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l. Caduta della r finale.

Nella preposizione per abbiamo la caduta della r finale che da luogo alla forma pe' (3) E. Pierrettori, Quanno se giocava co' le nòccele de persica in "La Tòrfa..." di., p. 49 molto frequente nei componimenti poetici. Nel Toscano, questa r si è conservata, quindi abbiamo la forma per, mentre la caduta si verifica nell'Italia meridionale, come in questa forma del calabresepe aia (per te), dove abbiamo il raddoppiamento della t di te probabilmente dovuto proprio alla caduta di r (4) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. 1 fonetica, Torino, 1966, Giulio Einaudi Editore, p. 429.
Può verificarsi l'apocope della sillaba finale comprendente la r, caso molto diffuso soprattutto negli infiniti, giocò (5) E. Pierrettori, Quanno se giocava co le nòccele de persica in "La Tòrfa..." di., p. 49, potè, venì (6) E. Pierrettori, All'ombra de na serqua in "La Tòrfa..." cit., p. 42, fa (7) E. Pierrettori, Le pallone de Giacobbe in "La Tòrfa..." cit., p. 55. Questo caso nel dialetto di Tolfa appare regolarmente.
La r finale negli infiniti cade anche in ligure, in alcuni casi nel piemontese e nel milanese. Questo tipo è diffuso secondo i dati raccolti da Rohlfs (8) G. Rohlfs, "Grammatica storica...", vol. 1, cit., p. 430-431nella maggior parte dell'Italia settentrionale esclusi Veneto e Trentino, in Emilia abbiamo alternanza dei casi, poi Marche, Umbria, Lazio, Campania fino al confine tra Basilicata e Calabria, la zona di Taranto e Brindisi. La desinenza –re è conservata in Toscana, Calabria, Salento e Sicilia.

m. Sviluppo di una n d'appoggio davanti all'avverbio già.

In maniera regolare ho trovato nelle poesie l'avverbio già e la congiunzione giacché che sviluppano una n d'appoggio, ngià (1) Ettore Pierrettori, L'acqua de Bardone in "La Tòrfa dal barsòlo", Torino, 1982, Gruppo Editoriale Forma, p. 74, ngiacché (2) E. Pierrettori, L’invensione de la ròta in "La Tòrfa..." cit., p. 32.
Il fenomeno non riguarda tutte le affricate palato-alveolari sonore [d3], infatti è possibile trovare giacchetta, giorno, giù.

3.4 Fenomeni generali

a. Metatesi reciproca di due consonanti.

Ho riscontrato questo fenomeno nella parola cerqua (3) E. Pierrettori, All'ombra de na cerqua in "La Tòrfa..."cit., p. 42, dove l'alterazione dell'ordine dei suoni riguarda l'affricata palato-alveolare sorda [ts] e l'occlusiva velare sorda [k] che si invertono. Non ho trovato altri casi.

b. Sviluppo di una a d'appoggio.

Spesso lo sviluppo di una a d'appoggio è dovuto alla caduta di vocali atone in seguito alla quale vengono a formarsi gruppi consonantici difficili da pronunciare, questo accade soprattutto nel settentrione.
I casi che ho riscontrato riguardano soprattutto i verbi che cominciano col prefisso ra, re o con b: arissomijave (4) Balilla Mignati, La panzanella in "Frammenti di luce", Civitavecchia, p. 64, arimpastacce (5) E. Pierrettori, La pascipèquera in "La Tòrfa..." cit., p. 58, ariccommanno (6) E. Pierrettori, ‘l sumaro coll'imbasto in "La Tòrfa..." cit., p. 67, 'bbagnato (7) E. Pierrettori, Meno companatico e più pane in "La Tòrfa..." cit., p. 40, e poi nel seguente frammento di tema:
"...lo e mio padre andiamo molto d'accordo perché per capirci ci abbasta (corretto con basta) uno sguardo..." (8) Dal tema Descrivi una persona. un animale, un luogo, un ambiente, 1986
Il fenomeno è diffuso in Piemonte, in Emilia, Toscana, Abruzzo e Puglia. In Toscana, la a d'appoggio si è introdotta per influsso settentrionale anche se qui non si sono verificate cadute di vocali (1) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. I fonetica, Torino, 1966, Giulio Einaudi Editore, p. 472.

c. Concrezione e discrezione dell'articolo 'l.

La concrezione si verifica quando il continuo accostamento dell'articolo con la parola fa nascere l'impressione che esso appartenga alla parola stessa. soprattutto quando il sostantivo comincia con una vocale e di conseguenza l'articolo è apostrofato. Il caso contrario è la discrezione, ovvero quando un sostantivo comincia per I che viene considerata articolo quindi si stacca dalla parola.
Ho trovato alcuni casi interessanti sia in poesia che nei temi. La prima forma che vediamo è l 'ardello (2) Ettore Pierrettori, Quel panontello a casa dell' Antenisca de la Bandì in "La Tòrfa dal barsòlo", Torino, 1982, Gruppo Editoriale Forma, p. 38. A Tolfa per ardello si intende un pezzo di lardo avvolto nella carta da cucina con aromi, infilato su uno spiedo ed incendiato, il lardo liquefacendosi a contatto con la fiamma della carta lascia cadere gocce di lardo liquido che servono a rosolare la carne e ad insaporirla durante la cottura alla brace. In senso figurato può indicare una persona insistente ed assillante.
È molto facile intuire che probabilmente la forma era lardello (da lardo appunto), e che solo conseguentemente la l sia stata avvertita come un articolo e quindi staccata dalla parola originando la discrezione dell'articolo e l'attuale forma.
Altro caso di discrezione è la forma presente nel seguente frammento "...alla fine del mese passa l'attarolo (segnato come errore) che prende il latte..." (3) Dal tema Animali che conosco, 1979 nella quale dalla forma lattarolo (comunque forma errata), ovvero colui che ritira il latte dagli allevatori, il bambino ha avvertito la l iniziale come un articolo e quindi lo ha staccato ed apostrofato. 
Nel seguente frammento abbiamo il caso contrario, ovvero la concrezione dell'articolo "...e con gioia pensando ad un altro giorno si riposa con le lacrime a locchie"(1) Dal tema Descrivi una persona, un animale, un luogo, un ambiente, 1986. La forma corretta sarebbe agli occhi, ma dato che la formazione dei plurali maschili nel tolfetano segue delle particolari regole che discuteremo nel capitolo sulla morfologia, la forma che ci aspetteremmo è a l'occhie. Qui il bambino ha avuto l'impressione che l'articolo appartenesse alla parola stessa e quindi lo ha unito ad essa originando la concrezione dell'articolo e la forma locchie.
La concrezione si verifica nei dialetti della Toscana, nel lombardo, nell'emiliano, in romanesco, in abruzzese, siciliano, nella zona di Subiaco, di Lanciano, nelle Marche, nell'aretino, milanese e veneziano. Per quanto riguarda la diffusione della discrezione, si registrano casi in Toscana, in Friuli, in veneziano, in umbro e nella provincia di Taranto. (2) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. 1 fonetica, Torino, 1966, Giulio Einaudi Editore, p. 477-478

Capitolo 4. Morfologia

4.1 Il nome

a. Formazione del plurale femminile in a.

Non molto diffusi nel dialetto tolfetano, ma presenti con alcuni casi sono i plurali femminili in a. Osserviamo le seguenti forme:
"xxxx corre dal nonno :- Dove sono le pietrà?-...Le pietrà sono dei mattoni retti da zeppi di gelato, con sotto il grano per attirare gli uccelletti... prende il fucile a piombini" (1) Dal tema Con le pietrà, 1979, "Un giorno io e i miei compagni avevamo deciso di andare a pescare a le "du' fossa" (2) Dal tema I tuoi giochi all'aperto, 1979, "lo conosco un vecchio simpatico, con la barba lunga e bianca, è pelato. A lui quando gli portano la legna mi chiama sempre per caregare le legna..." (3) Dal tema Descrivi una persona, un animale, un luogo, un ambiente, 1986, "...Quando viene sera ed io me ne vado lui comincia a rattristarsi e si nasconde o sul fieno o tra le legna...(4) Dal tema Descrivi una persona, un animale, un luogo, un ambiente, 1986, dove la forma plurale è la stessa del singolare.
Questo tipo di plurale è diffuso in Toscana, più esattamente, secondo le ricerche svolte da Rohlfs (5) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. 2 morfologia, Torino, 1966, Giulio Einaudi Editore, pp. 28-29, nella Lunigiana, in alcune zone della Garfagna. Per quanto riguarda l'articolo, nella maggioranza dei casi nelle zone citate è attestato la, in alcuni casi le come le scarpa, le stela (Gragnola, alta Lunigiana); nel tolfetano si presenta regolarmente le. Troviamo questo plurale anche in Valtellina e a Livigno, con l'unica differenza che qui l'articolo è quello lombardo li, e qualche caso nel Canton Ticino.
L'origine di questo plurale è poco chiara, una teoria è quella sostenuta dal Salvioni (1) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. 2 morfologia. Torino, 1966, Giulio Einaudi Editore, pp. 29, secondo la quale il modello di questo plurale è le braccia, ovvero il plurale derivato dal neutro plurale latino; in seguito lo stesso Salvioni ha fornito un'altra teoria, ovvero la derivazione di questo plurale da un accusativo plurale femminile –as. Secondo Rohlfs, il fatto che negli stessi dialetti in cui troviamo questo tipo di plurale anche la desinenza verbale latina di seconda persona singolare –as ha dato –a, supporta questa teoria, ma in tolfetano le seconde persone singolari sono in –e (conf. cap. 4, 4.3, a., p. 38).
Per quanto riguarda le legna il modello è certamente le braccia, quindi la prosecuzione del plurale latino dei neutri della seconda declinazione. Questo plurale oggi si usa con quelle parole che in latino erano neutre e che oggi hanno genere maschile e terminano in o, solitamente tende ad indicare un concetto collettivo.
È molto diffuso nei dialetti meridionali, napoletano, siciliano, calabrese. Nel settentrione è sconosciuto o comunque non si usa, salvo qualche caso sporadico. Non è usato in Toscana nell'estremo nord della Lunigiana, intorno a Grosseto e Siena ed Arezzo ne in parte dell'Umbria.
L'articolo plurale. nonostante questi sostantivi siano maschili al singolare, è quello femminile le, mentre ci si aspetterebbe la (da illa)  Secondo Rohlfs (2) G. Rohlfs, "Grammatica storica...", vol. 2, cit., p. 37, la sostituzione è connessa con l'oscillazione dei plurali femminili tra la pietra e le pietre, con lo sviluppo di un grado di passaggio le pietra.

b. Formazione del plurale maschile in e.

I nomi maschili nella lingua letteraria moderna presentano il plurale in i, tipo gallus, T e lupus.T. Nel tolfetano il plurale dei nomi maschili presenta regolarmente la e, quindi abbiamo le cavalle, le fantine (1) Ettore Pierrettori, La cursa de le cavalle pe' Sant'Antogno abbate in "La Tòrfa dal barsòlo", Torino, 1982, Gruppo Editoriale Forma, p. 46, le boccone, le maccarone (2) E. Pierrettori, Gnocco e le maccarone de Natale in "La Tòrfa..." cit., p. 65, le maestre, le prete, le fòche, ed ancora:
"...lo ero vestito con i calzoncini rossi, con i calsettoni (corretto con calzettoni) bianchi, le sandale..." (3) Dal tema I tuoi giochi all'aperto, 1979, ":- Se tu me dae quella gallina te do cento panine-." (4) Dal tema I tuoi giochi all'aperto, 1979, "...gira per la piazza con una radio grande sopra la spalla e tutte le prestano attenzione."(5) Dal tema Descrivi una persona, un animale. un luogo. un ambiente, 1986.
Il fenomeno è diffuso, secondo i dati raccolti da Rohlfs (6) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. 2 morfologia, Torino, 1966, Giulio Einaudi Editore, pp. 31, in concomitanza con la conservazione di e in luogo di i atona finale (conf. cap. 3, 3.2, f., p. 16), quindi lo troviamo in parte dell'Umbria e del Lazio (Gubbio, Marciano, Orvieto, Acquapendente, Montefiascone, Tarquinia). Da notare che tra gli esempi riportati da Rohlfs, abbiamo i vente, i cane (per l' Umbria), forme che presentano la e in luogo di i ma che hanno l'articolo plurale maschile i. Nei plurali maschili in e del tolfetano l'articolo è sempre quello femminile plurale le, ciò spesso fa coincidere forme maschili e femminili, come nei casi le maestre e le cavalle, che possono indicare sia il maschile che il femminile o creare confusione, come nel caso le fòche ovvero i fuochi e non il mammifero marino conosciuto col nome di foca; ovviamente la confusione è facilmente evitabile ai parlanti grazie al contesto. Una tale situazione contrasta con la naturale tendenza della lingua a sviluppare o modificare forme al fine di evitare la confusione.
Ovviamente gli aggettivi seguono la stessa flessione del nome, quindi troveremo pesante (7) E. Pierrettori, Gnòcco e le maccarone de Natale in "La Tòrfa..." cit., p. 65 (unica forma sia per il singolare che per il plurale) e appajate (1) Ettore Pierrettori, Annò a sonà 'l campano...e fu sonato in "La Tòrfa ….", cit., p. 84, come succede anche per i pronomi complemento in forme tipo stanalle e richiamalle.
Con il medesimo plurale in e si presentano forme tipo "...Questi giochi si fanno in tutte le stagione..." (2) Dal tema I tuoi giochi all'aperto, 1979 che appartengono ad un gruppo di plurali sul tipo le chiave, le gente, le torre, che sono sostantivi femminili. Questo tipo è molto diffuso nella Toscana, in Umbria, in alcune zone della Calabria, in passato anche nel settentrione, antico padovano, antico veneziano, antico lombardo, antico genovese; oggi troviamo la e nel ligure e nel veneto mentre nelle altre zone è caduta.
Nella maggior parte di questi casi la e viene dalla desinenza latina —es della terza declinazione. Secondo Rohlfs (3) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. 2 morfologia, Torino, 1966, Giulio Einaudi Editore, pp. 33-34, la maggior diffusione di e nel plurale dei femminili rispetto ai maschili è dovuto al fatto che la e si conserva meglio a causa della presenza dell'articolo plurale femminile le, questo spiegherebbe come in tolfetano la totalità dei plurali maschili conserva perfettamente la e.
Discorso diverso è quello che va fatto per le mano (4) E. Pierrettori, 'I sagrestano e 'I confessore in "La Tòrfa dal barsòlo", Torino, 1982, Gruppo Editoriale Forma  p. 102, sostantivo femminile di quarta declinazione, piuttosto raro ma conservato dalle parlate toscane, in emiliano, romanesco, nell'Umbria meridionale, nel Lazio settentrionale, nelle Marche meridionali e nel napoletano (5) G. Rohlfs, "Grammatica storica...". vol. 2, di.. pp. 34-35.
Vorrei soffermarmi ancora sull'articolo plurale le dei plurali maschili del tolfetano. L'antico toscano usava li come articolo maschile plurale che sopravvive ancora oggi all'Elba, nel lucchese e a Porto Santo Stefano (Toscana meridionale) (6)G. Rohlfs, "Grammatica storica...", vol. 2, cit., p. 102. Tenendo in considerazione il fatto che troviamo e in luogo di i atona in sillaba finale in parte dell'Umbria e del Lazio dando vita ai plurali maschili in e, è possibile che l'articolo usato per questi plurali fosse in un primo momento quel li dell'antico toscano che ha subito l'influenza della e finale conservata in luogo della i diventando le (non in tutte le zone in cui si verifica la conservazione di e, vedi l'Umbria dove abbiamo i cane, i vente).
Nelle zone citate dove sopravvive li ciò non accade poiché non abbiamo la e conservata al posto della i atona finale nei plurali, infatti abbiamo in queste zone li gatti, li cavalli, o senza la I, che compare come raddoppiamento della consonante iniziale del nome, i ggatti, i ccani, come riportato da Rohlfs. Ciò non spiegherebbe però come mai l'articolo in Umbria rimanga li o i.

4.2 Il pronome

a. Forma aferetica dell'articolo determinativo ed indeterminativo.

Gli articoli determinativi vengono dall'indebolimento del pronome dimostrativo latino ille, in Italiano i principali sono il, i (davanti a consonante), l', gli (davanti a vocale) per il maschile; la, le (davanti a consonante) l', le (davanti a vocale) per il femminile, ai quali si aggiunge lo che si usa davanti ad s impura, alla fricativa palato-alveolare sorda [], alla nasale palatale sonora [], alla affricata alveolare sorda [ts] e la corrispondente sonora [dz].
In tolfetano l'articolo determinativo maschile singolare si presenta regolarmente nella forma aferetica 'l, come in 'l secchiello, (1) Ettore Pierrettori, 'L panonto e la Pro Loco in "La Tòrfa dal barsòlo", Torino, 1982, Gruppo Editoriale Forma, p. 36 'I cortello (2) E. Pierrettori, Quel panontello a casa dell'Antenìsca de la Bandì in "La Tòrfa..." cit., p. 38.
Stesso fenomeno si verifica per l'articolo indeterminativo, quindi in luogo di un ed una abbiamo 'n e 'na come nelle forme 'n pòrco (3) E. Pierrettori, Gnocco e le maccarone de Natale in "La Tòrfa..." cit., p. 65, 'na vorta (4) E. Pierrettori, 'L deficit communale in "La Tòrfa..." cit., p. 73 attestate nelle poesie, e la seguente forma usata da un bambino nel suo tema "Alla sera ci mettiamo a giocare ed io dico:- Al mi orto al mi orto c'è na pianta alta un palmo..." (5) Dal tema I tuoi giochi all'aperto, 1979. Per quanto riguarda la diffusione, in alcune zone del settentrione abbiamo una riduzione di un ad n, esattamente piemontese e lombardo, anche se non si tratta di un'aferesi di u; per il femminile abbiamo na sempre nel piemontese e lombardo ma anche in veneto ed emiliano. In Toscana na si trova sporadicamente, mentre nel meridione è molto diffuso. Per il maschile, in qualche area meridionale c'è il raddoppiamento della n, come nel calabrese nn'òmu. In Sicilia, contrariamente al resto del sud si ha il maschile un (1) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. 2 morfologia, Torino, 1966, Giulio Einaudi Editore, p. 1 13-1 14.

b. Le preposizioni semplici ed articolate.

Per le preposizioni ho trovato molto frequente la forma nne o ne in luogo di in, come negli esempi nne 'n consijo (2) Ettore Pierrettori, 'L deficit Communale in "La Tòrfa dal barsòlo", Torino, 1982, Gruppo Editoriale Forma, p. 73, "...Il cervo può andare a dormire ne una capanna fatta da lui..." (3) Dal tema Descrivi una persona, un animale, un luogo. un ambiente, 1986.
Per quanto riguarda le preposizioni articolate emerge l'uso di alcune forme non contratte, quindi abbiamo nde 'I forno, nde la cassa (4) E. Pierrettori, Quanno commannava la fornara in "La Tòrfa..." cit., p. 51 a le spiagge (5) E. Pierrettori, A Romeo de Bartòccia che metéva a le Spiagge in "La Tòrfa...- cit., p. 21, "Un giorno io e i miei compagni avevamo deciso di andare a pescare a le "du' fossa... " (6) Dal tema I tuoi giochi all'aperto, 1979. in luogo di nel, nella, alle, questa sostituzione avviene in maniera regolare. Lo stesso tipo non contratto è in uso all'Elba, nel pistoiese e nell'umbro (7) G. Rohlfs, "Grammatica storica...". vol. 2, cit., p. 1038.
c. Apocope della vocale finale dei pronomi possessivi e personali soggetto.
I pronomi subiscono regolarmente l'apocope della vocale finale come nelle seguenti forme del possessivo mi' (8) E. Pierrettori, All'ombra de 'na cerqua in "La Tòrfa..." cit., p. 42, tu' (9) E. Pierrettori, ‘L patreterno e le code in "La Tòrfa..." cit., p. 100, su' (10) E. Pierrettori, Terra a le contadine in "La Tòrfa..." cit., p. 59"Alla sera ci mettiamo a giocare ed io dico:- Al mi orto al mi orto c'è na pianta alta un palmo..." (1) Dal tema I tuoi giochi all'aperto, 1979; e nei seguenti pronomi personali vo' (2) Ettore Pierrettori, Quanno se giocava co' le nòccele de pèrsica in "La Tòrfa dal barsòlo", Turino, 1982, Gruppo Editoriale Forma, p. 49, lu' (3) E. Pierrettori, Le pallone de Giacobbe in "La Tòrfa..." cit., p. 55, no’ (4) E. Pierrettori, Se continua a rubba...mo pure 'n chiesa in "La Tòrfa..." cit., p. 64.
Per quanto riguarda i possessivi troviamo queste forme nelle parlate della Toscana. È interessante notare le seguenti forme presenti nei temi della scuola elementare di Tolfa, "...delle volte quando il mio zio (corretto con mio zio) le manda dentro al rimessino...Il mio zio (corretto con mio zio) le tiene molto bene. Il mio zio (corretto con l'eliminazione perché ridondante) per farle entrare nella stalla chiama...al mio zio lo pagano (segnato come errore)" e "... era il mio cugino (corretto con mio cugino). Dopo abbiamo ripreso a pescare e dato che io ero vicino a lui gli rubavo un po' di pesci. Ad un certo punto il mio cugino se ne è accorto..."; nella lingua italiana moderna, i nomi di parentela non richiedono l'articolo, come infatti viene corretto nei temi, mentre nelle parlate popolari toscane questi nomi vogliono l'articolo. In questi temi ci aspetteremmo la forma ‘l mi' zio o ‘l mi' cugino, ma non troviamo l'apocope, tendenza del bambino alla scrittura corretta, tendenza che appare tradita dall'impiego appunto dell'articolo, uso tipico delle parlate popolari toscane.
Per quanto riguarda i pronomi soggetto, troviamo lu' nel veneto, mentre le forme no' e vo' sono presenti ad Ancona e anticamente a Bergamo (5) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. 2 morfologia, Torino, 1966, Giulio Einaudi Editore, pp. 133-134.

d. Il pronome dativo di terza persona singolare maschile.

Nella lingua moderna il pronome di terza persona singolare maschile è gli, sviluppo di un antico li prevocalico, poi generalizzato anche in posizione preconsonantica, che veniva dal latino illi. La forma li è presente nel toscano antico ma si è conservata per entrambi i generi nella parlata popolare di alcune zone della Toscana come nel lucchese, nel pistoiese, a Siena (le e non li), nella zona di Arezzo, all'Elba. Nel tolfetano la forma per questo pronome è le quindi si ha falle (1) Ettore Pierrettori, Le piatte de la sora Pà in "La Tòrfa dal barsòlo", Torino, 1982, Gruppo Editoriale Forma, p. 88 dalle (2) E. Pierrettori, Annò a sona 'I campano e fu sonato in "La Tòrfa..." di., Torino, 1982, p. 84, dai temi "...gira per la piazza con una radio grande sopra la spalla e tutte le prestano attenzione. Veste con un completo bianco, è basso... l'ombra del cappello le ricopre il viso..." (3) Dal tema Descrivi una persona, un animale, un luogo, un ambiente, 1986.
È interessante la seguente forma molto presente nei temi, "...Il cavallo quando nasce e quando è grande è selvaggio e bisogna domarlo, se le da il giro e poi quando sono tre o quattro giorni se le mette la sella..." dove il si riflessivo ed il pronome dativo sono invertiti.
Oltre a le, abbiamo anche la forma popolare ce, "...ma c'era un bambino che giocava con quei giocattoli, ma lui non lo sapeva che erano di un bambino e lui c'e la rotti...", "...ma il padre non c'e lo permette di giocarci..." (4) Dal tema Descrivi una persona. un animale, un luogo. un ambiente, 1986 dove chiaramente il bambino, commettendo un errore ortografico, aveva l'intenzione di usare la forma ce, tipica di varie parti della Toscana (5) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. 2 morfologia, Torino, 1966, Giulio Einaudi Editore, p. 154-1556.
Inoltre ho trovato una terza forma, riscontrata sempre in un tema, "...è un uomo veramente fantastico, io mi sono affezionata molto a lui, lo voglio veramente bene." (6) Dal tema Descrivi una persona, un animale. un luogo, un ambiente, 1986, usata per il maschile sempre in luogo di gli.

e. Il pronome indefinito qualche.

La forma qualche è tipica del toscano; la forma che ho trovato per il tolfetano è quarchi (7) E. Pierrettori, All'ombra de 'na cerqua in "La Tòrfa..." cit., p. 42; 'I deficit communale p. 73 . È interessante vedere come la stessa forma sia presente nel calabrese (quarchi o carchi).

4.3 11 verbo

a. La seconda persona singolare.

Nella lingua moderna la seconda persona singolare è sempre in i, tu parli, tu parlavi, tu parlasti, che tu parli; questa desinenza, come sostenuto da Rohlfs (1) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. 2 morfologia, Torino, 1966, Giulio Einaudi Editore, pp. 247-248, non viene dalla desinenza latina –as (dalla quale ci aspetteremmo a), ma ci si arriva per analogia sulla coniugazione –ire, dalla desinenza –is. La desinenza a è di difficile rintracciabilità dato che gli è subentrata, prima ancora della desinenza moderna i, la desinenza e della coniugazione –ere sempre per analogia. Queste forme in e le troviamo nella letteratura del medioevo soprattutto nella Divina commedia, si trovano anche in antico umbro, antico veronese ed antico lombardo ed antico senese, che presenta la a nella prima coniugazione ed e nella seconda e terza. in seguito la i finale si è diffusa anche nelle parlate meridionali. È possibile trovare ancora la desinenza a nell'alta Garfagna e nella Lunigiana, tu tu lava, tu te lavava.
Nel tolfetano l'uso della desinenza e nella seconda persona singolare risulta regolare, abbiamo allarghete, hae, voe, piagne, regne (2) Ettore Pierrettori, All'ombra de 'na cerqua in "La Tòrfa dal barsòlo", Torino, 1982, Gruppo Editoriale Forma, p. 42,  see (3) E. Pierrettori, A Romeo de Bartòccia che metéva alle Spiagge in "La Tòrfa..." cit., p. 21 . Dai temi abbiamo "xxxx ha fatto tana, dove gire!" (4) Dal tema I tuoi giochi all'aperto, 1979, "-Se tu me dae una gallina te do mille torte" (5) Dal tema I tuoi giochi all'aperto, 1979, "-Che paura, a che ae sparato?- -A un merlo, vallo a pia, mi alzo, mi pesano gli stivali, li ho pieni di fango- - Dov'è?- -Dietro a te- -Non lo vedo -Mo te lo fae chiappa dal cane- -Aspetta lo vengo a pia io- -Viene giù, lo prende e ce ne andiamo, ho freddo-" (6) Dal tema Con le pietrà, 1979, per quanto riguarda il presente indicativo; poi abbiamo potive, buttave, arissomijave (7) Balilla Mignati, La panzanella in "Frammenti di luce", Civitavecchia, p. 64 per l'imperfetto indicativo, starae (8) E. Pierrettori, All'ombra de 'na cerqua in "La Tòrfa..." cit., p. 42 per il futuro indicativo, aggrade (1) Ettore Pierrettori, 'L deficit communale in "La Tòrfa dal barsòlo", Torino, 1982, Gruppo Editoriale Forma, p. 73 , dure (2) E. Pierrettori, Pensanno a la Tòrfa da lontano in " A La Tòrfa... da lontano", Roma, 1994.  Nuova Impronta edizioni, p. 21 per il congiuntivo presente, quindi risulta conservata la e per tutte le coniugazioni, comportamento in linea con la conservazione della e in luogo della i atona finale (conf. cap. 3, 3.2, f., p. 16).
h. Sviluppo del nesso ad d'appoggio davanti ad alcune coniugazioni di essere ed avere.
In maniera regolare ho riscontrato lo sviluppo di un ad d'appoggio in alcune coniugazioni di essere ed avere (non in tutte le persone). Vediamo alcuni esempi, adè (3) E. Pierrettori, La pascipequera in "La Tòrfa..." cit., p. 58, adera (4) E. Pierrettori. Gnòcco e le maccarone de Natale in "La Tòrfa..." cit., p. 65 adere (5) E. Pierrettori, Come 'n marraccio fatto....a mano in "La Tòrfa..." cit., p. 23 per il verbo essere, adà (6) E. Pierrettori, Gnocco e le maccarone de Natale in "La Tòrfa..." du., p. 65, adae (7) E. Pierrettori, All'ombra de na cerqua in "La Tòrfa..." cit., p. 42 per il verbo avere. Secondo i dati di Rohlfs (8) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. 2 morfologia, Torino,1966, Giulio Einaudi Editore, p. 267, questo ad si sviluppa da un antico italiano ched è, da quid est. Questa forma è attestata nell'antico lucchese edè, ma è tuttora usata in varie parti della Toscana, più esattamente in Versilia, a Porto Santo Stefano, a Pitigliano, poi ancora nel romanesco ed in alcune zone delle Marche. Ho notato che non tutte le persone sviluppano l'ad, di fatto, nel presente indicativo di essere l'unica forma possibile è la terza persona singolare adè, dato che, essendo il verbo irregolare, tutte le altre persone presentano forme dove non è possibile che si verifichi il fenomeno. Il discorso cambia nell'imperfetto indicativo, dove in tutte le persone è possibile il fenomeno (cominciano tutte in e), ma è molto difficile trovare forme con l'ad all'infuori della seconda e terza persona singolare, probabilmente per analogia sull'origine del fenomeno quid est e quindi sul presente indicativo. Lo stesso fenomeno si verifica con il verbo avere, le cui forme con l'ad si originano dal nesso interrogativo ched ai, ched a, da quid habet. Queste forme sono presenti nella Toscana meridionale, più esattamente Pitigliano ed Arcidosso (1) Gerhard Rohlfs, "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti", vol. 2 morfologia, Torino, 1966, Giulio Einaudi Editore, p. 272

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