Indietro
 
Antica Locanda
Asino
Bacco
Burracciò
Cencirinella
Pozzo neve
Rapazzola
Scampanata
Tartanella

 

Pellenera, l'ultimo dei butteri

Spesso lo incontriamo per il paese. in tenuta di campagna, con cosciali di cuoio, tascapane a tracolla, cappello con sottogola, ritto come un antico signore, su un magnifico cavallo baio scuro dt razza tolfetana. E' l'ultimo cow­boy della prateria. Lo chiamano « Pellenera  per un fatto accaduto nel lontano 1906 in località Nocchia-Verginese, allorquando un puledro scatenato si gettò nelle acque del torrente Verginese sicuro che il suo cavaliere si sarebbe arreso. Ma non fu così: guadò il torrente insieme col puledro, e poi via a correre per riportarlo al fontanile della Nocchia dove la giu­menta arrivò stanca e doma. Chi vide la scena si meravigliò di tanta tenacia e chiamò il nostro cavalcante «Pellenera» in omaggio ad un grande domatore di cavalli della provincia romana. Oggi
il sig. Antonio Smacchia, questo è il vero nome, ha 78 annni e vive tranquillo nella sua Tolfa, coltivando l'orticello ed inforcando di tanto in tanto il suo «amico ». Si dice che sia stato un domatore formidabile di cavalli fino a raggiungere il record di 80 capi in soli tre mesi. La sua vita l'ha trascorsa tutta sulle praterie tolfetane a rincorrere mandrie e « razzette » da radunare per condurle poi alla fiera di Viterbo. La fiera di Viterbo, che è stata sempre una buona piazza per lo smercio del cavallo tolletano, richiesto per le sue qualità di trottatore indefesso, rotto a tutte le fatiche, capace di arrampicarsi e discendere per dirupi con sorprendente agilità e balzare poggiando le quattro zampe sopra un palmo di terra.
In quel tempo i cavalli arrivavano alla fiera a piedi, in mandrie fino a cento capi, condotte per strade,  sentieri impervi,
scorciatoie, a trotto e galoppo proprio come si vedono nei film western. E « Pellenera » era in testa alla mandria. Così la sua vita, tra la doma dei puledri ed i raduni per le fiere, per anni ed anni senza perdere mai il giovanile ardore e la passione per il mestiere. Ancora oggi nonostante lo sua età ci ap­pare forte e rigoroso come una quercia, con le sue gambe inarcate forti come una morsa quando inforca un qualsiasi cavallo
Oggi dice di essere in pensione, ma se gli parlate del suo mestiere ritorna giovane e forte e capace di farti vedere qualche bella prodezza di buttero e massaro impenitente. Coltiva il suo orticello, fuma la pipa od il mezzo toscano, respira ogni giorno l'aria dei boschi che lo videro sui monti superbo cavaliere, nel suo regno incantato della prateria. La grasceta » lo accolse nei bivacchi e riposò vicino al suo « ronzino » sul fresco prato appoggiando la testa sul cuoio della sella con la quale armò ogni dì il fedele amico: il cavallo.
Potrebbe godersi il meritato riposo fuori del suo paese, magari in. una grande città. con tutte le agiatezze o conforti moderni, ma non vuole. In quel posto non sentirebbe più il nitrire del suo amico, l'odore del fieno il  canto del grillo il profumo della sua terra. E soprattutto nel suo palato non scenderebbe il sapore acre del vinello di collina. L'ultimo cow-boy non può abbandonare i suoi boschi dove torna ogni tanto a trottare, per rivedere davanti a se ogni luogo, un posto, dove lo zoccolo del suo corsiero calcò per tanto tempo: tutta la vita.