri, seppure non trattati dagli Autori citati, sono sicuramente presenti nell'area: Cerambyx cerdo (Cerambicidae) e Lucanus cervus (Lucanidae), ambedue incluse fra le specie prioritarie dalla Direttiva Habitat (All. II).

4.5.1.6 ODONATI

Informazioni dettagliate sugli Odonati dei Monti della Tolfa sono state raccolte da Crucitti e Consiglio (1983) che hanno descritto un totale di 32 specie (sulle 55 dell'Italia centrale) all'interno del comprensorio tolfetano. In questo studio preliminare la diversità di specie è risultata essere particolarmente elevata, soprattutto se confrontata con altre aree laziali (ad esempio la tenuta di Castel Porziano). Per quanto concerne il gruppo degli zigotteri, particolarmente interessante è la presenza di 4 specie della sottofamiglia Lestinae e in particolare Lestens virens vestalis e Lester dryas. Tra gli anisotteri, alcuni generi sono presenti con tutte le specie: è il caso di Aeschna (3 specie su 3), Anax (2 su 2), Onychogomphyus (2 su 2), Orthetrum (3 su 3).
La famiglia Gomphidae presente in Italia con specie rare o localizzate è rappresentata da 3 specie. La presenza di Oxygastra curtisi (specie prioritaria All. II) è un evento da sottolineare, considerato che la specie ha un'areale molto localizzato. Altre specie da evidenziare sono sicuramente: Trithemis annulata e Boyeria irene.

Oxygastra curtisii (Dale, 1834)
Famiglia: Cordulidae Sottofamiglia: Gomphomacromiinae
Corologia: Europa occidentale.
Distribuzione in Italia: Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana. Due sole stazioni note nell'Italia centro-meridionale: Fiume Garigliano e Fiume Mignone.
Ecologia: Specie reofila.
Sebbene il reperto (Crucitti e Consiglio 1983) appartenga al bacino idrografico del Fiume Mignone, non è escluso che possa essere presente anche nella ZPS in questione.

4.5.1.7 LEPIDOTTERI

Citiamo di seguito alcune specie di lepidotteri di notevole interesse (Prola, 1987; A. Zuppa, com. person.):

Famiglia: PIERIDAE
Colias alfacariensis Berger, 1948
In Italia centrale è frequente in montagna mentre alle quote più basse è piuttosto rara. Nei Monti della Tolfa è piuttosto rara. E' stata osservata nella Valle del Mignone e a Monte Tolfaccia.

Famiglia: NYMPHALIDAE
Clossiana euphrosyne (Linnaeus, 1758)
In Italia centrale è frequente dalle colline alla media montagna. Nei Monti della Tolfa è stata osservata nei pressi delle rovine di Monterano, Monte Tolfaccia e tra Allumiere e la Farnesiana.

Famiglia: LYCAENIDAE
Pseudophilotes baton (Bergstrasser, 1779)
In Italia centrale è diffusa dal livello del mare alla media montagna, localizzata , ma spesso numerosa. Nei Monti della Tolfa è piuttosto scarsa, è stata osservata nella Valle del Mignone, a Monte Tolfaccia, a Monte Angiano e nei pressi di Rota.
Aricia agestis (Denis e Schiffermuller, 1775)
In Italia centrale abita la pianura, la collina, la montagna fino a 1500m, più in alto diviene sempre più rara. Nei Monti della Tolfa è piuttosto frequente su tutto il territorio, più comune nel versante del Rio Fiume.

Famiglia: HESPERIIDAE
Gegenes nostrodamus (Fabricius, 1793)
In Italia centrale è molto localizzata negli ambienti caldi e secchi con macchia mediterranea. Nei Monti della Tolfa è presente nell'ultimo tratto del Rio Fiume.

Famiglia: NOCTUIDAE
Leptologia blidaensis (Stertz, 1915)Atlantico-Mediterranea occidentale. In Italia era nota per la Sardegna. È però presente anche sul litorale tirrenico della penisola, dove è probabilmente più diffusa di quanto si sappia attualmente. È stata raccolta sui Monti della tolfa, lungo la S.P. 3/b, nei dintorni del km 4, a m 50 s.l.m. (Zilli, 1990). Nel frattempo quella popolazione sembra essere scomparsa, apparentemente a causa dei lavori per la realizzazione di un maneggio.

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Seppur non riferito direttamente all'area della ZPS vale la pena di citare un interessante lavoro svolto sulla famiglia dei Simulidi (Diptera) (Rivosecchi et al. 1977), che ha indagato questo gruppo sistematico lungo il fiume Mignone ed i suoi affluenti. In questo lavoro sono state campionate 24 specie. Come evidenziato per altri gruppi sistematici e per alcune associazioni vegetali, anche tra i Simulidi si rinvengono specie che solitamente vivono a quote più elevate, è il caso di Eusimulium fucente, Eusimulium marsicanum, Prosimulim tomosvarji e Prosimulium rufipes la cui presenza nel comprensorio tolfetanosta forse a testimoniare l'esistenza di una fauna stenoterma fredda che si è potuta conservare grazie a condizioni particolari.

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4.5.2 ARACNIDI

Brignoli (1966) ha studiato gli araneidi del Lazio e cita, per i Monti della Tolfa, il ritrovamento dei rari Araneus arnida e Cyrtarachne ixoidoides, come specie nuove per il Lazio.