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Torna su(144) Con un breve dei 4 nov. 1505 (edito da G. CUGNONI, in questo Archivio, vol. I, 1879, p. 214) Giulio II esorta Antonio Gualtierotti e soci, che avevano ordine dal re di spedire una nave a prendere allumi in Oriente, affinchè questa venga invece caricata a Civitavecchia, offrendo le maggiori facilitazioni e promettendo di scrivere al sovrano inglese per distoglierlo dal suo proposito. Appartiene al regno di Enrico VII un'altra questione, riassunta, sotto la data 19 febbraio 1486, dal CAMPBELL (Materials of a history of the reign of Henry VII, London, 1873, p. 299 sg.), la quale si collega alle interminabili querele tra la Santa Sede e gli Appiano per gli allumi di Piombino. Due navi spagnuole avevano trasportato in Inghilterra allume di codeste miniere, che veniva catturato per opera di Giovanni Ambrogio de Negroni, mercante in Londra, col pretesto che tale commercio era proibito dal papa, mentre un mercante fiorentino « possessious some interest in the alun», e scomunicato dalla Chiesa (probabilmente a cagione di codesto commercio), sosteneva che la vendita dell'allume di Piombino era libera nello Stato inglese. Per altri particolari sulla controversia, di cui ignoriamo la soluzione, vedi GOTTLOB, p. 299 sg.
Torna su(145) Arch. Vatic. Rerum diversar. to. 18, c. 330 sgg. Giulio II scomunica « perditionis filios Hieronimum de Frescobaldis Florentinum, et Ludovicum Bononiensem mercatores, ac Nicolaum Varingh et  Iacobum Fingh Anglicos » e i loro complici, che avevano introdotto « alumen Infidelium ad portos Anglie» (I° ottobre 1505). Cf. GOTTLOB, p. 302 sg. Dobbiamo avvertire, che ci è rimasta inaccessibile l'opera di G. SCHANZ, Englische Handelspolitik gegen Ende des Miltelalters (Leipzig, 1881), nella quale è supponibile sia trattato anche l'argomento di cui ci occupiamo.
Torna su(146) Cf. Appendice, doc. VI. Il 29 settembre 1471 Si ordinava il pagamento di 8o ducati: «hon. viro Carolo de Mannellis, canonico  Massiliensi, eunti versus Massiliam pro recuperatione et liberatione  certorum aluminum ibi sequestratorum, que versus Aquas Mortuas  transmittebantur, ad s. Cruciatam pertinentium » (Dep. gen. d. C. 1468-72, c.I00 A). I negoziati del Mannelli durarono a lungo; il 24 agosto dell' anno seguente gli si pagavano duc. 205 « pro complemento provisionis et salarii» (ibid. c. 111 B). Nel maggio 1474 venivano spediti 1500 cantari di allume della Crociata «versus Marsilliam, super quadam garavella Camere apostolice.» (Arch. Vatic. Diversorum Cameralium, to. 39, c. 254).
Torna su(147)  Cf. Appendice, doc. X, 5.
Torna su(148)  Dep. gen. d. C. 1468-72, c. 144 A (23 aprile 1467). Al depositario si accreditano duc. 200, «quos tradidisti archiepiscopo Mediolanensi in regno Francie s. d. nostri pape pro negociis s. Cruciate oratori». (Nota, però, che in un mandato alla stessa pagina, a favore di un inviato papale in Germania, è detto « pro negociis Cruciate  et fidei »). Nelle Memorie di Benedetto Dei (1469) è ricordato l'allume (ma non è detto che fosse di Tolfa) fra le merci che si trafficavano nei domini del re di Francia «per la ragione de' Medici di Firenze»; PAGNINI, Decima, II, 304.
Torna su(149) PIGEONNEAU, Histoire du commerce de la France, Paris, 1892, I, 421 sg.
Torna su(150) GOTTLOB, Camera Apostolica, p. 304.
Torna su(151) La tariffa marsigliese del 1229 ha l'«alun de Castille» fra le varie sorta di tale prodotto (SCHAUBE, Handelsgeschichte der romanischen Vólker &c. cit. p. 384); nello statuto di Viterbo del 1251 (ediz. CIAMPI, in Cronache e Statuti della città di Viterbo cit. p. 582) vi è il pedaggio di sol. 3 « pro qualibet libra aluminis de Castello » ; in un catalogo cremonese (sec. XIII?) di merci si trova « alumen de Castilia» (SCHULTE, Geschichte des mittelalt. Handels und Verkehrs zwischen Westdeutschland und Italien cit. I, 143); parimenti è ricordato lo «allumen de Castilio » in una lista di mercanzie solite a trafficarsi tra Genovesi e Fiorentini, del 1307 (DAVIDSOHN, Forschungen zur àlteren Geschichte Florenz, III,  102), e nella Pratica della mercatura del PEGOLOTTI (PAGNINI, Decima cit. III, 295). Nell'ordinanza di Luigi XII, del 1509, a cui si accenna più sopra, è indicato in primo luogo l'allume «spagnuolo» fra le varie qualità di cui si fornivano allora i mercati francesi.
Torna su(152)  Il Pegolotti (presso PAGNINI, Decima cit. III, 121, 28,) enumera le merci per cui si pagavano « diritti» uscendo dal porto di Arzilla «del reame di Marocco di Spagna », e fra esse l'allume.
Torna su(153)  Cf. sopra, p. 392 e p. 398
Torna su(154)  Cf. cap. V, p. 47, nota 3.
Torna su(155) Cf. innanzi, pp. 407 e 40. Non pare, del resto, che i paesi tedeschi fossero tributari del commercio veneziano, per l'allume, nemmen nei tempi anteriori. Non é ricordato questo prodotto fra le merci scambiate da Venezia con la Germania nell'opera del SIMONSFELD, Der Fondaco dei Tedeschi; parimenti, non compare l'allume nell'accurato elenco degli articoli principali del commercio fra i due paesi, presso H. STIEDA, Hansisch-venetianische Handelsbeziehnngen im 15. Jahrh., Rostock, 1894, p. 95 sgg.
Torna su(156) Cf. GOTTLOB, p. 287; arch. Vatic. Intr. et Exitus, to. 453, C. 78 B.
Torna su(157)  Cf. Appendice, doc. III.
Torna su(158)  Dep. gen. d. C. 1468-72, c. I2I B ; cf. GOTTLOB, p. 290.
Torna su(159)  Vedi la lettera di Giov. Tornabuoni, Roma, 18 aprile 1465, a Piero de' Medici : «... sono in tanto dispiacere e bizaria, che non so dove mi stia; e questo perché io mi stimavo di potere consigliare «l'alume ai Genovesi, chome siamo obrighati, e ò per lettere dal chomissario di là, chome N. S. ha arestati l'alumi per chasone di questi  fatti di Luigi Scharampi &c.» ... « Io ho tanto detto e mostro a Suo Sta il torto ci sare' fatto ne potre' conseguire, che soprastarà a far tutto fino abbi di chostà altro; e circha al fatto nostro, non vi potrei dire quanto l'ò truovo indurato, e con gran pena ò otenuto da Suo Stà licenza per li decimila char. [cantari?] abiamo a dare al Genovese, ed emi bisog[n]ato prometere di tenere ducati 30 mila a suo stanza, e degli altri alumi nostri, che sono per duc. 41 m., granello più dice non ci lascerà trarre, fino a tanto che arà tutta la roba, danari e g[i]oye, sono di chostà; e quando questo non si facci, alla risposta d'uno fante manda a chotesti suo' mandati, farà sostenere e noi e tutte nostre robe » (Arch. fior. di Stato, Carteggio Mediceo in. il Principato, f. XVI, n. 180).
Torna su(160) Vedi le nostre Vite di Paolo II, p. 25 sg.
Torna su(161) Il testo della convenzione è contenuto nel registro della Dep. gen. d. C. 1464-75, cc. 29–32 : contraenti i cardinali commissari della Crociata da una parte, e dall' altra il Tornabuoni, in nome di Piero de' Medici e soci, e il De Castro e il Gaetani «in presenti negotio pro  eguali portione socii et ministri» della Società dei Medici, « cum  presentia etiam et consensu spect. viri Laurentii filii prefati Petri de Medicis ». Lorenzo de' Medici e Giovanni Tornabuoni, «huiusmodi conducte aluminis principalis conductor», promettevano nel termine di tre mesi sarebbe avvenuta la ratifica per parte del capo della Casa Medicea. Cf. la lettera in data 22 marzo 1466 (1465 stile fiorentino, presso il FABBRONI, Magni Cosmi Med. Vita, II, 50), con la quale Piero de' Medici autorizzava il Tornabuoni e Lorenzo a stringere con la Camera quei patti che giudicassero migliori, e l'altra lettera dei 23 giugno, dello stesso, ai governatori della Camera per ratificare il contratto stipulato (Dep. gen. d. C. cit. c. 32 B).
Torna su(162) Ecco il riassunto dei principali capitoli del contratto :
I. Il papa si riserva il diritto di sciogliere il contratto entro il termine di trenta mesi; fermi restando in ogni caso i diritti acquisiti dal De Castro e dal Gaetani in virtù di precedenti contratti con la Camera. 2. I conduttori si obbligano di fare quella quantità di allumi «che bisognerà a tucta christianitade» e di condurlo fino a Civitavecchia a tutte loro spese; i magazzini in Civitavecchia saranno invece forniti dalla Camera, e costruendone di nuovi i conduttori, alla fine della condotta la Camera li dovrà riscattare. 3. I salari dei commissari deputati dalla Camera sopra gli allumi saranno a carico dei conduttori, fino alla somma di 400 ducati 1'anno: l'eccedenza verrà pagata per due terzi dalla Camera e per un terzo dai conduttori. 4. Per tutta la durata della condotta i Medici e compagni di Roma siano « depositari di decti alumi e denari che ne proverranno »; i de-positari abbiano piena facoltà « di vendere, terminare, finire et disponere di decti alumi fatti e che si faranno in dicto tempo », previo consenso dei commissari, e assicurato alla Camera il provento netto di I duc. per cantaro: se 1'allume si venderà a un prezzo superiore a 3 duc. il cantaro, sia il vantaggio per due terzi della Camera e per un terzo dei conduttori; non si potrà vendere a termine, né a baratto «senza speciale saputa della Camera o del commissario». 5. I depositari potranno liberamente «navigare» gli allumi «come a loro piacera, per tucte parti, a tucte spese di essi depositari e conductori de lo alume, come di provisioni, noli e altre spese» ; e sieno obbligati «mandare decti alumi in qualunque luogo terminerà la Camera e con «navili di qualunque natione dicta Camera ordinerà per più avantagio, non havendo prima decti Medici proveduto a suficentia di altri navili ». 6. I Medici depositari potranno disporre di tutto l' allume che si trova al presente nei magazzini di Civitavecchia, salvo l'obbligo ai depositari e ai conduttori di lasciarvene altrettanto, al termine della condotta. 7. A tutte le navi adibite al trasporto degli allumi sarà lecito portare bandiera con le insegne della Chiesa. Le navi potranno fornirsi di «tucto biscotto che li fosse di bisogno» nelle terre della Chiesa senza pagare alcuna tratta o gabella, «e intendesi navili o de' dicti Medici o di mess. Iohanni de Castro o di Carlo Gaetani, cioè loro propri navili, e pagando e' noli consueti non se abbia a fare altro avantagio a li navili, salvo a tucto beneficio de la Ca «mera». 8. Sarà lecito ai conduttori di «potersi securare della parte delli allumi che alloro tocha, che si aranno a navigare, in uno ducato d'oro di Camera per cantaro » ... « e la securtà si facia a spese de li conductori, de' quali dev'essere l'utile». 9.  Dei denari che verranno incassati «de retracti de dicti alumi dì per dì», dovranno i Medici consegnare, detratte le spese, i due terzi alla Camera, l'altro terzo «a essi Medici, mess. Iohanni e Carlo conductori».
Torna su(163) G. UZIELL1, La vita e i tempi di Paolo Toscanelli (nella Raccolta Colombiana, parte V, vol. I), p. 481 sgg.; A. DOREN, Studien aus der Florentiner Wirtschaftsgeschichte cit. I, 83, 371, 374 sg. Per la storia delle allumiere Volterrane è ancora, in parte, da usufruire il Liber rerum Volaterranarum (Arch. fiorentino di Stato, Cl. XI, dist. I, n. 61), dove si trovano le deliberazioni del comune di Firenze riguardanti le cave suddette, raccolte da ser Piero Cennini notaro delle Riformagioni; cf. e correggi UZIELLI, p. 649.
Torna su(164) UZIELLI, op. cit. p. 483 ; DOREN, op. Cit. I, 374 sg. A capo della società appaltatrice stava Andrea Giugni; cf. innanzi p. 409, nota I.
Torna su(165)  Dep. gen. d. C. 1464-75, c. 5 sgg.: venditio Medicis cantarior. LXX m. aluminum (17 aprile 1471). Pochi mesi innanzi (26 novembre 1470) la Camera aveva venduto ai Medici (per il solito prezzo di 3 ducati e accettando un terzo del saldo in « robe») 6000 cantari (e più, secondo la richiesta) di allumi da commerciare, nello spazio, di tre anni, « in omnibus terris et locis dominii Florentini et etiam Senensium, nec non in Roma et tota provintia Patrimonii, et pro eorum usu et non alibi»; impegnandosi la Camera, per sé e per il re di Napoli, a non vendere allume tolfetano o napoletano nelle terre suddette, durante il contratto (Diversor. Cam. to. 35, C. 10 B—112 A ; cf. to. 32, c. 235 B).
Torna su(166)  Liberreruin Volaterr. cit. cc. 27B–29B (Deliberazione dei 23 dicembre I472). L'Arte, o chi per essa, aveva facoltà di mandare ogni anno fino a 500 migliaia di libbre di allume per mare, per la via di Písa, senza obligo di pagare gabella per l'uscita. In una successiva deliberazione (12 genn. 1473) i Signori concedevano che la merce fosse spedita « per quelli et di quelli luoghi dove gli fussi più comodo»... « nè siano tenuti mandarli prima a Pisa, o in doana a Firenze » (C. 3I A).
Torna su(167)  Concordano gli scrittori contemporanei nell' asserire che la presa di Volterra avvenne mercè 1'aiuto di milizie inviate da papa Sisto al Magnifico: il quale fatto é certamente da mettere in relazione con gl'interessi della S. Sede per il commercio degli allumi, benché noi non sappiamo vedere il logico nesso tra la politica papale in questa occasione, e i successivi provvedimenti del governo fiorentino per le miniere volterrane. Ad accordi riguardanti quest'ultime si allude forse nel passo seguente di una lettera di G. Tornabuoui al Magnifico (Roma, 29 novembre 1477): «Fui col Chonte [Girolamo Riario], il quale mi disse che poi io mi partì' il di innanzi da Nostro Signore, la Sua Signoria ritornò e fermò il fatto di Volterra » (Arch. Mediceo cit. f. XXVI, n. 20I).
Torna su(168)  Dep. gen. d. C. 1464-75, c. 3 sgg.: secunda venditio facta Medici:, de cant. 70 m. aluminis. I Medici si obbligavano a sborsare 80,000 ducati alla Camera, detratti i 30 o 32 mila fiorini (« salvo iure calculi ») di cui la Società era creditrice della Crociata: la somma rimanente dovevano pagarla nel termine di quattro anni. I capitoli di questo contratto fanno altresì obligo ai Medici di pagare al re di Sicilia la sesta parte del ricavato della vendita fatta nelle Fiandre (cf. sopra, p. 35), e al duca di Borgogna la quota spettantegli per la convenzione del I468 (p. 390 sgg.). Fra i contraenti in questo atto (stipulato il 18 aprile I472) trovasi mess. Tommaso de Vincentiis (cf. p. 394). Un breve del eamerlengo card. Orsini, dei 26 febbraio 1474, al commissario degli allumi in Civitavecchia, perché lasci caricare ai Medici 700 cant. « di alume di conto loro, cioè della compera di LX mila cantara» (Diversor. Cam. to. 37, c. 248 B), fa supporre che una terza, colossale partita di merce fosse passata in codesti anni in mano dei Medici.
Torna su(169)  Così scriveva il Giugni, dalla «lumera», il 3 di agosto 1473: «Io credo abiate sentito da mia fratelli, e simile da Antonio Baldinotti iscrivano di questa lumiera, della qualità in che è tornata la pietra, e '1poco frutto n'esce, e simile de' 2 monti, de' tre dove si tagliava quando Bernardo del Nero ci fu, manchati. Le quali chose stimo più per mia disgrazia, che per natura: pazienza. Magnifico Lorenzo, io richorro alla magnificentia vostra suprichando quella si degni fare intendere il vero, e quello inteso mi sochorra di rimedio; richordandovi magco Lorenzo l'aversità e infiniti danni ricevuti in più modo in questa lumiera, e non per mia chagone (sic). Voi ne  sapete il vero. Io non posso più, se non sono aiutato, e presto». (Carteggio Mediceo av. il P. filza XXIII, n. 549 Nella deliberazione dei Signori del 25 ottobre I474, con cui si esimeva l'Arte della lana dall'onere verso il Monte comune (Rerum Volaterr. liber cit. c. 37 B), é detto che « in dì I° maggio 1473, et da indi in qua, non s'è mai potuto lavorare in detta cava per mancamento di pietra &c. ».
Torna su(170)  DOREN, Studien cit. I, 375.
Torna su(171) Dep. gen. d. C. 1464-75, cc. 16A-19B. La convenzione (in data 27 dicembre 1474) doveva aver vigore a cominciare dal I° aprile p. v., per anni tre, durante i quali la Camera si impegnava di non mandare nè vendere allumi «in Ponente, cioè in Fiandra et in Inghilterra, e di impedire che la merce giacente a Venezia fosse trasportata in Ponente o in altri lochi »; e i Medici, di non mandare in Occidente allumi d'altre allumiere. La Camera si riservava il diritto di esigere dalla Società il pagamento spese e provisione occorreno a « quella» (cioè alla Camera, per l'ammontare di circa seimila ducati all'anno), compensando i Medici con altrettanto allume da consegnare in Civitavecchia. Ciò avverrà per due anni, nel qual tempo resti impedito alla Camera « nè per sé nè per altri vendere nè contractare alumi, nè etiam mandare in alcuno locho del mondo » (c. I8 B).
Torna su(172) R. EHRENBERG, Das Zeitalter der Fugger, Jena, 1896, I, 273 sg.
Torna su(173) LO EHRENBERG (loc. Cit.), esponendo la storia delle due Compagnie bancarie secondo gli storici più accreditati dei Medici e dei Papi, scrive che nel 1476 Sisto IV sostituiva Francesco de' Pazzi al Magnifico «nella gestione degli affari bancari della S. Sede». E’ un errore comune di credere che i Medici dovessero cedere ai Pazzi la depositeria generale della Camera, confondendo questa con la depositeria della Crociata. I Medici furono depositari della Camera fino al luglio I474 (cf. GOTTLOB, p. III), nel qual mese troviamo nominati quali « depositari Camere ap.`e locumtenentes » Bartolomeo Maraschi, maggiordomo del papa, e Meliaduce Cicala, il noto banchiere genovese e depositario della Camera del comune di Roma (Diversor. Cam. to. 38, c. 18o A). Solo nel dicembre del '75 compare il solo Cicala col titolo «depositario» (Diversor. cit. c. 251 B), e in tale ufficio rimane negli anni seguenti (Diversor. to. 39, cc. 36 A, I5I A &c.). La sostituzione dei Pazzi ai Medici avvenne invece nella depositeria della Crociata, la quale fu tenuta dal Tornabuoni e soci fino a tutto il I475 (Dep. gen. d. C. 1464-75, passim), mentre nel 1476 l'ebbe la Società intitolata «Guillelmus et Ioannes de Pazzis et socii » (Dep. gen. d. C. 1476-85, c. I sgg.). L'intromissione dei Pazzi, per favore di Sisto IV e del suo nipote favorito Pietro Riario, nel commercio degli allumi di Tolfa datava, del resto, dal I473 (cf. Diversor. Cam. to. 37, c. 207 B); nel dicembre 1477 essi inviavano una galeazza veneziana carica di allumi da Civitavecchia nelle Fiandre (Diversor. Cam. to, 39, c. 168 B); il che mostra come contrastassero il campo alla Società rivale anche in Occidente.
Torna su(174) LITTA, vol. IX, Fam. Pazzi, tav. VII.
Torna su(175)  PASTOR, Geschichte, II3, 513. A torto il GOTTLOB (Camera, p. 299) assegna la confisca all'anno I479, 25 gennaio. La bolla di questa data (presso THEINER, III, 497) non faceva che ribadire il provvedimento decretato insieme con la scomunica, e impedire che la merce fosse sottratta al sequestro col pretesto « quod institores [delle « filiali della casa de' Medici] onus fabrice et venditionis huiusmodi proprio forsan nomine palam assumpsissent ».
Torna su(176)  Dep. gen. d. C. 1476-85, c. 23 A: «Guillermus [Estouteville] &c. « spect. viris Guillermo et Iohanni de Pazzis et sotiis mercatoribus Ro.  cu. sequentibus, olim pecuniarum s. Cruciate depositariis. Vobis &c. mandamus quatenus &c. absque alterius mandati expectatione conconsignetis seu consignari faciatis spect. viris Vesconti Cigale et Dominico de Centurionibus mecatoribus lanuensibus, eiusd. s. Cruciate depositariis nuper deputatis, cantaria aluminis 46,290 lib. 2I, que hactenus recepistis ex alumine s. Cruciate; ubicumque per totum  orbem &c. reperiatur. Nos enim quicquid eis sic consignaveritis seu»« consignare feceritis in vestris compertis dicte depositarie admitti et vobis de omnibus expensis propterea factis debite satisfieri faciemus» (I° giugno I478). Per la liquidazione di codesti conti vedi la nostra Appendice, doc. XIII.
Torna su(177) Arch. Vatic. Brevia, to. 3, c. 54 B: breve di Sisto IV alla città di Bruges. Avendo inteso che alcuni Fiorentini emuli dei Pazzi tentavano di spogliarli dei beni colà posseduti, e avevano costretto « nonnullos ex dicta familia, quos captivos detinent, ut procuratores  constituerent qui bona huiusmodi eorum nomine petant ac exigant», ordina il papa ai rettori della città che costringano Pier Antonio Bandini «institorem olim Francisci et Andree ac sociorum de Patiis» nonché gli altri interessati, a render conto dell'amministrazione e dei beni della Società suddetta soltanto a Guglielmo de' Pazzi, che a tale scopo si reca colà (12 settembre 1480). Per altri provvedimenti di Sisto in soccorso della famiglia Pazzi, cf. ibid. cc. 6o, 6r.
Torna su(178)  Cf. p. 4I2, nota 3. Il primo mandato del camerlengo a Visconte Cicala e soci, «novi depositarii», é dei I0 giugno 1478 (Dep. gen. 1476-85, c. 3 A); il I° agosto I479, troviamo sostituiti al Cicala i suoi eredi (« Dom. Cent. et heredes Vescontis Cigala et socii », c. 28 B); dal 5 novembre '79 in poi, sino alla fine del 1485, la depositeria rimane alla ditta « Domenico Centurioni e soci » (c. 32 sgg.).
Torna su(179)  Carteggio Mediceo cit. f. XXXVIII, n. I66 (5 marzo I481): «... mi pare che ongni giorno facciamo qualche acquisto, e se Iddio ci dessi grazia che la ghuerra [con Napoli] non seghuitassi, ci potremo passare e rassettare massime poi ch'io vegho queste choxe da Napoli passano bene; e che noi ci potremo rimborsare e aiutare con pocho di tempo di quanto s' à avere da quella ragione, perché  volendo seghuire qui [cioè, continuare la Società di Roma] e stare in quella buona reputazione che merita il nome e la chasa nostra, siamo forzati rasettare questa ragione [con la Camera papale], fargli fare il dovere e trarla di charico e interessi &c. ».
Torna su(180)  Carteggio cit. f. XXXVIII, n. 127 (3I dicembre 1481). Il Tornabuoni descrive al Magnifico l'udienza concessagli dal papa.  «Entràgli poi ne' conti nostri, e' quali mi disse che ordinerebe ci fussino saldi, ma che se e' non si paga chosì a la mano è per i bisongni in che si truova al presente la Chamera, ma che noi ci dessimo di  buona voglia, che e' non vi aveva ripreso in grazia per lasciarvi indrieto» . . . «Dio conducha una volta questi benedetti saldi, non mi  mancha 1'animo che qualche via si truovi al paghamento. E perchè il Chonte [Girolamo Riario] non ci avessi chagione di onbrare io volessi entrare per altra via che la sua, ogi l'andai a vicitare e chortegiare un pezo» . «mi disse ancho lui vole favorire de' chonti anchora passato questa Pefania, a ogni modo vedrebe farli asettare ».
Torna su(181)  Cf. sopra, p. I9.
Torna su(182)  Dep. gen. d. C. 1489-90, cc. I A e 3 A. Ai I6 luglio 1489 la Camera dispone per la consegna in Civitavecchia di 25 mila cantari di allume a Nicolò e Paolo Gentili «mercatoribus Ianuensibus,  sive Simoni Gentile eor. institori in Ro. curia » ... « ad eor. beneplacitum exportanda in observationem capitulorum &c. » (Dep. gen. cit. c. 4 A; cf. la bolla papale dei 3 settembre, in Reg. Vatic. to. 693, c. 146, relativa a codesta convenzione). In un mandato camerale dei 16 luglio dello stesso anno (Dep. cit. loc. cit.) la Compagnia suddetta appare altresì quale assuntrice delle miniere di Tolfa.
Torna su(183)Dep. gen. cit. c. 22 B (19 marzo I490) sgg.; l'ultimo documento nel registro (c. 88 A) mostra ancora, sotto la data 1° febbraio 1492, la Società di Domenico Centurioni quale depositaria. I Centurioni (da soli, e insieme ad un' altra ditta genovese, Giovanni e Agostino D'Oria e soci) tennero anche 1'appalto delle allumiere negli anni dal 1478 al 1488; cf. Dep. gen. d. C. 1476-85, c. 38 A, e Diversor. Cam. to. 40, c. 77 A; to. 41, cc. 2 A e I7 A B. Nel commercio degli allumi papali fu altresì interessato, nel 1481 e nel '90, un altro grande mercatante e banchiere di Genova, il depositario della Camera apostolica Gherardo Usodimare (cf. Diversor. Camer. to. 40, C. 197 A, e Dep. gen. d. C. 1489-90, c. 18 B). Ed anche nel tempo che codesta impresa era asservita ai Medici, non mancava Sisto IV di assicurare ai traffici della sua patria una buona parte della merce papale, che G. Tornabuoni e soci dovevano distribuire nelle varie parti d'Italia; cf. il breve del camerlengo dei 9 marzo I473, in Diversor. Cam. to. 37, C. 174 A.
Torna su(184)Dep. gen. d. C. 1489-90, Cc. 4 B, 9 B, 15 A.
Torna su(185)  Dep. gen. cit. cc. 22 A, 35 A, 70 B.
Torna su(186)  GOTTLOB, Camera apostolica, p. 289. Per conoscere le ultime vicende della Crociata di Pio II, dopo la morte di questo papa, sono di grande interesse le numerose lettere dei commissari generali, contenute nel volume della Depositeria gen. d. C. segnato 1464-71.
Torna su(187)  Il notaio «in negotiis s. Cruciate» era Girolamo Audisio da Sassoferrato. Il primo mandato per il pagamento del suo salario ricorre sotto la data 30 gennaio 1465 (Dep. gen. d. C. 1468-72, c. I23 B); egli tenne codesto ufficio anche sotto Sisto IV, dopo la riforma di cui a p. 418 sg. Cf. Dep. gen. d. C. r464-75, c. I98 sgg.
Torna su(188)  Dep. gen. d. C. 1468-72, c. 12I B: « solvas Nicolao de Fabrìano, super ponderandum alumen &c. deputato, duc. 37 cum dimidio pro suo salario trium mensium &c.» (25 settembre 1464); a c. I22 B Nicolo é chiamato « alumeriarum commissarius» (cf. Diversor. Camer. to. 32, c. 00 A) e le due qualifiche ricorrono alterna¬tivamente per lui e i suoi successori nell'ufficio. Avvertiamo, che il citato registro della depositeria contiene atti anche dei quattro anni precedenti il 1468.
Torna su(189)  Dep. gen. d. C. cit. c. 124 A sgg. A c. I40 B é detto che Piramo s'intendeva « ab officio remotus » a cominciare dalla metà di gennaio del 1467; seguono i mandati per Gentile della Sala. Nei Diversorum Camer. to. 32, c. 47 vi é il breve di nomina di ser Matteo d'Ambrogio da Barbiano a commissario delle allumiere, in data 28 dicembre I465; ma non appare dai mandati nei registri della depositeria ch'egli abbia esercitato l'ufficio. Il breve é, ad ogni modo, notevole, perché vi sono descritte le attribuzioni e i diritti inerenti alla carica.
Torna su(190) Cf. la nota precedente. Il Monaldeschi (su lui vedi A. CECCARELLI, Historia di Casa Monaldesca, Ascoli, I580, p. 129 sgg.) era stato nominato il 20 dicembre 1466, « ad beneplacitum cum primum se contulerit » (Reg. Vatic. to. 544, c. 19 B) ; per opera di lui venivano attivate a Tolfa nuove cave; cf. Dep. gen. cit. c. 142 A.
Torna su(191)  Reg. Vatic.544 loc. cit. ; Dep. gen. cit. C. 100 A sgg.
Torna su(192)  Dep. gen. cit. c. 04 B, C. 05 B.
Torna su(193)  Il 10 novembre 1471 Si concedeva al cittadino romano e familiare del papa Stefano di Antonio Alani, inviato in diverse parti dello Stato « ex certis rationalibus causis animum Sue Stis moventi bus», piena facoltà « faciendi, laborandi, cavandi et edificia ibidem, « quae ad tuum opus necessaria duxeris, construendi » in tutte le terre soggette alla Chiesa (arch. Vatic. Diversorum Camer. to. 36, c. 67 B; nel margine è annotato da mano coeva: Fit commissarius ad fodinas faciendas curi, argenti et aliarum mineriarum). Per le concessioni minerarie fatte più tardi, nel 1479, da papa Sisto al tedesco Giovanni Klug, vedi sopra, p. 22, nota 4. Osserviamo, che sul documento ivi citato sono escluse dalla concessione al Klug, oltre alle allumiere di Tolfa, le cave di vetriolo « in provincia Patrimonii » il cui prodotto fu oggetto di uno de' tanti monopoli con cui la S. Sede sfruttava le risorse economiche dello Stato pontificio (cf. RODOCANACHI, Corpora¬tions ouvriéres de Rome, Paris, 1894, II, 199); sull' attività di esse nel sec. XVI vedi arch. Vatic. Arm. XLIX, lib. I, c. 3. Nel 1481 Sisto IV compieva una visita alle miniere di Tolfa, descritta da Iacopo Volterrano nel suo Diario (ediz. CARUSO, Città di Castello, 1905, p. 70).
Torna su(194) Appendice, doc. XII.
Torna su(195) Arch. Vatic. Diversorum Camer. to. 36, c. 42. Avendo il papa decretato che il commissario «pro tempore» degli allumi della Crociata copra altresì le cariche di commissario delle terre di Tolfa e Civitavecchia, «que devectioni et conservationi aluminum maxime  commode et necessarie sunt », il camerlengo investe di tale ufficio mess. Andrea Spiriti da Viterbo (1° ottobre 1471).
Torna su(196)  Dep. gen. d. C. 1476—85, cc. 107 B, I08 B, 109 B, 5I A; Dep. gen. d. C. 1489—90, c. 30 B.
Torna su(197)  Dep. gen. d. C. 1476-85, cc. 110 A, 112 B, 3 A, 5A, 46A, 92 A.
Torna su(198)  Ibid. c. 6 A.
Torna su(199)  Dep. gen. d. C. 1489—90, c. 61 B. Gli altri governatori, di cui ricorre il nome nei due registri su citati, sono Lodovico Agnelli, Antonio da Forlì, Fabiano Benzi da Montepulciano, Giovanni Alimento de' Negri, Luca de' Leni, Giovanni Gerones. I commissari « super pondera », contemporanei ai governatori suddetti, sono Nicolò da Fabriano, già ricordato, il savonese Antonio Sacco, Clemente Donati da Urbino, Eremo Passerella da Cesena.
Torna su(200)  Il 28 dicembre I475 scriveva il card. camerlengo a Bartolomeo Maraschi, maggiordomo del papa, ai chierici della Camera apo¬stolica Antonio da Porli, Andrea Spiriti, Pietro de Aranda e Fabiano Benzi, all'auditore generale Iacopo Mucciarelli e al depositario Meliaduce Cigala, della Camera suddetta, e al cubiculario segreto Gregorio de' Valletari, « ad examinandum et revidendum computa aluminum s. Cruciate specialiter, deputati », per richiamarli alla solerte osservanza del loro ufficio (Diversorum, to. 38, c. 281 A).
Torna su(201)Cf. il cap. II di questo lavoro.
Torna su(202)Doc. II
Torna su(203)In una relazione del cronista cornetano Polidori, del sec. XVII, sulla scoperta delle allumiere di Tolfa, pubblicata da F. GUERRI, Fonti di storia cornetana (Corneto—Tarquinia, 1905, ma incorso di pubblicazione), I, 278 sgg., è detto che i Medici entrarono nella Società ap¬paltatrice in seguito alla morte del Framura. Risulta invece dai documenti ch'egli era ancora vivente, e attendeva con Carlo Gaetani allo sfruttamento delle allumiere nel luglio I470 (Deposit. gener. d. C. 1464—1475, c. 178 B); mentre in un atto camerale dei I4 maggio 1474 (Diversor. Cam. to. 36, c. 255 A) é ricordato « quondam B. Framura».
Torna su(204)Pag. 20 sg.
Torna su(205)Diversorum Camer. to. 33, C. 73 B: avendo lo Spinola rinunciato spontaneamente all'ufficio di «maestro generale» delle allumiere (retribuito con 400 ducati annui), il camerlengo ordina al mercante genovese Meliaduce Cicala (debitore della Camera per acquisto di allumi della Crociata) che paghi a ser Biagio 925 ducati papali, giusta i patti dell'atto di rinuncia, stipulato il I° dicembre I467. Nei registri della Crociata si trovano notati gli emolumenti al « magister principalis aluminum » fino al giugno di detto anno; vedi Dep. gen. d. C. 1464-75, cc. 143 B, I46 B, 152 A, I58 A.
Torna su(206) GUERRI, op. Cit. p. 280.
Torna su(207)  Appendice, doc. V, p. 449 ; Dep. gen. d. C. 1468-72, c. 102 B Dep. cit. 1476-85, c. 15 B; Diversor. Camer. to. 36, c. 255 A.
Torna su(208)  Cf. HAUPT, Trattato cit. p. 95.
Torna su(209)  GUERRI, op. Cit. I, 280; cf. sopra, p. 26.
Torna su(210)  Diversor. Camer. to. 37, C. 199 B.
Torna su(211)  Cf. Dep. gen. d. C. 1476-85, cc. 21 e 23.
Torna su(212)  Diversor. Camer. to. 41, c. 20 B: salvocondotto per il marinaio Caroso da Piombino, « cum tu cum quadam sagecteya (saettia) « spect. viri d.ni Caroli Gayetani ad nonnullas terras &c. pro tuis et  dicti Caroli negotiis transire habeas » (2 ottobre 1482).
Torna su(213) Dep. gen. d. C. 1489-90, c. 78 sg. I mandati del camerlengo sono diretti, dagli 11 agosto I492 in poi (il registro finisce col novembre di codesto anno), «Alfonso Gayetano et sociis pecuniarum aluminum s. Cruciate depositariis, et Paulo de Rocellariis, mercatori  Fiorentino in Ro. curia, eorum expromissori ». In un mandato dei 16 luglio I492 (ibid. c. 70B) Si ordina di consegnare 6000 cantari di allume «Alfonso Gatano et sociis conductoribus dictorum aluminum, de quibus disponant ad eorum beneplacitum ». La cronaca cornetana del Seicento (GUERRI, op. Cit. p. 28I) discorda da queste notizie, mostrando qui, come in più altri luoghi della narrazione, la sua poca attendibilità.
Torna su(214) In una bolla di Paolo III (s. data, in arch. Vatic. Pauli 3' signaturarum 1535-1546, lib. II, c. 45 A) è detto 'che i papi predecessori avevano concesso «Iohanni de Castro eiusque heredibus et successoribus certam partem dicti aluminis fabricandi apud Tulfam nostram veterem, ipsi Iohanni dum viveret, et deide seniori eius successori, ut in litteris Pii pape II desuper confectis plenius continetur»; e che Alessandro VI, Giulio II e Leone X avevano fatta una composizione e ordinato «Augustino Chisio et successive Andree de Bellantibus et pro tempore existentibus aluminum apaltatoribus, quod Ioh. Francisco de Castro tunc seniori de familia Iohannis de C. patris sui, ducatos 500 quol. anno solverent ». La medesima somma erano tenuti. a pagare Ansaldo Grimaldi e Girolamo Venturi, appaltatori delle miniere sotto Paolo III, ad Angelo da C. « moderno seniori de familia predicta».
Torna su(215) Di essa famiglia ricordano i documenti pontifici un messer Ganone, fratello di mess. Giovanni e suo procuratore (Dep. gen. d. C.1464-75, c. I45 A, I3 sett. 1465) ; un Antonio da Castro, a cui Paolo II concedeva la tratta del grano (arch. Vatic. Brevia, to. I2, c. I49 B ; 30 maggio I47I); un Nicolò da Castro dottore di leggi, famigliare di Sisto IV, da cui ebbe il 1° gennaio I472 un canonicato a Padova (Regesti Vatic. to. 68I, c. 170). Vedi anche la nota seg., e cf. con l'albero genealogico dei Da Castro presso GUGLIELMOTTI, Storia della marina pontificia cit. II, 3I9. Nella cronaca del Polidori, presso GUERRI. op. cit. I, 281, é detto che tre figli di mess. Giovanni ebbero in mo¬glie altrettante fanciulle della famiglia de' feudatari di Tolfavecchia (cf. sopra, p. 27 sg.).
Torna su(216)  Cf. Appendice, doc. III, in principio.
Torna su(217)  Dep. gen. d. C. 1468-72, c. 09 E. Un decreto successivo del camerlengo (Diversorum Camer. to. 37, c. 26A; I2 giugno '72) ordinava il sequestro della merce suddetta, in attesa che fosse decisa una lite insorta fra gli eredi di mess. Giovanni « et eximium doctorem d. Angelum de Castro, eorum patruum ».
Torna su(218)  Dep. gen. d. C. 1468-72, c. 09 B.
Torna su(219)  A mess. Giovanni successe, capo della famiglia e dell'azienda mineraria, il figlio maggiore Ludovico; a costui (ancor vivente nel giugno I489, cf. Deposit. gener. d. Cam. 1489-90, c. 3 A), un altro figlio, Giovan Francesco (cf. sopra, p. 423, nota 2). A tempo di Paolo III la insigne casata era rappresentata da Angelo da Castro (cf. ibid.).
Torna su(220) G. CUGNONI, Agostino Chigi il Magnifico (in questo Archivio, to. I, I879), p. 214: il card. camerlengo intima «spectabil. viris Ioh. Francisco et aliis de Castro» di non opporsi a che l' appaltatore A. Chigi e i suoi ministri fabbrichino allume «pro quantitate sibi debita cum quotcumque et quibuscumque caldariis voluerint» (I5 settembre 1504). Questo documento ci conferma nella supposizione che la concessione delle miniere fosse fatta contemporaneamente a più impresarii, come al tempo di Carlo Gaetani.
Torna su(221)  Vedi sopra, p. 423, nota 2.
Torna su(222)  Cf. sopra, p. 19, nota 1.
Torna su(223)  DAVIDSOHN, Farschungen cit. III, 02; PAGNINI, Decima, III, I5.
Torna su(224)  «Est enim tam abundans, ut toto orbi sufficere, nec bonitate nec pretio minori melius reperiri et haberi possit», è detto dell'allume di Tolfa in una bolla pubblicata 1'8 marzo 1473 (Reg. Vatic. to. 56o, c. 127 sg.), con la quale si ribadiva la solita proibizione d'im¬portare prodotti forestieri nello Stato della Chiesa. A tale proposito, merita d'essere rilevato come nella stessa Roma avvenissero in codesto tempo violazioni del monopolio papale; e come la Camera si limitasse, in questi casi, ad impedire il commercio di allumi forestieri nella città papale mediante l'esazione di enormi dazi dagli importatori e dai venditori, anzichè procedere anche qui alla confisca della merce (cf. il decreto del camerlengo, del 1° settembre I472, in Diversor. Camer. to. 36, c. 233 B).
Torna su(225)  Cf. Appendice, doc. II.
Torna su(226)  Cf. sopra p. 410. I1 23 dicembre I468 si concedevano a Pietro de' Medici e soci, in rapporto alla compera di 20 000 cantari fatta a tempo di Pio II, oltre alla consueta tara 3 %, 500 cantari di merce, essendosi il Medici querelato, « dicta alumina tibi consignata non fuisse « recipientia, mercantilia nec bene conditionata, adeo quod in eorum  venditione condemnatus fuisti in ducatis septemmilibus » (Dep. gen. d. C. 1468-72, c. 88 A).
Torna su(227)  Un solo esempio di tali spese abbiamo trovato nei documenti: il 28 giugno 1463 Si pagavano a Bart. Framura 150 ducati «pro sensaria aluminis quod fuit venditum Ianuensibus» (arch. Vatic. Intr. et exitus, to. 453, c. 204 A ; cf. cap. II, p. 19). Ma è noto come l'intervento del sensale nelle contrattazioni fosse generalmente ammesso nella legislazione commerciale del medioevo (E. LATTES, Il diritto com¬merciale nella legislazione statutaria delle città italiane, Milano, 1884, p. 105); anche a Roma fungevano, nel sec. XV, i sensali giurati e autorizzati dalla Camera apostolica (cf. Divers. Camer. to. 32, c. I77 B).
Torna su(229)  Le sole notizie, che abbiam rintracciate, sui noli marittimi per gli allumi di Tolfa, riguardano il trasporto di 55 mila cantari di merce a Venezia e di 180 mila cantari in Fiandra. I contratti (in Diversor. Camer. to. 34, cc. 164-174), dell'anno 1468, furono stipulati col mercante veneziano Domenico di Piero, il quale avrebbe percepito 9 grossi d'oro (I ducato = 24 grossi) il cantaro, per il nolo da Civitavecchia a Venezia, e I5 grossi da Civitavecchia ai porti di « le  Scluse (l' Ecluse) o Metimborgo (Middelburg) in Ponente »; obbligandosi di trasportare gratuitamente, nel viaggio d'andata a Civitavecchia, le robe che gli fossero consegnate in Venezia per uso del palazzo Apostolico e della Camera, e di mantenere i «sopracàrichi» delle navi. La Camera gli accordava in compenso l'esenzione dalle gabelle dell'ancoraggio e della tratta del grano per la ciurma. Il trasporto doveva compiersi. nel termine di nove anni, con regolari annuali spedizioni.
Torna su(230)  Quella del « sopraccarico » (superonerarius) dei nostri documenti (cf. sopra, p. 394 e Appendice VII) non pare che figuri tra le varie funzioni del consueto personale di bordo delle navi mercantili nel medioevo (cf. C. MANPRONI, Storia d. Marina Italiana dalle invasioni barbariche &c. Livorno, 1897, p. 461 sgg.). Si tratta evidentemente di sorveglianti per conto della S. Sede, la quale li manteneva a proprie spese in certi casi (cf. p. 394, nota 4), e in altri ne comprendeva il mantenimento fra gli obblighi dei noleggiatori (cf. nota precedente).
Torna su(231)  Circa le assicurazioni marittime (di uso generale, alla fine del medioevo, nei paesi del Mediterraneo, cf. GOLDSCHMIDT, Handbuch des Handelsrecht, I, 302) per i carichi di allume della Crociata, non pos-siamo indicare altre notizie, che quella contenuta nel contratto coi Medici, di cui a p. 405, nota 1, in fine.
Torna su(232)  Cf. Appendice VIII.
Torna su(233)  Cf. Appendice VI.
Torna su(234)  Provvedimenti di Paolo II per impedire le « fraudes plurimae  che si commettono a Tolfa e a Civitavecchia: vedi Diversor. Camer. to. 32, c. 37; to. 33, c. 18. A tempo di Sisto IV veniva incarcerato un frate domenicano, Giuliano dalla Tolfa, reo di furti di allume della Crociata, consumati a Civitavecchia con l'aiuto di «un saccomanno di certo Sansonetto homo d'arme » (Diversor. Camer. to. 37, cc. 85 A, 95 A)
Torna su(235)  Dep. gen. d. C. 1468-72 (cf. sopra, p. 417, nota 2), c 123 A « Solvas Iohanni de Castro, Bart. de Framura et Carolo de Gaetanis  duc. I73 bol. 2 pro vecturis aluminum, conductorum et conducendorum ad Civitatemvetulam, videlicet &c., ad rationem bol. 5 pro quo. cantario» (22 dicembre I464) ; c 124 A: « Solvas Mannino  mulioni qui conduxit ad Civitatemvetulam ex alumeriis alumen, duc.  auri de C. 110 apparet ex cedula manu Bart. Framure scriptam ». ll 15 aprile successivo si ordinava di pagare i trasporti, nella suddetta ragione, « magistris et gubernatoribus aluminum ac quibuscumque aliis « dictum alumen conducentibus », senza attendere ulteriori mandati (c. 126 A).
Torna su(236) THEINER, Cod. dipl. III, 445 sg. (cf. Diversor. Camer. to. 32, C. I54 B, dove trovasi, sotto la data 3I luglio, il salvocondotto per la famiglia, i beni, i ministri, animali «et alia necessaria et oportuna ad eiusmodi exercitium » di Pierantonio, che doveva trasferirsi « de provintia Marchie ad has partes»). Il contratto doveva avere la durata di nove anni; all'appaltatore era concesso di fabbricare edifici a Civitavecchia e alle allumiere per i bisogni dei trasporti. Ma, poiché il tesoriere del papa appaltava, contemporaneamente e ad insaputa della Camera, il trasporto degli allumi ad altra persona (cf. Diversor. Cam. cit. c. I71 B), è lecito dubitare che il contratto abbia avuto esecuzione. Cf. anche sopra, p. 405, nota 1.
Torna su(237)  Cf. CALISSE, Storia di Civitavecchia cit. p. 296 sgg.
Torna su(238)  Dep. gen. d. C. `1468-72, cc. I28 A, I37 B, 139 A (maggio-nov. 1466; Append. doc. V, p. 448).
Torna su(239) Dep. gen. cit. cc. 121 B, 122 B, 123 B (1464-1465). Al Viterbese spettava lo stipendio di 8 ducati al mese, più le indennità per la conservazione dei magazzini e « pro ordinando et accumulando alumine in dictis magazenis, ne dispergeretur et calcaretur».
Torna su(240)  Dep. gen. cit. c. 36 A : il 17 sett. I466 la Crociata compera per 400 duc. due magazzini in Civitavecchia da messer «Cola Xixo milite Panormitano ». Il 27 Si pagano « prudenti viro Iacobo Zucche» 125 duc. papali «pro quadam domo seu magageno nuper empto pro edificando magagenos aluminum s. Cruciate » (c. 139 A). Un' altra casa, da abbattere per la fabbrica suddetta, viene acquistata per 25 ducati (c. 137 A). Il primo dei numerosi mandati di pagamento a N. da Fabriano « s. d. n. pape comissario pro constructione et edificio  alluminis in Civitatevetula » è del 24 ott. 1466 (c. 138 A), l'ultimo, del 5 aprile 1469 (c. 92B); nella Dep. gen. d. C. I489-90, c. 3 B, trovasi un mandato per 25 duc. a Lazzaro de Compiano «pro certis laboreriis per eum factis in magagenis Civitevetule, ex commissione Camere apce, et extimatis per Laurentium de Petrasancta [cf. CALISSE, op. Cit. p. 298] commissarium dicte Camere ».
Torna su(241)  CALISSE, pp. 203 sgg., 293 sgg., 321; notizie sui lavori compiuti nel 1472 e '73, in Divers. Camer. to. 37, cc. 25 A, 33 B, 115 B; to. 38, C. 72 B. La guarnigione di 25 paghe, fissata dalla Camera per la rocca di Civitavecchia, era la più cospicua, fra i presidii delle fortezze del Patrimonio, dopo quella della possente rocca di Orvieto; cf. Diversorum Camer. to. 37, c. 280. A tempo di Sisto IV fu impresa la costruzione di un acquedotto, per dotare di acqua salubre la cittadina; e il papa concedeva al Comune un sussidio di 450 ducati « ad derivandum predictum fontem usque ad dictam terram, et in ea edifi«candum fontem qui publicis usibus perpetuo serviat » (Diversor. to. 38, c. 340; 3 novembre 1473).
Torna su(242)  Diversor. Camer. to. 37, c. 17 B: si paghino duc. 50 al castellano di Civitavecchia «dandos per eum muratoribus qui in novo hedificio turris Sancte Marinelle operati sunt » (16 genn. I472); cc. I60 A, 193 B, 247 A, provvedimenti per cavare il denaro necessario per le mercedi ai muratori «qui edificant arcem S. Marinelle» (genn. e luglio 1473 ; febbr. 1474). Il 16 febbraio 1475 ( c. 90 A) il camerlengo ordinava al castellano di S. Marinella di consegnare la rocca al castellano di Civitavecchia, cui il papa aveva affidata la custodia di ambedue le fortezze.
Torna su(243)  Il 22 aprile I472 il cardinale camerlengo ordinava al governatore di Tolfa di vendere « certas vineas, domus, criptas et alias posessiones» appartenenti alla Camera in quel territorio, e di impiegarne il ricavato in riparazioni alla rocca (Div. Cam. to. 37, c. 35 A).
Torna su(244) Si confrontino, nei registri della Dep. gen. d. C. 1476—85 (cc. 59 sgg. 77 sgg.) e 1489—90 (c. 2 sgg.) le notizie di enti e persone sussidiate coi denari della Crociata: l'offerta di tremila ducati per la costruzione del porto di Savona, patria di Sisto IV; le pensioni a signori spossessati causa l'estendersi dei domini pontifici, e le sovvenzioni a chiese e monasteri di Roma, che ricorrono frequentissime nelle partite d'uscita di quei libri, non possono certamente esser messe in relazione con la lotta contro gl'Infedeli. La consueta formola delle bolle papali, che i proventi dell'allume erano adoperati « pro defensione fidei adversus Turchorum perfidiam », venne, del resto, sostituita nel sec. XVI dall'altra, « in pauperum usum eorumque, qui ab immanibus Turcis solo patrio pulsi, ad Sedem apostolicam confugiunt »: così in un atto pontificio del 1504, presso CUGNONI, A. Chigi cit. (in questo Archivio, to. I), p. 214.
Torna su(245)  Arch. Vatic. arm. XLIX, to. I, cc. 19, I29 sgg.; bolle di Pio IV e di Gregorio XIII, che rinnovano la scomunica contro chi trafficasse allumi degli Infedeli.
Torna su(246)  GOTTLOB, op. cit. p. 300; cf. p. 301.
Torna su(247)  M. SANUDO, Diarii, XXIX, 77, I3, 633. È quindi più attendibile la cifra di 44 mila ducati che Marino Giorgi assegnava nel 1517 ai proventi dell'allume (PASTOR, Geschichte, IV, 366), che quella di 15 mila, pagata dai Bellanti appaltatori a Leone X (GOTTLOB p. 305). Quest'annuo censo sarà da riferire alla concessione di una parte soltanto dell'industria mineraria; cf. sopra, p. 425, nota I.
Torna su(248) CUGNONI, op. Cit. p. 23 sgg.; EHRENBERG, op. Cit. p. 30. Agostino Chigi tenne altresì l'appalto delle miniere di Agnano e d'Ischia, e l'industria e il commercio degli allumi romani furono conservati ai suoi eredi; cf. CUGNONI, p. 2I5 e 216.
Torna su(249) Cf. il Bando sopra le fraudi dell'allumi, del 2 agosto I626 (in Roma, nella stamperia della rev. Camera apostolica, I626), e l'Editto sopra l'appalto degl'alumi di Bologna, Ferrara e Romagna, del 9 aprile I628 (stampato c. s. I628).
Torna su(250) Cf. sopra, p. 34 sgg. Sulle vicende delle allumiere napoletane nel sec. XVI, e sull'opera della Camera apostolica per impedirne l'attività, vedi il to. 10 dei Varia (arm. LX), cc. I4 sgg. nell' archivio Vaticano.
Torna su(251) Archivio Vaticano, arm. XLIX, to. c. 8; arm. LX, to. 10, c. I5. Nel I608 il vicerè rinnovava il divieto, in favore della Camera apostolica, contro le concessioni fatte dalla Camera regia per la libertà dell'industria e del commercio degli allumi, e malgrado le proteste de' mercanti. Roma faceva pagare in quel tempo ai Napoletani otto ducati il cantaro l'allume di Tolfa, che vendeva ai Veneziani per sei ducati soltanto.
Torna su(252) I preziosi Anecdoti istorici sulle alumiere delli monti Leucogei, pubblicati nel 1790 dell'abate Cestari, da noi più volte citati, avevano lo scopo di promuovere la riscossa contro l'assurda pretesa della Camera papale. « Or chi crederebbe », conchiudeva il coraggioso abate e dotto archivista della Sommaria, « che quando Roma si studiava a tutto potere di fare un monopolio delli diritti episcopali e metropolitici, delli benefici ecclesiastici, delle indulgenze, delle reliquie, della canonizzazione de' santi, e delle temporalità de' principi d'Europa, dovesse pensare finanche a fare a nostro danno un monopolio dell'alume di Civitavecchia, che certamente non gli si era dato né da Costantino né da Carlomagno? Chi crederebbe, che Roma dopo averci allacciato le facoltà intellettuali colla più assurda monastica superstizione, doveva anche incatenarci le braccia, perché non mettessimo in valore le piccole nostre miniere, che finalmente non eran così ricche come le dispense, i benefici e le indulgenze? (op. cit. p. 8I sg.).
Torna su(253) Erroneamente scritto, invece di «sexagesimosecundo», come dimostrano l'indizione e il «pontificatus anno quarto» (Pio II fu creato papa il 19 agosto I458); cf. doc. II, I, e doc. III, in principio.
Torna su(254) Precedono le formule notarili (c. 23 B sg.); il contratto é stipulato il 20 marzo I465 (anno a nativitate).
Torna su(255) Questa del pagare i minatori col minerale, era consuetudine invalsa fin dai secoli precedenti in Italia; e fu una delle cause di decadenza della fiorentissima industria mineraria toscana. HAUPT, Trattato delle miniere in Toscana cit. p. 93.
Torna su(256) Nella bolla «In Coena Domini» del I464 (archivio Vaticano, arm. XLIX, to. I, c. 79) era comminata la scomunica a coloro «qui  fodinas et venas nostras aluminis posthac vitiaverint, qui fossores,  confectores, exportatores confecti aluminis sua alienave opera quoquomodo turbarint, vexarint, spoliarint occiderintve ».
Torna su(257) Nessuna menzione di depositi di allume in Corneto trovasi nei documenti da noi consultati; cf. sopra, p. 26, nota 2.
Torna su(258) Arch. Vatic. Diversor. Cameral. n. 37, c. I27 B : il card. camerlengo intima al Comune di Procene (Acquapendente) di concedere il transito « absque ulla gabelle seu passagii solutione » a  9 branchi di pecore «ad nob. vir; Carolum de Gattanis et heredes quond. Iohannis de Castro constructores aluminis apud Tolpham pertinentes» « quia dicti constructores habent ex privilegio quod eiusmodi pecudes et alla ad victum dictorum operariorum necessaria nullam gabellam solvere teneantura (25 ottobre I472).
Torna su(259) I tribunali speciali erano tra i molti privilegi, di cui godettero generalmente, nel medioevo, i minatori; cf. ARNDT, in Handbuch der Staatswissenschaften, Jena, 1891, III, 373.
Torna su(260)  Simile obbligo veniva fatto all'appaltatore dei trasporti della merce fabbricata dalle allumiere a Civitavecchia, nel contratto di cui sopra, p. 429.
Torna su(261)  Nell'anno 1482 la Camera spendeva 100 duc. « in mundando  et putando nemora et lucus circa alumerias » (Dep. g en. d. C. 1476-1485, cc. 49-54; a tempo di Alessandro VI un apposito ufficiale era addetto alla sorveglianza delle selve di Tolfa (GOTTLOB, p. 284). L'uso gratuito delle legna per i conduttori di miniere dovette essere generale nel medioevo; cf. CESTARI, Anecdoti cit. p. 28; JAEGER, Beitrag Znr Tirolisch-Salburgischen Bergwerksgeschichte, in Archiv f. ósterr. Geschichte, vol. 53°, p. 348.
Torna su(262)  Questo privilegio, e quello contenuto nel capitolo precedente aspettavano la loro attuazione ancor nel febbraio I467; cf. Diversor. Camer. to. 32, C. 297 B, dove è la intimazione al doganiere delle pecore di soddisfare gli appaltatori, « qui instanter petunt pascua et agros». Oltre alla tenuta della Tolfanuova, per la quale la Camera pagava l'annuo censo di fior. I200 agli Orsini di Gravina e all'ospedale di S. Spirito in Sassia (cf. Dep. gen. d. C. 1489-90, cc. 68 B, II8 B &C.), fu assegnata ai conduttori delle allumiere un' altra tenuta, denominata Montisana (Dep. gen. d. C. 1468-72, cc. 85 B, 94 A).
Torna su(263) Seguono le consuete formole notarili e il giuramento delle parti contraenti. Giovanni di Castro aggiunge una protesta scritta, che accettando il contratto non intendeva egli «preiudicare alli ragione per  me e mei da Dio e dalla ragione acquistate con la sacra Camera apostolica nè l'utile che s' é facto o farrà di questo allume, della manifactura o spesa in su » (c. 28B). Cf. sopra, p. 423.
Torna su(264) I cardinali Bessarione, Estouteville e Carvajal, commissari generali della Crociata.
Torna su(265) Lacuna nell'originale.
Torna su(266) Insieme agli allumi, si caricava sulle navi una stadera controllata, involtata e sigillata a cura della Camera apostolica, per garanzia della pesatura nei luoghi di scarico della merce. Cf. Diversor. Camer. to. 39, c. I2I A.
Torna su(267) A questa cifra non corrisponde la somma delle varie spese «taxatae in Camera»: ciò dipenderà da errore di trascrizione nella presente «copia di conto ».
Torna su(268) Cf. la bolla di Paolo II (Regesti Vaticani n. 519, cc. 230-234), nella quale si espone che, avendo gli ufficiali della Camera papale affidato « quoddam ballonerium ad hunc usum [per il trasporto dell' allume], in loco nostro Civitevetule fabricatum, dil. filio Carulo Gaetano «eiusdem aluminis confectori regendum et gubernandum » e avendo Carlo diretto il baloniero alla volta di Venezia « per quendam Polidorum de Morona Pisanum ipsius balonerii patronum », il patrono e la nave vennero di nottetempo catturati da « Ioannes Nave, nepos Gundisalvi et Sori Nave, pirata famosus »; contro il pirata viene lanciata la scomunica maggiore. La bolla non ha data, ma trovasi tra due atti del maggio I467. — Chiamavasi baloniero, o baleniera (da balena?) un bastimento di modesta dimensione, a vela e a remi ; cf. D'ALBERTIS, L'arte nautica ai tempi di Colombo (Raccolta Colombiana, parte IV, vol. I), p. 31.
Torna su(269) Luca degli Amedei da Siena, uomo di fiducia del papa; cf. CANENSIUS, Vita Pauli II (ediz. Quirini, Roma, 1740), p. 36.
Torna su(270) Il resto manca.
Torna su(271) Dep. gen. d. C. cit. c. 90 B.
Torna su(272) Ossia, per la nave e per il corredo di armi da fuoco, che dovevano avere tutti i bastimenti mercantili di notevole portata; cf. D'ALBERTIS, op. cit. p. 234.
Torna su(273) L'ufficio di esattoria annesso alla Dogana da Mare; cf. M. FERRO, Dizionario del diritto comune e veneto, Venezia, I845, I2, 543.
Torna su(274) Il fiorino o ducato veneto, del peso di gr. 72 circa, corrispondeva esattamente al fiorino o ducato papale, o « largo », che durante il sec. XIV non differiva dal ducato « di Camera ». La distinzione avvenne nel sec. XV; il duc. d'oro di Camera pesò allora gr. 69 I2/I00, avendo lo stesso fino, ma taglio diverso dal duc. papale. [GARAMPI], Saggio di osservazioni sul valore delle antiche monete pontificie (s. data), p. 24 sgg.
Torna su(275) Nei documenti Vaticani mess. Tommaso viene costantemente designato col cognome «de Vincentiis»; crediamo che «Zacherelli » sia stato un soprannome. Uno «Zacherella da Fano », podestà di Alatri nel 1473, è ricordato in Diversorum Cameralium, to. 37, C. I81 B.
Torna su(276) Precedono (c. 5A) le formule del contratto, stipulato il I7 aprile 1471 tra il card. Bessarione, in nome della Crociata e Giovanni Tornabuoni per la Società dei Medici. Seguono (c. 8B sgg.) le ratifiche degli altri commissari aella Crociata, cardinali Estouteville e Calandrini, e del card. Marco Barbo, commissario del papa.
Torna su(277) Carisèa, sorta di tessuto per lingeria; cf. B. CECCHETTI, La vita dei Veneziani nel 1300. Le vesti, Venezia, 1886, p. 56. (2) Luca Tolenti, cf. sopra, p. 389.
Torna su(278) Cf. sopra, p. 393.©©
Torna su(279) Cf. sopra, pp. 47 sg. e 404.
Torna su(280) Il card. Filippo Calandrini, succeduto nel commissariato generale della Crociata a Giovanni Carvajal (vedi sopra, p. 23), ch' era morto il 6 dicembre I469.
Torna su(281) Lacuna nell'originale. A c. 24 A dello stesso volume, l'ordine ai Pazzi di consegnare alla Società Centurioni e Cicala gli allumi « alias » ricevuti da Giovanni Tornabuoni e soci (i Medici), reca la cifra di cant. 1.500 (cf. il docum. X).
Torna su(282) Il mandato di pagamento, in data 12 settembre I479, ibid. a c. 30 A.
Torna su(283) Cf. ibid. c. 30 B, la protesta del cardinal camerlengo Guglielmo d'Estouteville, dei 19 settembre, a tutela del suo credito privato verso la Società dei Pazzi. Segue la dichiarazione di Pietro Caroli, procuratore dei Pazzi, il quale cede la somma di duc. 4840, pagata in acconto dai Centurioni e C. al cardinale suddetto, « uni ex creditoribus» dei Pazzi; e questi la riceve « pro parte et in deductionem maioris summe eius rev.me dominationi ratione diversarum cedularum depositi debite » (23 settembre)