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Studio su Tolfa di Paolo Macedone
 

Geologia

Flora e
Vegetazione

Popolamento
animale

1. INQUADRAMENTO TERRITORIALE

1.1 Ubicazione e inquadramento nel contesto territoriale

Il sito “Comprensorio meridionale dei Monti della Tolfa” corrisponde ad una “Zona a Protezione Speciale” (ZPS) estendentesi per 10663.575 ettari sui territori dei Comuni di Allumiere, Tolfa, S.Marinella, Civitavecchia, con un perimetro di 56600 metri.
I confini del sito corrono a sud quasi parallelamente alla costa, dal km 1,400 della strada provinciale 3/b S.Severa –Tolfa verso nord-est, lungo i margini della macchia di M.Rosso, e verso est fin quasi alla foce del Fosso Marangone.
Lungo il margine orientale, il confine corre nella valle posta ad est di M.del Mandrione, M.Grande, M.Pozzo di Ferro (lungo il Fosso Eri); segue poi la strada proveniente da S.Severa nord, dall’altezza della Casermetta Forestale fino alla località La Nocchia.
Il confine settentrionale corre dalla località La Nocchia, lungo il lato sinistro della provinciale 3/b, fino al km 17,300; si dirige quindi verso ovest lungo il fosso Caldano fino alla Miniera di ferro e quindi alla Miniera di piombo, includendo poi il bosco della Roccaccia.
Di qui scende verso sud, costituendo il confine occidentale del sito: segue il lato sinistro della strada Casale Tramontana-Civitavecchia fino all’inizio della Piana dei Bagni di Traiano e quindi, seguendo i tracciati di alcuni sentieri, si riunisce al limite meridionale, correndo lungo il Fosso del Lauro che affluisce nel Fosso Marangone.
Il sito è incluso nel più ampio comprensorio tolfetano-cerite, più volte ridefinito in maniera differente da diversi Autori, che si estende su 13 comuni, nelle provincie di Roma e di Viterbo, includendovi però solamente due centri abitati (Tolfa e Allumiere), che sono esterni alla ZPS. L’affinità geomorfologica ed ecologica tra il sito in questione e il più ampio comprensorio tolfetano-cerite è evidenziata dalla letteratura scientifica (vedere cap.....).
Il comprensorio tolfetano-cerite si inserisce nel cosiddetto Antiappennino laziale: il più vicino complesso montuoso pre-appenninico è quello dei Monti Cimini, a nord. Ad est-sudest, confina con i monti Sabatini e la piana di Roma; ad ovest-nordovest con la Maremma laziale; a sud con la costa tirrenica. L’eterogenea composizione geologica, e la conseguente complessità vegetazionale, rende questa area particolarmente interessante e molto differente rispetto alle più omogenee aree limitrofe submontane dei Monti Cimini e Sabatini; i suoi rilievi inoltre costituiscono un’isola con caratteri submontani, che va ad interrompere la continuità della fascia litoranea che parte dai rilievi calcarei della Maremma fino a quelli, sempre calcarei, dei Monti Ausoni.


1.2 Descrizione del paesaggio del sito

L’area della ZPS è situata su colline sedimentarie e trachitiche, di altitudine variabile fra i 579 ed i 45 metri s.l.m., digradanti verso la costa. Ad eccezione del M. La Tolfaccia e di altri rilievi minori, dalle pareti a picco, che costituiscono l’appendice meridionale dell’acrocoro tolfetano, di origine vulcanica, le altre colline sono caratterizzate da sommità arrotondate e da versanti dolci e da declivi, e sono disposte in senso nord-sud. Questo settore è quasi del tutto privo di incisioni profonde per la mancanza di un reticolo idrografico molto sviluppato. In questo paesaggio collinare affiorano i più antichi complessi alloctoni marnoso-calcarei e argillo-arenacei (flysch).
Le valli, perlopiù ampie, sono percorse da corsi d’acqua mediterranei a carattere torrentizio, con flusso intermittente (habitat prioritario 3290, allegato I, con grado di conservazione e rappresentatività buona all’interno del sito. Copertura del 5% all’interno del sito), anch’essi allineati perperdicolarmente alla costa. I bacini idrografici di questa area possono essere così individuati (da est ad ovest):
• Fosso Eri;
• Rio Fiume ed i suoi affluenti (Fosso del Lascone, Fosso del Vallone, Fosso di Monteianni, Fosso del Chiavaccio), nella zona orientale e centrale del sito;
• Fosso del Quartaccio;
• Fossodi Castelsecco;
• Fosso di Freddara;
• Fosso del Marangone.

Il Rio Fiume, che fra tutti ha la portata maggiore, si origina per la confluenza di numerosi torrenti che scaturiscono essenzialmente dall’area di grandissimo interesse naturalistico fra il M.La Tolfaccia e il M.Acqua Tosta.
Le colline sono ricoperte per lo più da boschi cedui sottoposti a rotazione di taglio, e composti essenzialmente da cerrete e da leccete (queste ultime nella zona più meridionale). Molto ampie le formazioni erbose, sottoposte da secoli a pascolamento brado di mucche e cavalli maremmani. Qui è presente l’associazione vegetale Festuco-Brometalia (alla quale si associa spesso una fioritura di orchidee) inserita nell’allegato I della Direttiva Habitat (n. 6210), che copre circa il 5%.
Le caratteristiche naturali e storiche dell’area (a basso impatto antropico recente e a bassissima densità di popolazione) inducono lo sviluppo di vegetazioni singolari (non è presente però alcuna specie vegetale inserita nell’allegato II della Direttiva) e soprattutto permettono la sopravvivenza di numerose specie animali rare e/o minacciate, di cui molte inserite nell’all. II della Direttiva.
La presenza antropica attualmente è limitata a poche attività agricole (soprattutto nei comuni di S.Marinella e di Civitavecchia), e alle tradizionali attività silvopastorali e di ceduazione del bosco. Eccezione sono le marginali attività edilizie (nel comune di S.Marinella) ed estrattive (Civitavecchia). Esistono inoltre poche realtà agrituristiche. Scarsissimi gli insediamenti umani stabili, tutti comunque marginalmente all’area della ZPS.

1.3 Accessi all’area della ZPS

Gli accessi all’area sono costituiti da:

• La strada statale SS1 Via Aurelia al km 55, dalla quale si imbocca la S.P. 3/b S.Severa-Tolfa;
• La strada statale SS1 Via Aurelia all’interno dell’abitato di Civitavecchia, da dove si sale in direzione Allumiere-La Bianca-Tolfa;
• L’autostrada A12 Roma-Civitavecchia, al km 41, dalla quale si imbocca la S.P. 3/b S.Severa-Tolfa;
• La strada provinciale Braccianese-Claudia (Manziana-Tolfa-Civitavecchia) fino al km 51 (Tolfa centro abitato), da dove si può scendere per la S.P. S.Severa-Tolfa fino alla zona del sito.


1.4 Contesto istituzionale

I comuni compresi nell’area della ZPS sono quattro. In ordine di ampiezza decrescente: Allumiere (3928,59 ha), Tolfa (3418,78 ha), S.Marinella (2349,12 ha), Civitavecchia (969 ha).

Gli Enti proprietari dell’area sono diversi e vengono elencati in ordine di estensione in ettari:

• Università Agraria di Allumiere (3490,93 ha), proprietaria di gran parte del territorio in comune di Allumiere e di parte dell’area in comune di S.Marinella;
• Università Agraria di Tolfa (1987,59), proprietaria di buona parte del territorio in comune di Tolfa;
• Comune di Tolfa (525,50 ha) proprietario dell’Azienda faunistico-venatoria “S.Severa”, compresa in gran parte nella ZPS;
• Comune di Civitavecchia
• Comune di S.Marinella

Vi sono poi estensioni limitate di territorio di proprietà privata, poste essenzialmente in vicinanza dei centri abitati (Civitavecchia, S.Marinella, La Bianca).
Le Università Agrarie di Tolfa e Allumiere gestiscono il territorio in funzione dell’uso civico che spetta ai residenti nei due rispettivi comuni. L’area è inoltre in gran parte compresa nella Comunità Montana (III zona) Monti della Tolfa.
L’Azienda Faunistico Venatoria “Santa Severa” è situata nel territorio del comune di Tolfa ed ha un’estensione totale di 1250 ha, di cui 525,50 ricadono all’interno del territorio della ZPS. La gestione di questa AFV è di tipo pubblico in quanto gestita dai comuni di Tolfa e Santa Marinella.
L’azienda confina, nel settore meridionale, con l’autostrada Roma – Civitavecchia; mentre il confine occidentale è costituito dalla strada provinciale S. Severa – Tolfa. Essa ha un’altitudine media di 311 m s.l.m. ed è costituita da due aree collinari principali, Pian Sultano e Monte Grande, caratterizzate da un fitto bosco di latifoglie e leccio, separate dalla valletta del fosso Eri. Il sistema boschivo è in continuità con lo sviluppo di ampie praterie e arbusteti. La copertura boschiva è rappresentata da querceto sempreverde e termofilo principalmente costituito da leccio (Quercus ilex) e farnetto (Q. frainetto) e da sottobosco mediterraneo a fillirea (Phillirea spp.), erica (Erica arborea), ginepro (Juniperus macrocarpa). La componente boschiva d’alto fusto copre il 63% del territorio, la componente di macchia il 4%, le aree aperte il 32%.
Tutta l’area è significativamente priva di insediamenti abitativi di qualche consistenza; l’unica attività non agricola è data dalla presenza di una cava di caolino nella parte meridionale dell’azienda (esternamente alla ZPS).
Dal punto di vista agricolo sono presenti larghi pascoli semi-permanenti, inframmezzati alle zone boscate. Il reticolo idrico è ben sviluppato e caratterizzato da numerose risorgive.
Le specie animali più interessanti che si riproducono o che frequentano questa area sono il biancone, il falco pecchiaiolo, il nibbio reale, il nibbio bruno, la poiana, la lepre italica, la martora, il gatto selvatico, l’istrice. Il predatore più comune è la volpe (Vulpes vulpes); la presenza dei cani randagi è bassa (ad eccezione dei cani padronali lasciati liberi durante le ore notturne, soprattutto in prossimità dei centri abitati e delle aziende agricole). Le specie di indirizzo venatorio per questa zona sono: la lepre, il fagiano, il cinghiale, i turdidi ed i migratori.
Il numero dei cacciatori iscritti nell’azienda faunistica è di 140-150 individui (a seconda degli anni). Di questi, 120 si dedicano quasi esclusivamente alle battute al cinghiale (si tratta dei componenti della squadra di caccia). Nella stagione venatoria 2000-2001 sono stati abbattuti meno di 20 esemplari di cinghiali. Le battute di caccia al cinghiale sono consentite, nell’azienda faunistica venatoria, solo la domenica.


1.5 Aree protette all’interno del sito


La Zona di Ripopolamento e Cattura di Colle di Mezzo nel comune di Allumiere è di fatto l’unica area protetta all’interno della ZPS Monti della Tolfa Meridionali. Essa ha un’estensione di 1374 ha, un’altitudine compresa tra 500 e 150 m s.l.m. ed è caratterizzata da un notevole interesse naturalistico.
Le specie più interessanti che nidificano o che frequentano questa area sono il biancone, il falco pecchiaiolo, il nibbio reale, il nibbio bruno, la poiana, la martora, il gatto selvatico, l’istrice. Le specie di indirizzo venatorio per questa area sono: la lepre, il fagiano, il cinghiale. All’interno dei suoi confini è presente un’area recintata precedentemente utilizzata come centro di allevamento di fauna selvatica gestito dalla Provincia di Roma ed ora utilizzata dall’Università Agraria di Allumiere come sede di un allevamento biodinamico di pollame. L’area è particolarmente importante in quanto è presente la lepre italica.

GEOLOGIA

2. CARATTERIZZAZIONE FISICA DEL SITO

I dati a disposizione sulle caratteristiche fisiche e abiotiche della zona si riferiscono in generale al comprensorio tolfetano che ha un'estensione notevolmente più ampia della ZPS oggetto di questo studio generale. In questa fase di raccolta di dati principalmente bibliografici e, per così dire storici, verranno prima esaminate le caratteristiche del comprensorio nella sua interezza e successivamente estrapolate, per quanto possibile, le informazioni relative al solo territorio della ZPS.

2.1 LE CARATTERISTICHE CLIMATICHE

Ai fini di un inquadramento climatico del comprensorio tolfetano e dell'area della ZPS in particolare è possibile fare riferimento ai dati raccolti dalle stazioni meteorologiche presenti sul territorio. Purtroppo si segnala subito la non coerenza e la discontinuità dei periodi di cui sono disponibili i dati delle diverse stazioni.
Pluviometria Le informazioni riguardo alla pluviometria provengono da quattro stazioni: quella di Rota, quella di Tolfa, quella de La Farnesiana e quella di Allumiere. I periodi coperti da queste quattro stazioni sono diversi. La stazione di Rota ha funzionato tra il 1940 e il 1969, quella di Tolfa tra il 1921 e il 1940, la stazione de La Farnesiana tra il 1931 e il 1950 ed infine la stazione di Allumiere tra il 1958 e il 1976 (tutte comunque all’esterno della ZPS).
Analizzando i dati forniti dalle diverse stazioni sono stati tracciati degli istogrammi delle precipitazioni medie mensili che mostrano per le stazioni di Allumiere, Rota e Tolfa (rispettivamente: 156,9 mm, 161,0 mm e 163,6 mm) un massimo in novembre e per la stazione di La Farnesiana un massimo in Dicembre (133,0 mm). La stazione di Rota evidenzia anche un secondo massimo nel mese di Febbraio (126,3 mm) mentre per La Farnesiana si ha un secondo massimo nel mese di maggio (74,5 mm.). Il minimo è sempre raggiunto nel mese di luglio. Circa il 70 % delle precipitazioni annuali è distribuito pressoché uniformemente nel periodo autunno-inverno (con precipitazioni mensili che superano i 100 mm) mentre il minimo estivo è molto accentuato. L'area del comprensorio tolfetano è caratterizzata dal fatto che l'isoieta dei 1000 mm annui si avvicina notevolmente al mare. Le precipitazioni nevose si verificano sporadicamente e solo la stazione di Allumiere registra segnalazioni comunque minime. Interessanti sono da questo punto di vista le testimonianze dirette che parlano di fenomeni nevosi molto più frequenti nel primo trentennio del secolo. Infine, a proposito della distribuzione del numero di giorni piovosi, la presenza di massimi relativi nel mese di maggio (La Farnesiana e Tolfa), potrebbe essere dovuto alla presenza nelle zone interne di aree a clima temperato e a regime "bixerico" delle precipitazioni.
Temperature Per quanto riguarda la temperatura gli unici dati disponibili ci vengono dalla stazione di Allumiere e coprono il periodo che va dal 1963 al 1976. Sono stati così ricavati i valori medi mensili e stagionali della temperatura (massima, minima e media) e le variazioni mensili dell'escursione termica.
La temperatura media annua è risultata di 13,9 °C. L'andamento sempre positivo delle curve termiche è caratteristico del clima Mediterraneo, considerazione confermata dall'andamento suborizzontale del termogramma di Coutagne (1935) che mette in relazione la variazione delle temperature medie mensili con le escursioni termiche medie relative al periodo considerato. Si segnalano valori dell'escursione termica non molto elevati (effetto Atlantico).
Aridità Il periodo di aridità viene a crearsi quando il totale delle precipitazioni, espresse in millimetri, è uguale od inferiore al doppio della temperatura media, espressa in gradi centigradi. Se si considera il diagramma ombrometrico o termoudogramma di Gaussen che mette in relazioni la temperatura e la piovaosità nei diversi mesi dell'anno, l'area che si determina quando la curva delle precipitazioni medie (ombrica) dopo aver intersecato quella delle temperature (termica) si mantiene al di sotto di quest'ultima prima di intersecarla di nuovo è proporzionale alla durata e all'intensità del periodo arido. Questa analisi è stata possibile solo per la stazione di Allumiere dove si riscontra un periodo secco della durata di due mesi e mezzo circa. È possibile definire, quindi, il clima del comprensorio tolfetano come "xerico", caratterizzato da un unico periodo di aridità con bilancio idrologico negativo, durante il quale i fenomeni di evapotraspirazione prevalgono su quelli di precipitazione, scorrimento ed infiltrazione delle acque.
Per Allumiere è stato calcolato l'indice di aridità di De Martonne (1926) ia= 43,8. Questo valore non è particolarmente basso ed indica che se è vero che esiste un periodo secco abbastanza lungo è anche vero che la piovosità media annua (1048,4 mm.) ed una temperatura media annua di 13,9 °C determinano un clima che su base annua non può definirsi arido. Nella zona di Allumiere si riscontrano due periodi sub-aridi al termine del trimestre primaverile (maggio) ed estivo (agosto), caratterizzati dal fatto che le precipitazioni espresse in millimetri sono superiori al doppio delle temperature ma inferiori al triplo di esse.
Bioclimatologia Le caratteristiche climatiche del comprensorio tolfetano descritte precedentemente (presenza di un intenso periodo piovoso in autunno-inverno ed una notevole aridità estiva) hanno delle dirette conseguenze bioclimatiche:
Infatti, possiamo generalmente osservare, oltre alla presenza di essenze forestali tipiche delle medie latitudini a riposo vegetativo invernale, un notevole sviluppo di formazioni della macchia mediterranea a riposo estivo. Un esempio di questo adattamento alla situazione climatica, che permette con il riposo estivo di evitare l'appassimento durante il periodo di aridità e sfruttare al massimo l'apporto idrico autunnale ed invernale, è quello dato dalle orchidee nostrane locali che sono particolarmente diffuse nel comprensorio in esame.
La "Carta biochimatica d'Italia" (Tomaselli, Balduzzi, Filipello, 1973) inserisce il comprensorio tolfetano nella sottoregione mesomediterranea di tipo D, caratterizzata da circa due mesi di aridità e con le caratteristiche termiche e pluviometriche precedentemente trattate. Ad una prima analisi il regime pluviometrico e in generale climatico della zona permette, alle medie altitudini, la presenza di formazioni vegetali termo-mesofile con buona potenzialità per la Roverella (Quercus pubescens) pur rimanendo nel climax del Leccio (Quercus ilex).
Il regime pluviometrico ci dice, inoltre, che il comprensorio tolfetano si trova nei pressi di una zona di transizione al Clima Temperato, ed in particolare alla sottoregione ipo-mesaxerica di tipo B appenninico che interessa la vasta zona dell'interno, sia a nord sia ad est del territorio considerato.
Questa zona climatica limitrofa, caratteristica di buona parte dell'Appennino centro-settentrionale, ha, come precedentemente accennato, un regime bixerico.
La presenza di due massimi di piovosità (primaverile ed autunnale) e quella di due periodi aridi (estivo ed invernale), con precipitazioni superiori ai 1000 mm annui, fa si che si determini il mantenimento di un discreto valore dell'umidità atmosferica con formazione di nebbie anche in estate e che il potenziale di evapotraspirazione non subisca oscillazioni eccessive con conseguenze evidenti sulla vegetazione.
Questa zona confinante con comprensorio in esame appartiene al climax della roverella, con formazioni di latifoglie mesofile generalmente decidue; questo climax, essendo il più termofilo delle zone temperate e trovandosi frequentemente di transizione alla sottoregione mesomediterranea, è spesso soggetto ad infiltrazioni di elementi della macchia mediterranea.
Altra zona climatica confinante con il territorio considerato è quella appartenente sempre alla sottoregione mesomediterranea, ma di tipo A caratterizzato da un periodo di aridità di tre quattro mesi, molto più lungo, quindi, rispetto a quello dei tipi climatici descritti precedentemente, e da un periodo sub-secco ancora più accentuato, con precipitazioni inferiori ai 900 mm., generalmente concentrate in autunno ed invernali. Questo tipo climatico con caratteristiche, quindi nettamente xeriche, presente lungo il litorale tirrenico, caratterizza, in particolar modo la zona litoranea della Toscana e del Lazio.
In considerazione del rapporto stretto che sussiste tra approvvigionamento idrico disponibile e aridità ed il riposo vegetativo delle piante, la vegetazione spontanea di quest'ultima zona climatica è costituita prevalentemente da formazioni sempreverdi tipiche della macchia mediterranea con dominanza del Leccio Quercus ilex che cede il passo gradualmente, andando verso l'interno e salendo di quota, a forme di vegetazione appartenenti al Quercetum mediterraneum montanum con potenzialità anche per la roverella.
Ricordando le considerazioni fatte precedentemente circa il rapporto tra l'approvvigionamento idrico, l'aridità e il riposo vegetativo delle piante, troviamo che la vegetazione spontanea di quest'ultima zona climatica è costituita prevalentemente da formazioni sempreverdi tipiche della macchia mediterranea con dominanza del leccio e con una certa tendenza al passaggio graduale, verso l'interno e salendo di quota, a forme di vegetazione appartenenti al quercetum mediterraneomontanum con potenzialità anche per la roverella.


2.2 ASPETTI GEOGRAFICI E GEOMORFOLOGI.


Il comprensorio tolfetano si trova nella parte dell'Antiappennino etrusco che si estende tra il mare Tirreno e i rilievi interni del Viterbese. I suoi limiti geografici sono facilmente individuabili e descritti nei capitoli 1 (Inquadramento territoriale) e 7 (Territorio adiacente).
È caratterizzato da rilievi che raggiungono al massimo 633 m sul livello del mare (579 m all’interno della ZPS) ed ha una morfologia che si può definire dolce.
La morfologia è strettamente condizionata dalle litofacies delle formazioni affioranti che determina una divisione in aree con orografia diversa. Due zone che corrispondono agli affioramenti di vulcaniti in domi e in accumuli di ignimbriti sono caratterizzate da una orografia più aspra e da rilievi che raggiungono le quote maggiori. Queste aree sono localizzate rispettivamente tra Allumiere e Tolfa (M. della Frombola, M. Sassicari, la Tolficciola) e tra Sasso e Cerveteri (gruppo di M. Santo): entrambe queste aree non rientrano nei confini della ZPS, all'interno della quale però sussistono domi lavici isolati (La Tolfaccia) che si ergono sulle zone circostanti, forti della loro minore erodibilità.
Questi domi sono caratterizzati da pareti scoscese che si staccano morfologicamente dal paesaggio circostante, caratterizzato da colline che digradano dolcemente e, mancando un vero e proprio reticolo idrografico, sono privi di incisioni profonde. In questo paesaggio collinare affiorano i complessi alloctoni marnoso-calcarei ed argilloso-arenacei in facies di flysch, e i depositi neoautoctoni argilloso-conglomeratici che sono disposte in due ampie fasce, una lungo l'alto corso del Mignone (tra Civitella Cesi e Tolfa) e in corrispondenza del basso corso del Mignone (esterne alla ZPS) e, in affioramenti più ridotti, nell'area della Tolfaccia.
Un'antica linea di costa si individua a 38-48 m s.l.m. lungo il litorale da S. Marinella sino a oltre Tarquinia. I sedimenti fluviali-lacustro del Pleistocene superiore e dell'Olocene sono evidenti in una serie di terrazzi lungo il corso del Mignone, mentre i fondo valle dei corsi d'acqua principali sono interessati da depositi alluvionali recenti. Localmente (es. Bagni di Traiano, area adiacente ai confini occidentali del sito) delle placche di travertino determinano brusche rotture di pendio rispetto al paesaggio circostante.
Il bacino del Fiume Mignone ha una portata nettamente superiore a quella dei corsi d'acqua che interessano più direttamente l'area della ZPS. Questi ultimi scendono dai rilievi verso il Tirreno e si insinuano in valli per la maggior parte già formate e determinate dalla tettonica e dalla presenza delle vulcaniti.

2.3 ASPETTI GEOLOGICI

I Monti della Tolfa sono stati oggetto di numerosi studi e ricerche, sin da epoche antiche, sia per la presenza di formazioni litologiche particolari, sia per l'esistenza di minerali che hanno segnato la storia socio-economica della zona. Di seguito verranno brevemente descritte le formazioni sedimentarie ed eruttive affioranti nel comprensorio tolfetano, evidenziando quelle che emergono all'interno dell'area definita ZPS. Successivamente saranno descritte le mineralizzazioni che hanno interessato le formazioni litologiche affioranti.

Le formazioni sedimentarie si possono raggruppare in tre complessi:

• il complesso basale in cui si possono distinguere tre unità: il calcare massiccio databile intorno al Lias inferiore in base alla presenza di fossili (ammoniti, crinoidi e alghe); i calcari grigi con selce databili al Lias Medio che presentano intercalazioni di argille verdicce con ammoniti e, infine, la formazione della scaglia e scisti policromi databile tra il Cretaceo superiore (turoniano) e l'Oligocene, in base alle microfaune a foraminiferi planctonici.
• il complesso alloctono sicilide della Pietraforte e dei “flysch tolfetani”: i secondi sono posti inferiormente e sono databili dal Cretaceo superiore all’Oligocene (flysch argilloso-calacrei e flysch calcareo-marnosi). La Pietraforte è più localizzata (lungo la costa fra Civitavecchia e S.Severa). In basso si ritrovano argilloscisti varicolori e superiormente la formazione della Pietraforte, costituita da un tipico flysch arenaceo formato da bande di arenarie calcareo-quarzose separate da sottili livelli argilloso-siltosi.
• il complesso neoautoctono è molto più localizzato e per lo più al di fuori della ZPS.

Tettonica

L'assetto attuale della regione tolfetana è chiaramente il risultato di diverse fasi tettoniche che si sono succedute nel tempo. L'evento che mettiamo in evidenza è la messa in posto delle unità alloctone fliscioidi sicilidi che caratterizza il comprensorio.
Questo evento si è verificato, considerando sia l'età dei sedimenti a tetto del complesso basale sia quella delle arenarie semi autoctone, tra l'Oligocene e il Miocene medio-inferiore.

Le formazioni eruttive

Il magmatismo acido tardo pliocenico-quaternario è il ciclo più antico del Lazio e quello che maggiormente interessa il comprensorio Tolfetano ed è interessante in particolare per le mineralizzazioni ad esso collegate. Per la gran parte i risultati di questo magmatismo sono riscontrabili a nord dell'area interessata dalla ZPS, ma all'interno di questa vi sono dei nuclei minori in località la Tolfaccia (m 579) e a Bandita grande, Macchia Freddara e Valle Cardosa. Queste vulcaniti sono assimilabili per età e modalità di massa in posto a quelle che hanno presieduto alla formazione dei monti Ceriti.
Stratificamente sono sovrapposti ai flysch o ai sedimenti mio-pliocenici e possiamo distinguere due unità fondamentali. I depositi derivati da nubi ardenti che hanno grande estensione con affioramenti limitati. Le ignimbriti hanno una ampia diffusione con prevalenza di facies compatte (La Tolfaccia) ma con presenza anche di facies porose composte da vetro soffiato.
Vi è inoltre da rilevare la presenza di due nuclei lavici a chimismo più basico a Sasso della Strega e a La Sughera; ma corpi ipoabissali collegati a questo magmatismo tardo pliocenico-quaternario si ritrovano a sud di Allumiere all'interno della ZPS in un'area compresa tra la Roccaccia, la Bianca e il Fosso Caldano. Questi corpi ipoabissali attraversano il basamento sedimentario in netta discordanza angolare senza venire in contatto con le vulcaniti e sono rappresentati da filoni rinvenuti sul letto del Fosso Marangone da un filone più grande che taglia il Poggio della Stella e da due corpi a giacitura massiva situati a C. Ganassa e al Fosso di S. Lucia, sotto l'abitato di La Bianca.


Mineralizzazioni

A partire dal quaternario le formazioni sedimentarie e ignee del comprensorio tolfetano sono state interessate da fenomeni di alterazione, metasomatizzazione e mineralizzazione che con la formazione di prodotti hanno influito anche sulla storia socioeconomica dell'area.
Queste trasformazioni sono il risultato di una enorme circolazione di fluidi nel basamento sedimentario e della presenza di marcate anomalie termiche causate dall'esistenza in profondità di masse magmatiche che agiscono da motore per la circolazione profonda dei fluidi. I prodotti finali di questi processi di mineralizzazione differiscono a seconda della natura delle rocce interessate, dal tipo di processi di lisciviazione e dalle condizioni fisico-chimiche dell'ambiente in cui questi processi sono avvenuti.
Nell'area compresa tra la Roccaccia, Poggio Malinverno ed il Fosso del Caldano, effetti termometamorfici (ricordiamo i corpi ipoabissali precedentemente descritti) metasomatici sui calcari marnosi e gli argilloscisti del basamento flyschoide hanno determinato facies con aspetti estremamente eterogenei e diversi.

Vulcanismo

I complessi vulcanici tolfetano-cerite-manziate rappresentano le manifestazioni vulcaniche più antiche di questa regione e, pur costituendo identità topograficamente ben separate, mostrano avere una sostanziale analogia di caratteri giaciturali, strutturali e composizionali, riportabili ad un modello genetico unitario.
Le vulcaniti del complesso sabatino non ricadono nell'area della ZPS, ma interessano la parte più ad oriente del comprensorio tolfetano mostrando una continuità areale anche se si trovano piccoli lembi isolati.